L’anima vola sulle ‘Forme del paesaggio’ di Tullio Pericoli

Forme del paesaggio di Tullio Pericoli

L’anima palpita tra il sogno e la memoria in un indimenticabile viaggio nello spazio e nel tempo dei paesaggi delle Marche. È quanto può succedere a chi visita la mostra “Forme del paesaggio. 1970-2018” di Tullio Pericoli, noto pittore e disegnatore, tuttora in corso fino al 3 maggio 2020 nella sede del Palazzo dei Capitani ad Ascoli Piceno. Curata da Claudio Cerritelli, l’esposizione documenta in modo ampio e articolato un percorso antologico a ritroso con 165 opere intorno al tema del paesaggio, che il Maestro marchigiano ha affrontato in quasi cinquanta anni di ricerca, a partire dalle opere più recenti per risalire fino alle origini della sua pittura.

‘Forme del paesaggio’ di Tullio Pericoli

2010-2018

In ogni sala, accanto alle opere appaiono sui muri commenti estrapolati da testi scritti di grandi poeti, scrittori, artisti o critici d’arte. Si comincia con opere di medie e piccole dimensioni che rappresentano la produzione più recente dell’artista marchigiano, dal 2010 al 2018, stagione in cui Pericoli individua nuove profondità del paesaggio, con continui rinnovamenti dell’esperienza pittorica dovuti anche al drammatico fenomeno del terremoto che colpì duramente le Marche nel 2016. Gli eventi sismici che causarono sconvolgimenti nel paesaggio non solo si riflettono nelle immagini di un territorio frammentato, con forme dissestate e movimenti tellurici del segno e del colore, ma risuonano anche nei titoli di questi lavori: silenzio, desolazione, notte, fragilità.

1998-2009

In alcune delle opere serpeggiano foreste che ritornano, simbolo di rinnovamento e di speranza. I colori prevalenti sono i verdi e i marroni della terra. Nel periodo precedente, gli anni dal 1998 al 2009, un consistente numero di opere, caratterizzate da paesaggi più dolci con pianure e colline ondulate o mappe, illustra lo scenario dei colli marchigiani con vedute prospettiche dall’alto e scene dal basso, che rivelano una progressiva esplorazione dei dettagli della natura, i segni e i solchi delle terre. Tracciati orizzontali rappresentati come spartiti musicali. Anche qui i titoli dei quadri sono indicativi: archeologia, frammenti, controcampo, terreni. I colori sono sempre i toni del verde e del marrone, vivacizzati qua e là da tocchi di rosso, arancio, giallo.

1976-1983

Man mano che si prosegue verso le opere realizzate tra il 1976 e il 1983, si trovano lavori a matita, china e acquarelli su carta dove la rarefazione e la sublimazione del paesaggio raggiungono vette inaspettate e dove s’incontrano piogge, incendi, arcobaleni nonché cataloghi fitti di elementi geografici. Tutto immerso in delicati colori pastello. Vedute mitiche, lievissime, arabescate con segni grafici, linee e simboli che sfociano in paesaggi da sogno, esotici. Idee di montagne che volano come aquiloni. Oppure città incantate. Talune ci riportano alle atmosfere impalpabili delle “Città invisibili” di Italo Calvino. Del resto Tullio Pericoli stesso afferma di essersi ispirato a lui, come pure di aver rubato idee dall’arte di Klee e di Picasso.

1970-1973

Alla fine del percorso espositivo “Forme del paesaggio” di Tullio Pericoli si arriva al periodo iniziale, coincidente con gli anni 1970-1973, che si identifica nel ciclo delle “geologie”. Orogenesi, strutture, focali sismici, sezioni e fratture continentali, alberi. Si tratta di lavori più materici, acrilici a tecnica mista su tela, in cui Pericoli esplora le formazioni geologiche della terra e indaga nel sottosuolo con cromie telluriche cupe e scure. La mostra è accompagnata dall’esaustivo volume edito da Quodlibet, con lo stesso titolo “Forme del paesaggio. 1970-2018″, che funge anche da catalogo e che raccoglie 168 lavori realizzati da Tullio Pericoli nell’arco di mezzo secolo. Le prefazioni di Salvatore Settis, Silvia Ballestra e del curatore Cerritelli spiegano al lettore con dovizia di particolari la ricerca e l’evoluzione pittorica dell’artista. Il libro si avvale inoltre di testi di alcuni dei più autorevoli esponenti della cultura italiana.

‘Forme del paesaggio’ di Tullio Pericoli. L’autoritratto

Proprio all’inizio di tutto il percorso espositivo spicca un significativo autoritratto del Maestro in due versioni: uno su tela e un altro simile su carta. Lui si è ripreso di spalle seduto davanti a un paesaggio, di cui l’artista fa parte integrante – ma che allo stesso tempo potrebbe anche essere un quadro dipinto – dato che ha una spatolina in una mano, per terra giace un tubetto di colori e l’altra mano visibile è disegnata completamente staccata dal corpo. Come a dire che Tullio Pericoli e il paesaggio marchigiano sono ormai un binomio indissolubile, si identificano tra loro e uno non potrebbe esistere senza l’altro. Quando una mostra ti porta nella dimensione del sogno e allo stesso tempo ti fa riflettere sugli attualissimi e scottanti temi quali l’ambiente e il rapporto tra uomo e paesaggio allora è una mostra da non mancare.

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