La battaglia di Martin Luther King per l’uguaglianza e i diritti civili

La battaglia di Martin Luther King per l’uguaglianza e i diritti civili

La lotta per i diritti civili combattuta in America è stata uno dei momenti più significativi della storia americana. Già negli anni successivi alla guerra civile conclusa nel 1865, le enormi disuguaglianze erano visibili soprattutto negli Stati del sud. La battaglia a sostegno dei diritti civili per le persone di colore (ndr. Martin Luther King) attraversa varie fasi e culmina nel periodo di maggior tensione tra la fine degli anni ’50 e la  fine degli anni ’60.

Gli Usa di quegli anni contiene queste ed altre molteplici contraddizioni. Se i ragazzi neri potevano combattere la seconda guerra mondiale e la guerra del Vietnam al fianco dei ragazzi bianchi, perché poi non potevano sedersi sugli stessi pullman una volta servita la patria? Ancora, se gli atleti americani, sia bianchi che neri, potevano gareggiare sotto la bandiera statunitense alle Olimpiadi, perché poi non potevano mangiare nello stesso ristorante?

Martin Luther King in difesa dell’uguaglianza

Uno degli uomini che ha smosso maggiormente la coscienza americana è sicuramente Martin Luther King. Pastore protestante, ha scandito insieme ad altri la storia dei diritti civili americani, sostenendoli sempre attraverso la non violenza. Premio Nobel per la pace nel 1968, morì assassinato il 4 aprile 1968 a Memphis.

Il 28 agosto dell’estate del 1963, ricorrenza del centenario della proclamazione di emancipazione che sanciva la fine della schiavitù nei territori occupati, a Washington avvenne una marcia che riunì almeno 200.000 mila persone per la lotta per i diritti civili. In questa circostanza Martin Luther King pronunciò il suo famoso “I have a dream”, con cui denunciava con estrema fermezza che dopo 100 anni dall’emancipazione il “negro” era ancora “negro” per la catene della discriminazione. Il 1963 doveva essere visto come l’inizio e non come la fine, l’America non avrebbe avuto né riposo, né tranquillità finché i neri non avessero avuto gli stessi diritti dei bianchi.

Martin Luther King. Un anelito pacifico verso la vera libertà

Forse le parole più incisive del suo discorso si riferivano alla necessità di non soddisfare la sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Si voleva trasmettere l’idea di una lotta pacifica ma forte e irremovibile. Questa marcia che rappresenta un momento storico fondamentale per gli Usa, ma fu aspramente criticata da Malcolm Little, meglio conosciuto come Malcolm X, che definì la marcia come «la farsa» su Washington.

Malcolm X era un leader religioso ed attivista dei diritti umani, ucciso con 21 colpi di arma da fuoco mentre teneva un discorso a New York dinanzi a 400 persone. All’anagrafe Malcolm Little, eliminò il cognome perché sosteneva che fosse un’eredità dello schiavismo, dichiarò che i neri dovevano lottare con tutti i mezzi necessari per i loro diritti. Si opponeva aspramente a Martin Luther King, sostenendo che le sue teorie sulla non violenza facessero il gioco dell’oppressore e che tutto ciò portasse i neri a non reagire.

Probabilmente l’evento cruciale della lotta per i diritti civili si verificò il 7 marzo del 1965, in Alabama, quando la polizia si unì ad un gruppo di cittadini volontari e caricò le circa 600 persone che stavano manifestando in modo pacifico sul ponte Edmund Pettus, nella città di Selma. I feriti furono diverse decine, Jimmie Lee Jackson, un manifestante, scappò in un caffè. Venne raggiunto da due agenti della polizia e fu colpito con due colpi di arma da fuoco allo stomaco. Morì una settimana dopo in seguito all’infezione causata dalla ferita. Tale evento sconvolse le coscienze americane.

Martin Luther King ha fatto nascere un sogno

Negli Stati del sud era ancora in vigore la segregazione razziale, i diritti di cui godevano le persone nere erano estremamente limitati e gli era ancora vietata la possibilità di votare. Tale legge era conosciuta come “Jim Crow”, da Jump Jim Crow, una canzone popolare risalente al 1832 scritta da Thomas Rice, un cabarettista bianco che la cantava truccato da afroamericano.

Tali leggi furono emanate dai singoli Stati del sud a partire dal 1876, iniziando a sistematizzare la segregazione razziale non solo per i neri, ma anche per tutte le altre minoranze etniche. Si trattava di una realtà che dilagava ovunque, sui mezzi pubblici, nelle scuole e in tutti i luoghi pubblici. Il 15 marzo il Presidente Johnson presentò al Congresso il “Voting Rights Act”,  una legge che vietava la discriminazione elettorale su base razziale. Il 6 agosto divenne legge. Anche lo sport diede grande risalto alla questione dei diritti civili.

Le Olimpiadi del 1968. L’orgoglio nero

L’esempio più lampante rimasto impresso nell’immaginario collettivo è quello delle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, quando sul podio dei 200 metri piani si presentano l’americano Tommie Smith, medaglia d’oro, primatista mondiale con il tempo di 19,83, l’australiano Peter Norman e l’americano John Carlos. I due atleti americani salirono sul podio scalzi per sottolineare la povertà del popolo afroamericano, indossando perline in onore delle vittime di colore uccise dallo schiavismo, ed una coccarda dell’”Olympic Project for Human Rights” di cui facevano parte. Appena risuonarono le note dell’inno americano, i due atleti alzarono il pugno guantato di nerosimbolo del black power.

Questa scena suscitò sgomento e forti polemiche negli Usa, i due atleti furono trattati alla stregua di criminali, ma il messaggio inviato fu di fortissimo impatto emotivo. Sono passati anni, ma l’esempio di questi uomini uccisi in nome della lotta per l’uguaglianza dei diritti e per la dignità di tutti gli uomini e donne, al di là dal colore della loro pelle, resterà per sempre impressa nella storia degli Stati Uniti d’America.

 

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