
Nel 1880 viene pubblicata la novella “Cavalleria rusticana” di Giovanni Verga sul “Fanfulla della domenica”. Nel 1882 la storia viene inserita all’interno di “Vite dei campi”, la raccolta in cui Verga approda in maniera definitiva al metodo verista e che si presenta come la premessa de “I Malavoglia”.
Federico de Roberto sostiene che l’ispirazione sia nata in Verga dopo aver assistito a Catania, appena adolescente, ad un diverbio tra il figlio del portinaio del palazzo in cui abita ed uno sconosciuto. I due litigano in modo piuttosto animato fino a quando si abbracciano, addirittura uno dei due bacia l’altro. Verga pensa che abbiano appianato le loro divergenze, ma qualcun altro gli spiega che quello è in realtà un gesto di sfida. Infatti al bacio è seguito il morso all’orecchio: i due devono affrontarsi a duello.
“Cavalleria rusticana” di Giovanni Verga. La novella della roba e dell’estraneità
Sebbene l’amore istintivo e la gelosia muovano l’intreccio della novella, rispetto al testo teatrale domina il tema della roba e la figura principale è quella di Turiddu. Lola e Turiddu si piacciono, in seguito lui parte per il servizio militare. Durante la sua assenza Lola accetta di sposare il carrettiere Alfio, che possiede innumerevoli ricchezze di cui Turiddu è sprovvisto.
«È giusto – rispose Turiddu – ora che sposate compare Alfio, che ci ha quattro muli in stalla, non bisogna farla chiacchierare la gente. Mia madre invece, poveretta, la dovette vendere la nostra mula baia, e quel pezzetto di vigna sullo stradone nel tempo che ero soldato […] La gnà Lola si maritò col carrettiere; e la domenica si metteva sul ballatoio, colle mani sul ventre per far vedere tutti i grossi anelli d’oro che le aveva regalati suo marito»
Anche Santa nella novella è figlia di un vignaiolo ricchissimo, mentre nel testo teatrale è orfana. Turiddu invece dopo il suo ritorno è considerato un estraneo da tutti i suoi compaesani, infatti sono molti i commenti ostili pronunciati nei suoi confronti. Fra tutti uno dei più incisivi è quello della passera solitaria. Il riferimento è senza alcun dubbio leopardiano, infatti per la comunità il giovane bersagliere è ormai un corpo estraneo distante da loro e condannato alla solitudine. Anche il poeta di Recanati nella poesia “Passero solitario” si sente uno straniero nella sua Recanati, il natio borgo selvaggio.
L’impronta verista
Nel testo ritroviamo numerosi espedienti del Verga verista. Non abbiamo più il narratore onnisciente che conosce e commenta ogni cosa. Lo scrittore non fornisce informazioni, in particolare non vengono specificati né il luogo né il tempo dell’azione. I personaggi vengono portati sulla scena senza dire chi sono, come se si conoscesse già la loro identità. La vicenda la si comprende attraverso i comportamenti e le parole dei personaggi. Vengono utilizzate molte espressioni tipiche del parlato, tra queste la ripetizione del verbo alla fine della frase, «per voi tirerei su tutta la casa, tirerei!» o ancora l’utilizzo di proverbi. Si ricorre frequentemente anche al discorso indiretto libero (cioè al discorso non inserito tra virgolette), non introdotto da verbi generalmente usati per anticipare un dialogo.
L’unico momento non oggettivo della novella si ha quando Verga utilizza la parola “poveretta” riferita a Nunzia, destinata a vivere il dolore più grande per una madre. Nella novella Turiddu vuole sopravvivere al duello soprattutto per non lasciare sola la vecchia donna, infatti numerosi sono i riferimenti a lei in questa fase del racconto. Il titolo “Cavalleria rusticana” è ironico dal momento che il duello non è per niente cavalleresco, al contrario è segnato dalla slealtà di Alfio. Il testo è ricco di ellissi: una delle più importanti è quella che ci fa comprendere l’inizio della relazione adultera tra Lola e Turiddu.
«Se avete intenzione di salutarmi, lo sapete dove sto di casa!-rispose Lola. Turiddu tornò a salutarla.»
La versione teatrale della “Cavalleria rusticana” di Giovanni Verga
Nel 1883 Giovanni Verga, con la collaborazione del drammaturgo Giuseppe Giacosa, decide di trarre dalla novella la versione teatrale. Lo scopo è quello di estendere il verismo anche sul palco. Secondo lo scrittore siciliano il teatro consente una maggiore oggettività, infatti nelle didascalie vengono delineati soltanto i tratti del carattere, poi sarà la recitazione a far comprendere la vicenda.
Verga e Luigi Capuana da tempo hanno intenzione di dar vita ad un teatro nazionale fedele alla realtà, pertanto vogliono eliminare il superfluo e la gestualità esagerata, inoltre ritengono essenziale rispettare le unità di luogo e tempo. Un’innovazione importante è anche il ceto sociale dei protagonisti: non abbiamo più sovrani ed aristocratici come nella tragedia classica ma dei popolani.
Durante quel periodo il salotto borghese è lo scenario teatrale principale, ma con “Cavalleria rusticana” di Giovanni Verga le dimore benestanti vengono soppiantate dalla campagna e dalle casupole malandate. Questo spiega l’uso del sottotitolo scene popolari che sarebbe comparso anche nel testo teatrale “In portineria” ambientato nei quartieri bassi di Milano. Verga fa leggere il copione a diversi attori senza suscitare in loro grande interesse, l’unica a credere nel testo è Eleonora Duse che interpreterà magistralmente la parte di Santuzza. La prima va in scena al teatro Carignano di Torino nel 1884 e con sorpresa l’opera riscuote un ottimo successo.
Ora la protagonista è Santuzza
Il tema della ricchezza non è più centrale. Turiddu e la madre non sono contadini, al contrario la signora Nunzia è proprietaria di una bottega di vino piuttosto redditizia. La vera protagonista, però, è Santuzza che questa volta è orfana, priva di dote e disonorata da Turiddu. I momenti di maggiore pathos vengono tutti generati dalle parole e dalle azioni della giovane donna.
La vicenda è ambientata durante il giorno di Pasqua, infatti la messa in scena è scandita dalle funzioni religiose. La religione però non è intesa in senso devoto, ha un ruolo ironico e superstizioso. Lola e Turiddu si dirigono tranquillamente insieme in Chiesa, nonostante abbiano una relazione adultera. Dio viene nominato in accostamento a pensieri terreni e tentatori, come avviene nella scena prima, quando Santuzza parla con Nunzia prima riferendole le parole di Lola.
«Compare Turiddu, che ci venite a fare da queste parti? Non lo sapete che non ci fu la volontà di Dio? Ora lasciatemi stare che sono di mio marito- La volontà di Dio era per tentarlo! […] Io come lo sentivo cantare, quel cristiano, sembrava che il cuore mi scappasse via dal petto. Ero pazza, si! Come potevo dir di no, quand’egli mi pregava: – Apri, Santuzza, s’è vero che mi vuoi bene! Come potevo? Allora gli dissi: Sentite, compare Turiddu, giuratemi dinanzi a Dio, prima! Egli giurò.»
Nel testo teatrale inoltre Turiddu vuole vivere per non lasciare sola Santuzza e raccomanda alla madre di prendersi cura della giovane. Il duello invece non viene messo in scena e se ne conosce l’esito in seguito alla urla di una donna.
Gossip dietro le quinte. La denuncia Verga-Mascagni
Il dramma è composto da un unico atto diviso in nove scene che si susseguono tramite gli incontri tra i vari personaggi. I dialoghi sono molto abbondanti. Proprio questo particolare favorirà Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci nella realizzazione del libretto dell’opera lirica musicata da Pietro Mascagni. La prima va in scena nel 1890 al Teatro Costanzi di Roma. Il successo fu clamoroso. In un primo momento Mascagni promette una percentuale degli incassi a Verga, ma i diritti vengono comprati dall’editore Sonzogno che offre allo scrittore siciliano solo mille lire. Verga, indignato, fa causa sia a Mascagni sia a Sanzogno e vince.
I rapporti tra lo scrittore e il musicista toscano rimangono pessimi, ma senza dubbio le meravigliose musiche di Mascagni hanno contribuito notevolmente al successo duraturo della “Cavalleria rusticana” di Giovanni Verga. All’apparenza una semplice storia di gelosie e tradimenti, che ha rivoluzionato la storia del teatro italiano.