La Porta dell’Inferno di Rodin. Il significato come una poesia simbolista

«Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate», la Porta dell’Inferno di Dante accoglieva così le anime dannate. Le stesse che hanno guidato lo scultore de “Il Pensatore” nella realizzazione del progetto più importante e complesso della sua carriera. I lavori per la “Porta dell’Inferno” di Auguste Rodin lo hanno impegnato per circa 30 anni, divenendo il fulcro della sua ricerca artistica -oltre che la commissione pubblica più prestigiosa mai ricevuta-. Molte delle opere più note dello scultore parigino -da “Il Pensatore” al “Figliol prodigo”, da “Fugit Amor” al “Adamo”- sono nate dalle profonde riflessioni sulla “Porta”, proprio come una costola di questo grande progetto.

“La Porta dell’Inferno” di Auguste Rodin. Analisi e descrizione

Una miriade di anime dannate si contorce nella vorticosa sequenza drammatica che trasfigura la monumentale “Porta” nei suoi battenti e nei suoi elementi architettonici. Tutto è caos, dolore, disperazione. Figure fuggenti, deformate dalla sofferenza, lottano per adattarsi alle asperità dell’esistenza. Si contorcono, si aggrappano, cadono nel vuoto, allungandosi in posture plastiche che si trascinano nello spazio.

Ogni superficie dell’opera è un brano articolato che coinvolge lo spettatore in un turbinio di emozioni. Auguste Rodin con la sua “Porta dell’Inferno” non rappresenta solo le bolge infernali, ma mette in scena paure, passioni, desideri e ansie di ogni individuo, creando un paradigma della condizione umana. La “Porta dell’Inferno” altro non è che una poesia simbolista, che, senza alcun intento morale, apre uno spiraglio sull’essere umano e sulla sua sorte.

Tutto è caos e dolore. La disperazione dell’uomo

L’opera, riorganizzata (come approfondiamo avanti), non intendeva più illustrare il poema dantesco, ma figurare lo stato d’animo delle anime dannate, trafitte dal dolore e dalla sofferenza per il tragico destino a cui le ribellione le ha costrette. Sebbene si distinguano alcuni personaggi cardine della prima cantica dantesca, come Paolo e Francesca o il Conte Ugolino, la maggior parte delle figure che abitano lo spazio infernale dei battenti sono corpi senza volto e senza nome. Ricordano -non troppo da lontano- quelli che agitano il registro inferiore del “Giudizio Universale” di Michelangelo. Lo stesso Rodin non ha mai fatto mistero che il Buonarroti fu il faro che lo guidò fuori dal torpore dell’accademismo.

«Il mio affrancamento dall’accademismo è avvenuto grazie a Michelangelo, che insegnandomi alcune regole diametralmente opposte a ciò che avevo appreso mi ha liberato […] è colui che mi ha teso la sua mano possente. È attraverso questo ponte che sono passato da un cerchio all’altro» – Auguste Rodin

La scultura di Rodin: la Porta dell’Inferno fucina d’arte. I personaggi

Rodin ha continuato a lavorare al progetto incessantemente fino a farlo divenire la fucina di molti altri capolavori scultorei. Osservando da vicino l’enorme Porta dell’Inferno, alta oltre 5 metri, è inevitabile trovare alcuni personaggi cui l’artista ha dato in seguito dignità di opera autonoma.

“Il Pensatore”, posto sull’architrave della porta, è stato concepito dall’artista per impersonare Dante che riflette sulla sua creazione. Ma, proprio come accade al protagonista della “Divina Commedia”, quella figura non rappresenta un solo uomo, ma l’intero genere umano, la cui essenza si estrinseca nello sforzo di elevarsi al di sopra del genere animale attraverso il pensiero.

Le “Tre ombre”, sulla sommità della porta, è la tripla ripetizione di Adamo, prostrato e sofferente per il peccato originale. Nella posa del braccio e della mano destra del primo uomo, Rodin omaggia il suo grande maestro Michelangelo e l’indimenticabile “Creazione di Adamo” della Cappella Sistina.

“Paolo e Francesca” vede i tragici amanti sbattuti per l’eternità dalla tempesta della passione. Sono collocati sia al centro dell’anta sinistra che in cima all’anta destra in maniera speculare, al di fuori della Porta sono noti come “Fugit Amor”. Oltre alla carnalità dell’amore terrestre, il gruppo scultoreo rappresenta anche il desiderio irrefrenabile di conquistare la bellezza simboleggiata dalla donna che fugge via dalle braccia dell’uomo. L’uomo che si inarca allungando le braccia e la donna che sinuosamente si porta le mani alla testa, sono stati dall’artista riproposti singolarmente in ulteriori due sculture, “Il figliol prodigo” e la “Donna fauno”.

Rodin, legatissimo a quest’opera, non è mai riuscito a considerarla davvero terminata. “La Porta dell’Inferno” venne gettata in bronzo solo nel 1938, a diversi anni dalla morte di Rodin. La summa di una vita di sperimentazioni e ricerche: rappresenta senza dubbio il testamento artistico di un grande scultore.

La Maledizione della Porta di Rodin

Le infinite soluzioni plastiche, iconografiche, figurative che la “Porta” continuava a suggerire, assorbirono completamente ogni sforzo di Rodin, il quale tuttavia, rapito egli stesso da quel loop infernale, non riusciva più a considerare l’opera finita.

A 20 anni dalla commissione, la prima versione in gesso della “Porta dell’Inferno” venne esposta all’Esposizione Universale di Parigi e l’insuccesso che ne seguì portò l’artista a rimaneggiare nuovamente il progetto. Nel 1903 la direzione delle Belle Arti iniziò a reclamare la consegna e l’artista, piuttosto che consegnare un’opera della quale non fosse completamente soddisfatto, preferì restituire gli acconti ricevuti per il lavoro e rinunciare così alla commissione.

Ma dove si trova oggi la Porta dell’Inferno di Rodin? Il gesso è conservato oggi presso il Musée d’Orsay sin dal 1917. Invece la versione realizzata in bronzo è custodita presso il Musée Rodin di Parigi. La Porta dell’Inferno è stata anche data per un breve periodo in prestito al Quirinale di Roma, in occasione di una mostra a tema Inferno.

La Porta dell’Inferno di Rodin, immagini a confronto con la Porta del Paradiso di Ghiberti

Da grande estimatore dell’arte e della cultura italiana, inizialmente Auguste Rodin non solo trasse ispirazione dai versi del Sommo Poeta Dante Alighieri, ma attinse a piene mani dalla tradizione figurativa Rinascimentale. È inevitabile un confronto per opposizione con la celeberrima “Porta del Paradiso” di Ghiberti, che lo scultore realizzò per il battistero di Firenze agli albori del Rinascimento.

Ne viene ripreso lo schema compositivo della suddivisione in formelle quadrangolari. La contrapposizione sarebbe derivata di conseguenza dai soggetti rappresentati oltre che dal materiale della porta. Se da un lato la Porta di Ghiberti risplendeva di rutilante oro, dall’altro la Porta di Rodin sarebbe stata forgiata nel cupo bronzo.

Dal Rinascimento al Romanticismo. Un cambio di rotta

Tuttavia l’eccessiva schematizzazione derivante la composizione in formelle non convinceva a pieno l’artista del non-finito e non era affatto funzionale a rendere il suo stile vibrante e concitato, antiaccademico. L’insoddisfazione per la resa del lavoro, presto portò Rodin a ritornare sulla sua idea progettuale e a rivoluzionarla completamente. Dall’ordine e dalla precisione rinascimentali virò verso il disordine e al caos tipici delle forme romantiche.

Un ruolo importante in questo cambio di direzione, non solo stilistico ma anche concettuale, venne ricoperto da Charles Baudelaire, più nello specifico dalla sua poetica e dalla sua poesia. Pur non avendo mai incontrato il poeta francese, i versi misero radici nel profondo del suo immaginario, infarcendo il suo spirito di un simbolismo trascendentale. Molti dei temi indagati da Baudelaire, come la lotta inesorabile tra bene e male, l’amore impossibile, l’angoscia della perdizione, ricorrono anche nell’opera di Rodin, sposandosi perfettamente con la tematica infernale che sottende la “Porta”.

Un’importante committenza e curiosità

Quando nel 1880 il Ministero delle Belle Arti francese decise di fornire il Museo di Arti Decorative di Parigi di una porta degna di nota, Auguste Rodin aveva appena superato lo scandalo sollevato contro di lui dalla comunità di accademici. Era stato da loro ingiustamente accusato di aver ricavato “L’età del bronzo” dal calco di un uomo.

L’artista pretese che si riunisse una commissione d’inchiesta per smentire tali calunnie e al termine del processo venne confermata l’assoluta buona fede di Rodin. Questo processo in realtà si rivelò una fortuna per l’artista, perchè proprio in quella occasione egli conobbe Edmond Turquet, il sottosegretario del ministro delle Belle Arti, grazie alla cui favorevole intercessione riuscì ad ottenere la commissione della “Porta dell’Inferno”.

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