“La Venere di Urbino” di Tiziano Vecellio è un olio su tela oggi conservato agli Uffizi di Firenze. La realizzazione del quadro risale al 1538, periodo che segna il passaggio verso la maturità artistica di Tiziano. In età giovanile la presenza del mito è già presente, ma immerso in contesti idilliaci con l’intento di favorire l’evasione dell’uomo dai problemi contemporanei. Nella fase matura invece avviene il contrario: il mito si inserisce nell’ambiente concreto e contemporaneo permettendo di riflettere sui problemi dell’epoca. “La Venere di Urbino” non allude a tragici fatti storici, tuttavia la dea della bellezza viene inserita in un ambiente moderno e soprattutto domestico.
“La Venere di Urbino” di Tiziano Vecellio. Descrizione, composizione geometrica e colori
La Venere, inserita nella parte inferiore del dipinto, è adagiata tra due cuscini e un lenzuolo disposti su di un materasso rosso. La Venere tiene in mano un piccolo mazzo di rose rosse, accanto a lei dorme un cagnolino. Il volto della donna si rivolge verso lo spettatore, mentre con l’altra mano si copre appena il pube.
La posa richiama il tipo della Venus pudica, scultura greca scolpita da Prassitele, in cui per la prima volta la dea viene umanizzata, prossima a fare un bagno. È infatti ritratta mentre afferra un panno per asciugarsi coprendosi il pube in segno di pudore. Il richiamo alla Venus pudica fa della Venere di Urbino una donna sensuale ma priva di volgarità.
«Questa donna nuda è felice, potente e irresistibile. Erotica, disponibile, audacissima e però di una purezza perfino sublime.» – Melania Mazzucco
La chiarezza del corpo, ben delineato nei particolari, si armonizza con il chiarore delle lenzuola provocando un netto contrasto con la cortina scura che si erge dietro la fanciulla. Oltre la tenda, invece, è visibile un’altra stanza in cui si svolge una scena quotidiana. Una ragazza molto giovane cerca delle vesti all’interno di una cassapanca assistita da una donna più adulta. Vicino vi è un loggiato da cui è visibile l’ultimo bagliore del sole.
Lo spazio del dipinto è ben delineato dal punto di geometrico mediante l’unione dei tanti piani presenti nell’opera: la Venere, la cortina, la stanza con le ancelle e il paesaggio visibile in lontananza. La composizione del pavimento testimonia la presenza della prospettiva.
I colori chiari dominano la parte del quadro in cui è presente la Venere. Abbondanti sono poi il rosso, presente anche nella veste della donna vicina la cassapanca, il nero della tenda e i toni grigi e bruni nella zona attinente il loggiato. La pittura risente ancora della tecnica del tonalismo, appresa da Tiziano durante la giovinezza dal maestro Giorgione, primo esponente del tonalismo veneto. Giorgione era solito stendere in più strati le varie tonalità di colore senza delineare dei confini ben definiti tra i vari soggetti. In questo modo fondeva in maniera naturale soggetto e ambiente ed era in grado di rendere anche il senso di profondità.
Significato e simbologia de “La Venere di Urbino” di Tiziano
Il quadro è così definita perché l’artista riceve la commissione dal duca di Urbino Guidobaldo II Della Rovere. L’uomo ha sposato la giovane Giulia Varano e fa realizzare questo dipinto con intento didattico. Infatti “La Venere di Urbino” di Tiziano rappresenta un’allegoria matrimoniale che ha lo scopo di ricordare alla giovane Giulia i suoi doveri coniugali verso il marito. Senza dubbio il quadro contiene anche un alto tasso erotico, ma viene giustificato dal fine a cui l’opera è destinata.
Dal momento che siamo di fronte un’allegoria, molti particolari assumono un significato simbolico. Per prima cosa la giovane donna tiene in mano un mazzo di fiori, rose rosse per l’esattezza, i fiori tipici attribuiti a Venere. In questo contesto sembra che alcuni stiano scivolando via dal mazzetto, questo indica che la bellezza e la giovinezza non sono eterne. Di conseguenza una buona sposa non deve puntare tutto sul proprio aspetto esteriore, ma deve possedere ulteriori qualità più durature. In particolare tra le virtù si fa riferimento alla fedeltà, simboleggiata dal cane che dorme, elemento ricorrente in molti altri dipinti dell’epoca.
La donna indossa un orecchino di perla, simbolo di purezza. Sul loggiato è visibile una pianta di mirto, altro elemento spesso associato a Venere che simboleggia la verginità. La donna con la veste rossa, invece, è simbolo di fertilità. Venere, dea dell’amore, qui diventa una perfetta donna rinascimentale che simboleggia amore, bellezza, fertilità e fedeltà. L’opera, quindi, invita Giulia ad essere sensuale, ma soltanto per il consorte, al fine di costruire una famiglia e un’unione che sia solida nel tempo.
L’omaggio a “La Venere dormiente” di Giorgione
La posa della Venere distesa è un omaggio di Tiziano a “La Venere dormiente” di Giorgione, il suo Maestro. Con molta probabilità anche quest’opera aveva un intento didattico in quanto destinata a Morosina Pisani, che nel 1507 aveva sposato Girolamo Marcello, uomo potente autoproclamatosi discendente della Gens Iulia. Secondo la narrazione virgiliana dell’Eneide, questa stirpe discende direttamente dalla dea Venere.
Giorgione però lascia l’opera incompiuta, poi completata proprio da Tiziano. Infatti il gruppo di case appena visibili, oltre la dea che dorme, appaiono simili a quelle di un’altra famosa opera del Vecellio, ossia “Noli me tangere”. Anche in questo dipinto la dea riposa su un drappo rosso rubino -colore dominante nella tavolozza di Tiziano- . Infine anche qui la donna si copre delicatamente il pube, rievocando l’immagine della Venus pudica, proprio come avviene con “La Venere di Urbino”.
“La Venere dormiente” di Giorgione è sensuale, ma appare poco provocante perché ritratta mentre dorme, nel suo volto non si può scorgere lo sguardo più audace de “La Venere di Urbino”.
Modella e fortuna del dipinto
Per quanto riguarda la modella si è pensato ad una possibile amante del committente Guidobaldo, ma tale ipotesi è stata subito scartata in quanto il volto della fanciulla è simile a quello di altre protagoniste delle tele di Tiziano, non tutte destinate alla corte di Urbino. È stata allora avanzata l’ipotesi che potesse essere un’amante dello stesso pittore, ma purtroppo neanche in questo caso vi sono conferme.
È certo, invece, che il quadro ha subito avuto un enorme successo, che ha fruttato numerose commissioni a Tiziano. La fortuna de “La Venere diUrbino” ha avuto anche l’effetto di incrementare nell’arte la presenza del tema della Venere distesa, ripresa nelle opere di molti altri artisti, tra cui “La grande odalisca” di Ingres, “La Maja desnuda” di Goya e soprattutto “Olympia” di Manet.
«È creduta la più bella Venere, o donna nuda, che mai dipingesse Tiziano.» – Gaetano Milanesi


La ringrazio, molto gentile. Il quadro merita molto.
Ottimo post e di grande interesse