Le illustrazioni della “Divina Commedia” hanno una tradizione antica quanto la diffusione del poema da cui traggono ispirazione. Dalla prima metà del ‘300 ad oggi, artisti di ogni genere si sono lasciati attrarre dalle suggestive immagini create dalla mirabile penna del “Sommo Poeta” producendo una quantità di opere davvero inimmaginabile. Anche solo una trattazione sommaria delle illustrazioni dantesche – sorvolando dunque su tutte quelle opere liberamente ispirate al poema come dipinti o sculture, film o fumetti – è sufficiente a far intuire l’impatto che il poema di Dante ebbe, e tutt’oggi ha, sulla nostra cultura e sul nostro immaginario.
Le più antiche illustrazioni della “Divina Commedia”
Ai tempi della prima diffusione della “Commedia” non esisteva ancora il libro come lo intendiamo oggi. Negli antichi manoscritti parole e immagini si intrecciavano in un connubio perfetto e le immagini svolgevano un importante ruolo paratestuale, fornendo una precisa chiave di lettura al testo. I primi illustratori della “Commedia” ebbero il compito di codificare un linguaggio per immagini che fosse allo stesso tempo adatto a tradurre il testo e a preparare il lettore al racconto. È così che nacquero le figure del “Dante dormiente” e del “Dante meditabondo”. Queste figure, poste sempre nelle tavole di apertura dei volumi, avevano lo scopo di sottolineare al lettore che il contenuto di quell’opera era tutto frutto della straordinaria fantasia del poeta.
Tra Umanesimo e Rinascimento
Andando avanti nel tempo, nel vivo dell’Umanesimo, non si sentì più il bisogno di rassicurare i lettori sulla reale natura del poema, così la figura del “Dante dormiente” scomparve. Non appare nemmeno nelle illustrazioni della “Divina Commedia” realizzate dal grande Sandro Botticelli. Il pittore fiorentino lavorò con molta passione – per usare le parole del Vasari – alla realizzazione di due importanti progetti incentrati sul poema dantesco: la glossa curata dal famoso umanista Cristoforo Landino e la serie di disegni commissionatagli da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici. – Lo stesso de’ Medici pochi anni prima gli aveva commissionato “La Primavera”. –
L’artista impiegò per entrambi i lavori la tecnica dell’illustrazione simultanea, grazie alla quale riuscì a illustrare l’intero cammino del poeta, passo dopo passo. Prendendo come esempio la prima incisione della glossa, in un’unica tavola convivono: lo smarrimento di Dante nella selva oscura, la vista del sole alla fine del fitto bosco, le tre fiere che sbarrano il passaggio al poeta, inducendolo a tornare sui suoi passi, e finalmente l’incontro con Virgilio.
Tra questi disegni – ideati per essere trasportati in incisioni – e quelli realizzati per la committenza medicea intercorrono sostanziali differenze stilistiche e concettuali. Tale distanza può essere facilmente misurata osservando “La voragine Infernale”, l’unica tavola completa dell’intero ciclo. Sebbene il lavoro non fu mai portato a termine da Botticelli, costituì ugualmente un importante punto di partenza per gli artisti che dopo di lui vollero misurarsi con la materia dantesca.
La diffusione della Divina Commedia si protrasse per tutto il Rinascimento – come testimoniano le illustrazioni di Filippo Villani, Federico Zuccari e Jan van der Straet – tuttavia subì una battuta d’arresto tra il ‘600 e il ‘700. La Rivoluzione scientifica e l’Illuminismo fecero perdere al poema simbolico-allegorico di Dante buona parte del suo appeal, facendolo finire momentaneamente nel dimenticatoio.
Il mito di Dante nell’800
Il potere di fascinazione di un’opera tanto sublime riuscì a far nuovamente breccia nel cuore di uomini e donne con il Romanticismo. L’esilio, la lotta politica, il viaggio, le pene d’amore (vedi il Canto V dell'”Inferno”) , il sentimento religioso furono tutti argomenti particolarmente cari alla corrente culturale che caratterizzò il 19esimo secolo, per cui fu naturale una rivalutazione del poema. La “Divina Commedia” e più in generale la figura di Dante divennero il centro di un vero e proprio movimento culturale. Impazzò una sorta di dantemania e le opere ispirate alla “Divina Commedia” di Dante si moltiplicarono in maniera esponenziale.
Tra le opere più rappresentative del periodo, merita la dovuta attenzione la serie di 102 acquerelli realizzata da William Blake. L’artista inglese ambientò il proprio viaggio di Dante in atmosfere visionarie e sospese, caratterizzate dai toni di un blu profondo e ricolme di figure ambigue, divise tra una corporeità michelangiolesca e una incorporeità evanescente.
La ricchezza e la varietà delle soluzioni che convissero nell’800 si possono vagamente intuire proponendo un semplice confronto con il lavoro di Gustave Doré. Universalmente note e apprezzate per il loro sapore classico e drammatico, le illustrazioni dell’artista francese sono quanto di più distante si possa immaginare dallo stile Blake, eppure ugualmente rappresentative di un’epoca complessa ed eclettica come l’800.
Dal ‘900 ad oggi le illustrazioni contemporanee della “Divina Commedia”
Le sperimentazioni artistiche legate alla “Divina Commedia” non si interruppero con la fine del 19esimo sec – da qualcuno definito addirittura come “il secolo di Dante” – anzi si può affermare che da allora non si siano più interrotte.
Estremamente interessante è l’interpretazione della “Commedia” fatta da Salvador Dalì. Talmente curioso e bramoso di sperimentazioni, l’artista non poté assolutamente lasciarsi sfuggire l’occasione di indagare gli infiniti spunti creativi offerti dal poema allegorico dantesco. Il Genio del Surrealismo si misurò col Genio della Letteratura italiana per ben 9 anni, realizzando circa un centinaio di acquerelli. Il Dante di Dalì è un Dante che si aggira tra paesaggi confusionali e molli, in ambientazioni oniriche e perturbanti, e che incontra personaggi mostruosi, trasfigurati dalle inconsce paranoie della psiche umana. Il Dante di Dalì è un Dante moderno, costretto ad affrontare i mostri che popolano i propri incubi.
All’alba del nuovo millennio una nuova edizione illustrata della “Divina Commedia” venne alla luce dalla collaborazione di tre grandi artisti: Lorenzo Mattotti, Milton Glaser e Moebius. Ognuno dei tre scelse di affrontare una cantica diversa assecondando la propria inclinazione artistica. L’Inferno di Mattotti è un luogo popolato di figure solide che si muovono agilmente in ambienti cupi e funesti. Il Purgatorio di Glaser si delinea di forme fatte di puro colore, mentre il Paradiso di Moebius vede avvicendarsi figure allungate e sottili, imbevute di luci tenui e rarefatte.
La carica di seduzione del “Sommo” poema tutt’oggi non vacilla, anzi è in considerevole aumento in occasione del settecentenario della scomparsa del poeta. Il 2021 vede infatti la pubblicazione di un nuovo progetto editoriale impreziosito dalle suggestive illustrazioni dell’artista lombardo Agostino Arrivabene.















