Anubi e il Libro dei Morti. Il mondo egizio dell’oltretomba

A lungo si è creduto che il popolo egizio fosse particolarmente interessato alla morte piuttosto che alla vita, quasi che il vivere non fosse altro che una lunga (o breve) preparazione all’aldilà -da qui l’adorazione ad Anubi, dio delle tombe e giudice dell’aldilà-.

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Il popolo egizio amante della vita quanto della morte

Le più recenti ricerche hanno invece rivelato che questa convinzione fosse dovuta soprattutto al fatto che i ritrovamenti più frequenti fossero quelli delle piramidi e dei monumenti funerari di Faraoni e dignitari. Ma anche dei superbi templi, sopravvissuti al tempo perché costruiti in pietra e marmi, contrariamente alle normali abitazioni in fango e paglia, ancorché ben fatte ma dalla cagionevole conservazione.

Scavi più recenti hanno consentito di conoscere meglio il popolo egizio come amante della vita, celebrata in ogni suo momento, dalla nascita alla morte, con riti e feste specifici. Anche i ritmi della Natura venivano celebrati, come ad esempio i periodici straripamenti del Nilo, benefici apportatori di fertilità per le terre coltivate.

Le divinità egizie preposte ad ogni momento della vita

La vita degli egiziani era comunque strettamente intrecciata alla vita spirituale ed al culto rivolto alle varie divinità, preposte per ogni situazione e momento della vita, dalla nascita alla morte. Osiride, dio dell’oltretomba, dell’agricoltura e della religione; Iside moglie e sorella di Osiride, dea della fertilità, della magia e della maternità; Horus il loro unico figlio, raffigurato con testa di falco pellegrino, è il dio della natura, dell’arte, della bellezza e della musica.

Ed ancora Ra, il dio del sole, Bastet, dea dalla testa di gatto -da qui la venerazione degli egiziani per i gatti- preposta alla casa, alle donne, alla fertilità. Non mancano le divinità negative come Seth, dio del caos, della violenza, del deserto e delle tempeste. La dea Maat, che ha per braccia delle ali piumate, rappresenta la verità e la giustizia, importantissimi pilastri sui quali dovevano basarsi le vite degli egizi, da quella del faraone a quella dell’ultimo schiavo. Le sue piume vengono usate da Anubi nell’aldilà.

Anubi: dio dei morti e giudice dell’aldilà. Cosa credevano che accadesse dopo la morte gli Egizi?

Anubi è il dio dalla testa di sciacallo, per la pesatura dei cuori degli uomini dopo la loro morte. La raffigurazione del dio dell’oltretomba è costituita da un incrocio tra iena, sciacallo, volpe e lupo, animali che vivevano in luoghi deserti o in prossimità dei cimiteri. È la divinità che accompagna i defunti nel mondo dei morti, a volte illuminandone il percorso con la luna tenuta sul palmo, e che giudica le azioni compiute in vita, preposto altresì alle imbalsamazioni.

Gli egiziani veneravano fortemente il dio Anubi, protettore delle tombe e dei cimiteri, ma soprattutto colui che esercita il giudizio sul defunto, come testimoniano le tante illustrazioni del “Libro dei morti”, papiri pervenuti fino a noi e conservati in gran numero nel Museo del Cairo ed in quello egizio di Torino. Secondo la religione egiziana l’anima risiede nel cuore, che non veniva tolto dal corpo nel corso del lungo processo di imbalsamazione, contrariamente ai visceri ed al cervello -estratto attraverso le narici-prelevati e conservati nei vasi canopi.

La Pesatura del Cuore e il dio dei morti Anubi. Che cosa succedeva presso il tribunale di Osiride?

Nella “Sala delle due Verità” o “Tribunale di Osiride”, il dio dei morti Anubi sottopone il defunto alla Pesatura del cuore, in termine tecnico psicostasia, illustrata nel “Libro dei Morti” egizio.

Viene posto il cuore dell’uomo giudicato su un piatto della bilancia, mentre sull’altro piatto si poggia una piuma della dea Maat. Al momento della confessione del defunto, se il cuore è di peso uguale o addirittura più leggero della piuma di Maat, l’anima guadagna l’eternità e viene condotta nei Campi Aaru, luogo di beatitudine eterna. Infatti la leggerezza della piuma equivale ad una vita improntata su principi di giustizia e verità. Se invece il cuore è di peso maggiore alla piuma di Maat, l’anima è condannata al Duat, l’Inferno, e il cuore viene divorato dalla terribile dea Ammit.

Thot, dio della sapienza, della magia, della scrittura -e pertanto patrono degli scribi- rappresentato sotto forma di ibis, funge da cancelliere e registra l’esito del giudizio, ponendo l’anima tra i “giustificati” o i condannati.

In molte rappresentazioni il dio Anubi è raffigurato con una bilancia tra le mani, proprio per la sua funzione di giudice delle anime. Il giudizio finale era molto temuto dagli egizi, che si curavano di vivere una vita improntata su principi morali, bontà d’animo, carità nei confronti del prossimo ed in particolare dei più bisognosi, giustizia nei suoi comportamenti.

Il “Libro dei Morti” egizio. A cosa serviva?

Il “Libro dei Morti” è una raccolta di testi funerari di varia natura, che gli egizi chiamavano “Formule per uscire dal giorno”. Il defunto doveva portare questo testo sempre con sé, una sorta di guida per l’oltretomba senza la quale non avrebbe potuto fare nulla. Il “Libro dei Morti” infatti veniva sepolto con il morto.

Un importante esemplare è il “Libro di morti di Iuefankh”, conservato presso il Museo Egizio di Torino, ritrovato in ottime condizioni, uno dei più grandi papiri finora ritrovati, lungo 864 metri e diviso in 33 capitoli. Non esistono due “Libri dei morti” uguali: venivano commissionati singolarmente secondo precise richieste, quindi diverse erano le formule, le preghiere, le illustrazioni che rispecchiavano i gusti del committente e le sue risorse economiche.

Il “Libro dei Morti” era inizialmente un oggetto elitario, riservato a dignitari e faraoni, poi si diffuse più democraticamente. Veniva redatto dagli scribi in caratteri geroglifici, mentre gli artisti si occupavano delle illustrazioni, che potevano essere ricche, in foglia d’oro, o scarne, a seconda della disponibilità economica del committente. Un parallelo potrebbe essere fatto con le Bibbie ed i Codici miniati medioevali, le cui illustrazioni sono talvolta da considerare delle vere e proprie opere d’arte in miniatura. Testi ed immagini avevano un valore religioso, ma anche magico. Pregare gli dei e compiere magie avevano la stessa valenza per gli antichi egizi, che credevano profondamente nel valore magico delle parole, sia vocali che scritte.

Come si può desumere dallo studio dei vari “Libri dei morti” egizi, il percorso del defunto nell’aldilà era difficile. Doveva affrontare parecchie prove e fronteggiare divinità paurose: solo seguendo le formule ed i rituali del libro che portava con sé sarebbe giunto al giudizio finale ed alla pesatura del cuore!

La Pesatura del Cuore, dettaglio papiro
Libro di morti di Iuefankh. Dettaglio

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