Nasce Carlo Lorenzini diventa Carlo Collodi. Lo pseudonimo nasce dalla località Collodi in omaggio alla madre Angiolina Orzali, figlia del fattore dei marchesi Garzoni Venturi, che amministrava il podere di Veneri, situato proprio alle porte della località di Collodi.
Con questo nome viene indissolubilmente legato alla favola di “Pinocchio”. Tuttavia lo scrittore toscano è stato anche un arguto giornalista dotato di umorismo, un esperto conoscitore di musica e teatro, nonché un patriota di convinte idee mazziniane arruolatosi sia durante la Prima guerra d’indipendenza italiana, combattuta tra il 1848 e il 1849, sia durante la Seconda scoppiata nel 1859.
Carlo Collodi: pensiero politico, vita privata e opere
Collodi era cittadino del Granducato di Toscana sotto il dominio degli Asburgo: un patriota come lui, desideroso di vedere l’Italia libera dallo straniero, non era ben visto. L’interesse per l’umorismo e la politica affiorano in lui fin da giovane. In un primo momento scrisse per il giornale milanese “L’Italia musicale” poi, nel 1849, fondò una rivista umoristica intitolata “Il lampione” di matrice filo democratica ed antiaustriaca. Portò all’attenzione dei lettori la necessità di educare le classi sociali più arretrate, ma la rivista fu soppressa dalla censura poco dopo. Collodi continuò a collaborare con diverse testate giornalistiche fino a lavorare per “La lente”, dove si firmò per la prima volta Collodi in omaggio al paese originario della madre.
Dopo il 1860 divenne segretario di prefettura e svolse la professione di censore teatrale. Nel 1868 venne scelto per redigere il “Nuovo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze”.
Che libri ha scritto Carlo Collodi?
Ai tempi de “Il lampione” pubblicò anche le prime opere letterarie. “Gli amici di casa”, un dramma in due atti, si ispirava ad un fatto di cronaca fiorentina, mentre “Un romanzo a vapore. Da Firenze a Livorno” è una guida turistica inframmezzata da comiche divagazioni. Un’altra opera importante, rimasta incompiuta, è “I misteri di Firenze”, un affresco della vita sociale fiorentina ispirata dall’opera francese “I misteri di Parigi” di Eugène Sue. Anche qui non mancano feroci invettive contro il capoluogo toscano, considerato politicamente decaduto.
Collodi fonde i generi letterari in “Un romanzo a vapore. Da Firenze a Livorno”
“Un romanzo a vapore. Da Firenze a Livorno” fu scritto quando venne inaugurata la “Ferrovia Leopolda”, ultimata nel 1848, tratta che collegava il porto di Livorno con la città di Firenze. Fino ad allora le guide turistiche erano destinate ai più ricchi, Carlo Collodi invece elaborò un testo fruibile da tutti riconoscendo il potenziale narrativo dei viaggi sul treno.
La ferrovia non è solo simbolo di progresso, ma un mezzo per ammirare le bellezze storiche e naturali dell’Italia. Il testo racchiude più generi letterari: è un romanzo, ma anche una guida turistica ricca di passi umoristici, sapienti divagazioni e simpatici aneddoti. Per la contaminazione di generi Collodi fu ispirato dallo stile di Laurence Sterne.
Per la critica del tempo il volume fu un bluff perché l’opera venne classificata come romanzo: è più corretto parlare di pseudo-romanzo, ma è proprio questo a rendere particolare l’opera. Tra i luoghi descritti nel testo c’è il comune di San Miniato la cui frazione San Miniato Basso era chiamata in antichità Pinocchio, nome derivato dal latino pinus (pino). Che sia venuta da qui l’ispirazione per il nome del suo burattino?
Letteratura per l’infanzia. Quali fiabe ha scritto?
L’incontro con la letteratura infantile avvenne nel 1875, quando l’editore Paggi chiese a Collodi di tradurre alcune fiabe francesi, in particolare quelle di Perrault contenute nel testo “Racconti di mia madre Oca” in cui sono presenti celebri storie quali “Cappuccetto rosso” e “Cenerentola”. Collodi non solo le ha interpretate, ma le ha ricreate, aggiungendo in ognuna una morale. Il testo che viene fuori prese il nome di “Racconti delle fate”.
Sempre per l’editore Paggi, scrisse i libri incentrati su “Giannettino”, personaggio ripreso dall’opera del pedagogista Luigi Alessandro Parravicini, in cui alla narrazione si affianca l’intento didattico. Dal luglio 1881 cominciò la collaborazione con “Il giornale dei bambini”, diretto da Ferdinando Martini, a cui ben presto successe nella direzione. Su questa testata iniziò la pubblicazione a puntate de “La storia di un burattino”, che nel 1883 dette origine al libro “Le avventure di Pinocchio”.
“Le avventure di Pinocchio” di Carlo Collodi critica l’Unità
In realtà Carlo Collodi ha scritto “Pinocchio” per bisogno: a causa dei debiti di gioco necessitava di denaro per poterli saldare. Considerava “Pinocchio” una bambinata priva di valore letterario come si evince da una lettera inviata a Martini:
«fanne quello che ti pare, ma, se la stampi, pagamela bene, per farmi venire voglia di seguitarla.»
All’inizio il racconto prevedeva solo 8 capitoli alla fine dei quali il protagonista sarebbe dovuto morire impiccato. I piccoli lettori, però, chiesero il proseguo della storia e le modifiche del finale. Ferdinando Martini fece pressioni su Collodi e alla fine lo scrittore toscano dovette cedere.
Se nella versione a puntate non c’era speranza di redenzione per Pinocchio, tutto cambia nel libro, già innovativo nell’incipit. Come nelle fiabe, la vicenda inizia con il classico “c’era una volta”: il protagonista però non è un aristocratico ma un pezzo di legno. Per questo motivo “Pinocchio”, assieme “Alice nel paese delle meraviglie” e “Il piccolo principe”, contribuirà a modificare la struttura tipica delle fiabe: i protagonisti non sono più ragazze indifese maltrattate dalle matrigne, né eroi dotati sempre di buonsenso per poter superare una serie di prove al fine di ottenere una ricompensa.
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Il significato e la morale del romanzo/fiaba Pinocchio
Eppure solo in apparenza “Pinocchio” è una fiaba per bambini, è più corretto parlare di un romanzo in cui fatti reali accadono mediante il supporto di elementi magici e fantastici; la presenza dei carabinieri è un’ulteriore conferma del realismo dell’opera. Il libro è pure un’allegoria della società contemporanea a Collodi, in cui regnano violenza, sopraffazione e miseria. È una storia intenta a manifestare la delusione verso l’Italia unita, un topos presente in tanti romanzi del tempo. Tutti questi elementi rendono “Pinocchio” uno dei romanzi più importanti della letteratura italiana, adatto anche agli adulti:
«il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità» – Benedetto Croce
Cosa vuol dire Pinocchio?
Tra i luoghi descritti in “Un romanzo a vapore. Da Firenze a Livorno” c’è il comune di San Miniato la cui frazione San Miniato Basso era chiamata in antichità Pinocchio, nome derivato dal latino pinus (pino). Che sia venuta da qui l’ispirazione per il nome del suo burattino?
I viaggi di Giannettino tra istruzione e patriottismo
Se “Pinocchio” critica l’unità, il predecessore “Giannettino” cerca di inculcare alle nuove generazioni l’amore per lo spirito unitario. Il libro non presenta il viaggio solo come momento di crescita personale, ma anche come strumento di conoscenza promuovendo l’istruzione e il patriottismo. La prima edizione venne pubblicata nel 1877, il successo spinse Collodi a scrivere “Il viaggio per l’Italia di Giannettino” a partire dal 1880.
Un ragazzo, nativo di Firenze e pieno di difetti, vive una serie di avventure viaggiando lungo l’Italia. Il testo è una narrazione didattica ricca di umorismo. La serie ebbe molti consensi, infatti uscirono altri volumi tra cui “La grammatica di Giannettino” e “La lanterna magica di Giannettino”, diversi dei quali furono adottati pure come libri di testo, utilizzati fino agli anni ’20 del Novecento.
«il mio libro è un libro, fatto modestamente per dare ai ragazzi una mezza idea di quell’Italia, che è la loro nuova e gloriosa patria, e che per conseguenza non ne sanno nulla di nulla» – Carlo Collodi
Il testo è spesso inframmezzato da lettere o dai dialoghi in cui prevale l’uso di una lingua di derivazione orale, ma non dialettale. Il libro ha in parte ribaltato l’insegnamento della geografia: fino ad allora le nozioni erano apprese su base cartografica, seguendo il modello positivista, ma il filologo Giuseppe Rigutini riconosce l’utilità del nuovo metodo auspicato da Collodi, memorizzare un luogo attraverso monumenti, storia, curiosità e sapori.
Emblematico l’incontro di Giannettino con il Parmigiano durante il quale il noto formaggio emiliano manifesta tanta devozione per la sua terra provocando l’ammirazione del ragazzo.
«Se vinco un terno- diceva agli amici- voglio comperare una villa, quattro cavalli scappatori, una bella galleria di quadri e una forma intera di cacio Parmigiano» – “I viaggi di Giannettino”.
I contenuti sociali di “Giannettino”
Attraverso le pagine del “Giannettino” l’autore tratteggia diverse questioni legate al processo di unificazione. I concetti di nazione e nazionalismo servono a superare lo spirito localistico per riconoscersi, nonostante le differenze regionali, in un’unica nazione, ciò si ricollega anche al complesso problema della questione linguistica data la presenza di innumerevoli dialetti.
Interessante è poi l’analisi degli stereotipi regionali. In base al luogo di provenienza ogni individuo possiede determinate caratteristiche: un veneziano si presenta cortese e gioviale, un siciliano si mostra appassionato e generoso; ma Collodi coglie anche la delicata questione del divario tra il Nord, industrializzato e avanzato, e il Sud arretrato e poco sviluppato. Vi è un timido accenno alle donne e un’enorme differenza tra la descrizione delle popolane e delle benestanti. Le prime appaiono più libere e per questa presunta condizione vengono etichettate in senso dispregiativo come donnicciole; alle seconde è sconsigliata qualsiasi attività pubblica per non compromettere la loro moralità, il massimo a cui possono aspirare è concedersi di gustare un gelato solo se il locale ha i posti all’aperto.
Sono tanti i lavori di Carlo Collodi ingiustamente oscurati dal grande successo riscosso dalle avventure di Pinocchio. Romanzi variegati e interessanti, legati in maniera indissolubile ai tempi storici da lui vissuti.