
Emily Dickinson è una delle poetesse più popolari ed eminenti dell’Ottocento. La sua fama giunge sino a noi, nonostante avesse un carattere schivo e poco incline alla socialità: la potenza e l’efficacia della sua poesia, così come la sua misteriosa personalità attirano moltissimo la curiosità dei lettori posteri.
Ancora oggi quando si pensa ad Emily Dickinson, si ha la percezione di una poetessa incantata, che contempla quieta e silenziosa il mondo esterno. Una donna la cui unica iniziativa è scrivere su un foglio quel che prova, con delicatezza e precisione poetica.
I lati nascosti di Emily Dickinson
Tuttavia, approfondendo di più la sua figura, questa austerità ottocentesca viene meno, si sgretola e appare finalmente una donna in carne e ossa. Un’artista che non serve idealizzare, reinventare, perché ha già tutto in sé.
Emily nasce nel Massachusetts nel 1830 da una buona famiglia del New England, e quando dà vita e corpo alle sue prime ribellioni attacca proprio quei valori che sono più cari alla borghesia: una buona educazione che si coniughi con la fede cristiana e si esprima appieno – per le donne – nel matrimonio. Infatti, mai si definirà una cristiana, né si sposerà con nessuno e quei libri, potenzialmente pericolosi che il padre le ingiungeva di non leggere, li divorerà uno dopo l’altro.
La riscoperta degli scritti più anticonformisti
Quando viene ritrovato dopo la sua morte il corpus di poesie composte ma mai pubblicate, la famiglia opera una forte censura verso i temi più scottanti della sua produzione – amore saffico e fluido, provocazioni di vario genere – rendendola in tal modo più “digeribile” e meno pericolosa.
Eppure le poesie della Dickinson non sono solo il frutto di uno sfogo, di una reazione contrastante, bensì anche l’espressione di una partecipazione viva e attiva alla natura e all’amore, nonché un dialogo faccia a faccia con la morte – temutissima dalla giovane poetessa – e con Dio.
Il rapporto intimo con la natura
Anche quando Emily Dickinson descrive se stessa, lo fa in modo tale da connettersi alla natura, compenetrarsi vicendevolmente l’una con l’altra.
«Sono piccola come lo scricciolo, ho i capelli arditi come il riccio della castagna – e gli occhi hanno il colore dello sherry che l’ospite lascia in fondo al bicchiere».
Questo è in un misto di quotidianità e amenità il modo in cui gli occhi della poetessa filtrano la sua immagine allo specchio. Gli stessi occhi vedono così anche il resto del mondo naturale che la circonda.
«Un sepalo ed un petalo e una spina/ in un comune mattino d’estate, / un fiasco di rugiada, un’ape o due, / una brezza/ un frullo in mezzo agli alberi –/ ed io sono una rosa!»
La semplicità della poesia riflette una vita fatta di sensazioni e di tranquillità data dal contatto con la natura stessa.
Il lato più cupo del canto di Emily Dickinson: l’amore e la morte
Tuttavia, quando la Dickinson si allontana dallo scenario naturale genuino e spontaneo, giunge ad un livello ben diverso della sua poetica. Certo, ugualmente intimista, ma più cupa e pensierosa, fino a divenire forse arrendevole in alcune visioni.
«Amore sei profondo/ e non so traversarti, /ma se fossimo due/ invece d’uno, /la barca e il rematore, una suprema estate, / chissà se non potremmo/ toccare il sole?»
Questo è il tono con cui spesso si approccia all’amore, talvolta con un rifiuto, altre volte con la speranza che un destinatario colga il messaggio poetico, sebbene la stessa poetessa non abbia mai voluto divulgare i suoi scritti.
«Fai ch’io per te sia l’estate/ quando saran fuggiti i giorni estivi! / La tua musica quando il fanello/ tacerà e il pettirosso!»
L’apice della riflessione e dell’autoanalisi tocca i punti più alti nel momento in cui si trova a rapportarsi con le ansie più tetre e pesanti e con l’idea della morte.
«Addio alla Vita che ho vissuto –/ e al Mondo che ho conosciuto –/ e Bacia le Colline, per me, basta una volta –/ ora – sono pronta ad andare.»
L’aspra polemica contro Dio e il suo stile ribelle
I temi della solitudine, come momenti di catarsi e purificazione, riflessione ed incontro con se stessi, sono ricorrenti nella poetessa e a lei molto cari. Eppure, vi è qualcosa dietro che ancora sconquassa l’animo della Dickinson, che non le può concedere requie, e che non la fa arrendere. E quando parla con Dio, lo fa con una aggressività che ci fa scoprire una veste nuova e ci riavvicina a quell’Emily anticonformista, figura non granché diffusa.
Per questo attirano l’attenzione la sua punteggiatura non convenzionale, fatta di lineette telegrafiche, così come l’uso di maiuscole apparentemente casuali, ed infine anche le rime difficili e aspre. Da questi ultimi elementi, che sconfessano la delicatezza che le viene spesso attribuita, risulta ancor più chiaro che la vera personalità di Emily Dickinson non sia per nulla come ce l’aspetteremmo, così placida e ascetica, e forse questa è la causa della sua reticenza a pubblicare le sue poesie. La sua sensibilità tormentata ci riporta ai lati più oscuri e critici dell’animo umano con una maestria ed una potenza senza pari, e ci ricollega ad un mondo femminile che, però, usa un linguaggio universale.