Hic et nunc significa letteralmente “qui e ora”. Una celebre locuzione latina divenuta quasi un motto per l’enorme fortuna avuta nel corso dei secoli. Si è soliti attribuirla al poeta latino Orazio, ma in realtà era un’espressione di uso comune nella lingua latina di cui il poeta si servì spesso per alludere ad uno dei temi portanti della sua produzione.
Letteralmente indica un adempimento, la risoluzione di una questione che non accetta proroghe o prolungamenti, qualcosa che deve essere necessariamente fatto e non può essere rimandato. Nella lingua latina veniva spesso utilizzato da chi voleva impartire un ordine e ne sottolineava l’urgenza. Ma sul piano poetico e filosofico è una perla di rara saggezza ed eternità.
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Hic et nunc, significato letterale e figurato. Dall’origine ad Orazio in poi
Per indagarne il senso figurato, non possiamo fare a meno che prendere il poeta latino Orazio come punto di riferimento. Gli elementi che compongono questa locuzione ricorrono frequentemente nelle sue opere, come le “Epistole”, le “Odi” o “L’Ars Poetica”. Per Orazio l’espressione hic et nunc diventa molto più di un semplice concetto: si tratta di una vera e propria poetica che dà luogo ad una poesia improntata all’immediatezza di un evento singolare. È possibile scorgere quelli che ne sono i tratti caratterizzanti.
L’elemento spaziale, denominato angulus, è riconducibile all’hic, ovvero alla dimensione spaziale dell’immediatezza del presente, quello che non si può rimandare. Nell’angulus per il poeta si può trovare riparo dalle brutture della vita. È la possibilità di concedersi una pausa di riposo e tranquillità, ma è al tempo stesso anche il luogo della convivialità, in cui consumare cibo e bevande con amici, dedicandosi alla conversazione e provando a dimenticare il tempo che passa. Contrariamente alla prima, il nunc rappresenta la dimensione temporale. È una chiusura protettiva dal tempo, quello esterno, che scorre con la sua inesorabilità e non torna più.
Carpe diem
Alla lettura approfondita di queste parole torna alla mente un altro celebre motto oraziano, quello del Carpe diem. Anche in questo caso, infatti, si invita a valorizzare al meglio l’istante e il presente, in quanto unica dimensione temporale in cui si vive realmente. Gli elementi temporali e spaziali della poetica oraziana dell’hic et nunc possono essere considerati la premessa necessaria all’elemento etico-morale, il più importante tra tutti. Si tratta del senso della misura, inteso come la capacità di sapersi accontentare di quel che basta a soddisfare le proprie esigenze fondamentali, per maturare una sufficiente dose di autocontrollo e felicità.
La poetica di Orazio tra leggerezza e incertezza del presente
Sulla scia delle sue parole, Orazio è sempre stato erroneamente considerato il poeta della leggerezza, colui che ci invita a godere della vita in modo spensierato e senza macigni sul cuore. In verità Orazio era un letterato perfettamente spaventato, consapevole dell’incertezza del presente e delle acquisizioni sociali e politiche che esso comporta. Nelle espressioni che abbiamo indagato fino a questo momento, l’invito a valorizzare il presente è sempre correlato all’incertezza del futuro e alla certezza della morte, l’unica in grado di rivelarci la caducità delle cose umane.
Non è possibile negare che, chi più chi meno, tutti gli uomini sono perennemente proiettati verso il futuro e questo di sicuro non è sempre un bene. Si agisce nel presente con la costante voglia di investire nel futuro, ma è facile lasciarsi prendere troppo dalla paura dell’ignoto, del mistero e di quello che sorprendentemente il futuro riserverà. Gestire la paura dell’ignoto è il primo passo per stare bene e godersi il presente, se non fosse per il fatto che spesso, accanto all’idea del futuro, spaventa anche quella del passato. Si pensa e ripensa a ciò che è stato, bello o brutto che sia, e non ci si scrolla dalle spalle il peso della nostalgia. È esattamente in questi casi che l’hic et nunc dovrebbe bussare alla porta dei propri pensieri per ricordare che il “qui ed ora” è l’unica cosa che conta.
La locuzione hic et nunc nella filosofia da Heidegger a Walter Benjamin
L’espressione hic et nunc assume un nuovo e più pregnante significato nella filosofia esistenzialista, una corrente che focalizza la propria attenzione sull’uomo considerato nella sua finitudine e nelle sua fragilità intrinseca.
Martin Heidegger afferma infatti che la soggettività dell’uomo si riferisce all’essere in quanto entità metafisica, indipendente dalle dimensioni temporali e spaziali di cui si è parlato fino a questo momento. L’hic et nunc viene dunque trasposto da Heidegger in una nuova forma di significato, che prevede non soltanto una semplice localizzazione spaziale, quanto piuttosto una modalità nella quale l’Essere si offre nella storia. Una modalità concreta che, per quanto concerne l’uomo, coincide con la sua stessa esistenza.
Nella filosofia del Novecento ricompare una ripresa del concetto di hic et nunc anche in Walter Benjamin, critico berlinese che afferma la necessità di esporre delle «tesi sopra le tendenze dello sviluppo dell’arte nelle attuali condizioni di produzione». Secondo Benjamin la condizione necessaria per favorire una resa estetica più elevata dell’opera d’arte consiste proprio nella capacità di svincolarla dall’hic et nunc che viene inteso, a tal proposito, non soltanto come una collocazione fisica e temporale, ma anche come la modalità e il momento dell’esecuzione.
Al di là delle sfumature di significato, l’hic et nunc è un concetto da tenere in considerazione in tutti i giorni della vita, perché scorre qui e ora. Passato o futuro, per quanto importanti, rappresentano soltanto ricordi, aspettative e speranze che non possono e non devono in alcun modo contrastare con la consapevolezza della propria vita attuale.