Le 3 Sorelle Brontë. Charlotte, Emily ed Anne in un turbinio di emozioni dallo Yorkshire

Sembra che la famiglia Brontë debba molto allo Yorkshire e a Haworth. Soprattutto le tre sorelle Brontë Charlotte, Emily ed Anne, i cui nomi sono associati nell’immediato al panorama piovoso e selvaggio delle distese erbose inglesi. Vi dicono qualcosa le brughiere e i cespugli di erica? Non gridano forse i titoli dei romanzi più famosi dell’epoca vittoriana? Sì, certo che sì, ma anche la vita quotidiana e le impressioni di 3 giovani donne, 3 sorelle unite da una passione comune.

Il villaggio che le ha ospitate da bambine, Haworth appunto, è diventato negli anni un luogo di pellegrinaggio e così anche la casa familiare e la chiesa dove il padre, un reverendo, operava. Quanto abbiano inciso sulla loro produzione il paesaggio che ha accompagnato la loro breve vita e la natura del luogo, è un quesito a cui si trova facilmente risposta. Ha inciso molto e, nonostante alcune trasferte e periodi esteri, vi sono rimaste sempre fedeli.

Un dato più affascinante, invece, riguarda l’artisticità che le accomuna. Nessuna di loro si esprime se non con la parola e in contemporanea l’una con l’altra. Nel 1847, infatti, hanno pronti i loro 3 romanzi principali – “Jane Eyre”, “Cime Tempestose” e “Agnes Gray” – in simultanea. La pubblicazione in perfetta armonia era un fatto già accaduto alla triade, appena due anni prima. Avevano deciso di pubblicare le loro poesie, la cui scrittura era avvenuta nella totale e privata intimità. Di fronte alle reticenze di Emily, Charlotte acconsente ad un compromesso. La raccolta può vedere la luce, ma solo sotto pseudonimo.  

Scrivere sotto pseudonimo: il collettivo artistico delle sorelle Brontë

La scelta del nome non è casuale. Ognuna ne assume uno che non richiama per nulla quello vero, se non per la lettera iniziale: Charlotte sceglie Currer, Emily e Anne diventano Ellis e Acton. Tutte con il cognome Bell – “campana” in inglese – a richiamare una certa poeticità. Gli pseudonimi sono volutamente evasivi rispetto al genere sessuale, non precisano se si tratta di autori o autrici e proprio per quest’incertezza funzionano tanto bene.

La pubblicazione avviene in un unico volume, anche per via delle tematiche comuni: la relazione dell’essere umano con la natura o con la divinità, le inquietudini amorose e l’esaltazione della libertà. L’accordo sororale fra le tre Brontë è evidente in alcune descrizioni paesaggistiche e nelle impressioni più sentimentali. Spesso l’amore si fa tormento, non è ricambiato o è tradito. Altrettante volte cercano conforto, ora nella casa – come Agnes nella poesia “Consolazione” – ora nelle prime luci del giorno – come Charlotte in “Mattino”. Anche Emily si unisce al coro malinconico, trovando rifugio tra i prati a lei ben noti.

«Andrò dove mi condurrà la mia natura:/ non desidero scegliere altra guida:/ dove grigie pascolano tra le felci le greggi;/ dove il vento soffia selvaggio sul monte.» – E. Brontë, “Respinta spesso…”

La natura è viva e si manifesta al loro cospetto, ma non sempre le evocate distese di erica e la luce lunare richiamano sensazioni di benessere o d’appartenenza. Talvolta in Emily, i cui versi sono i più complessi, l’animo umano è burrascoso e così anche la natura, che vi si relaziona in armonia. Le immagini della tempesta e del vento che scuote fiumi e foreste è abbastanza ricorrente. Al contrario, Dio può rivelarsi indifferente alle richieste, che divengono vane e inesprimibili.

Il rapporto tra le sorelle e la natura dello Yorkshire

Emily Brontë abbraccia i contrasti – amore e odio, vita e morte, reale e immaginario –, li decostruisce e ne accetta la presenza in qualunque forma vitale. Invece, la produzione poetica di Charlotte e Anne Brontë presenta minori stridori. Si abbandona a lamenti d’amore e ad evocazioni malinconiche, a volte si protende verso la libertà e rifiuta i vincoli di prigionia, il tutto con una dose minore di tensione.

«Vagare vorrei liberamente,/ c’è un’ebbrezza che invade la mia mente/ al pensiero di andarmene lontana/ in fantastici mondi – gioia strana/ che non sopporta d’esser prigioniera,/ del vento d’occidente più leggera.» – C. Brontë, “Mattino”

La loro carriera come poetesse è piuttosto breve, come la loro esistenza. Ci lasciano pochi versi e preferiscono esprimersi con la prosa. Tuttavia, nelle manifestazioni delle loro impressioni romantiche, inseriscono elementi e tematiche che torneranno anche nei romanzi, ben più famosi delle poesie.

Pertanto, conoscere questo aspetto della letteratura delle sorelle Brontë può rivelarsi utile tanto sul piano artistico quanto su quello umano, per un approccio alla conoscenza della loro interiorità. Virginia Woolf, in uno scritto pubblicato su The Guardian”nel 1904, non stenta a definire “sentimentali” i viaggi nello Yorkshire e nella casa museale delle tre scrittrici. Nel resoconto inserisce i luoghi visitati e per ognuno registra una diversa emozione, più o meno forte. Anche in lei Haworth suscita amenità e cupezza insieme, trepidazione e soggezione. Anche Woolf rivive le tempeste che hanno caratterizzato le brevi vite delle sorelle Brontë nello Yorkshire.

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