“Chiamami col tuo nome” è il libro di André Aciman pubblicato nel 2007. Le immediate impressioni e giudizi positivi sul romanzo ne hanno lodato la scrittura per la generosa profondità e per la brutalità delle passioni narrate. Ma il romanzo ha conosciuto il vero successo presso un pubblico più vasto dopo anni, grazie all’adattamento filmico omonimo di Luca Guadagnino. La diffusione è stata tanto favorevole, che nel 2019, a distanza di 12 anni, Aciman ha pubblicato il seguito “Cercami”.
“Chiamami col tuo nome” di André Aciman dalla tensione narrativa perfetta
La narrazione di Aciman si presta bene alla settima arte, grazie alle descrizioni vivide e dettagliate che sono in grado di arrivare dritte al pubblico. La sua scrittura non si risparmia e si dà senza sconti né indugi. Perciò l’esito inevitabile per chi legge è vivere un rapporto d’empatia e immedesimazione pari a quello che lega i due protagonisti (Santo Graal per chi ama le storie trascinanti, ndr.).
Entrambi sono uniti dal crescendo di un desiderio amoroso ed erotico e dal tormento che non sia corrisposto. L’uso del narratore interno in prima persona concorre ad acuire ogni passaggio emotivo e sentimentale, ogni singola manifestazione di difficoltà del protagonista Elio, che possiede l’esclusiva sul punto di vista narrativo. Ad angustiarlo ancora di più sopraggiunge uno dei tarli più insistenti per le pene amorose: il tempo.
Il tempo nel libro “Chiamami col tuo nome” è inquadrato per lo più come perduto, fugace e frettoloso. Elio e Oliver avvertono l’ombra del tempo che avanza anche quando sono insieme, e possiedono davanti a loro altri giorni da poter condividere. La certezza di quel che li attende e la complessità dei sentimenti reciproci cancellano il tempo presente e futuro, e li fissano in una dimensione ulteriore. Non è passato, in quanto non è stato vissuto fino in fondo, ma è vagheggiamento e contemplazione di quel che avrebbe potuto unirli. È un livello superiore di dubbio e di ricordo di un amore estivo, che l’autore intensifica con l’uso di rappresentazioni simboliche.
Fuoco e gelo come simboli dell’amore
Ambientato nella Riviera ligure degli anni ’80, il romanzo narra di un’estate particolarmente torrida per il giovane Elio, il quale fa la conoscenza di un dottorando di suo padre, professore universitario. Oliver, però, si rivela più affascinante del previsto e i due intraprendo una specie di danza coinvolgente e quanto mai irrazionale. Ai morsi del desiderio rispondono con la chiusura, al fuoco delle passioni oppongono gelidi silenzi.
Proprio i due simboli a cui Elio si appella per descrivere le prime fasi dell’innamoramento sono il fuoco e il gelo. Il primo è un insieme di emozioni confuse, che si intrecciano come fiamme scomposte. Il secondo, invece, non è che la conseguenza di un’indifferenza di facciata a cui entrambi ricorrono per placare la passione.
«”Fuoco” fu la prima parola, e anche la più facile, che mi venne in mente quella sera, quando provai a dare un senso a tutto ciò nel mio diario. […] Fuoco che è paura, che è panico, un altro minuto così e morirò se non bussa alla mia porta, ma piuttosto che bussi adesso è meglio che non bussi mai» – “Chiamami col tuo nome”, frasi
«Non avevo mai sentito nessuno salutare così. Il suo Dopo! suonava duro, secco e sbrigativo, pronunciato con la velata indifferenza di chi non si preoccupa più di tanto se ti rivedrà o risentirà».
Richiami e linguaggi nascosti che legano gli amanti
Ma un’altra serie di simboli torna nella memoria di Elio, che racconta a distanza di anni. Lo stesso ebraismo, che li accomuna, diventa per il ragazzo un indizio della loro intesa, manifestata con un ciondolo comune recante la stella di David. O ancora, il paesaggio della collina di Monet, cartolina delle loro confessioni; le corse in bici e i vestiti di Oliver. Tutto diventa feticcio, codice speciale di una relazione che si sacralizza. Anche quando i due sembrano avere meno in comune, ecco che il protagonista saccheggia i modi di fare o di parlare dell’amato. Li fa suoi per scambiarsi con l’altro e, al tempo stesso, per esorcizzare la paura di amare. Ci si scambia pelle e parole ed è in questa commistione si capisce cosa vuol dire “Chiamami col tuo nome” presente nel titolo.
«Di che cosa avessi tanta paura non lo sapevo, e nemmeno sapevo perché mi preoccupassi tanto, o perché questa cosa che riusciva a gettarmi nel panico con tanta facilità a volte sembrasse speranza e, come la fa speranza nei momenti più bui, portasse gioia, una gioia immensa, una gioia irreale, una gioia col cappio al collo» – “Chiamami col tuo nome”, frasi
La scrittura di André Aciman vigorosa e impressiva
La scrittura di Aciman è davvero la struttura portante di una storia forte e delicata al contempo. Infatti senza i soliloqui ed i flussi psicologici di Elio, senza i dialoghi tra i due protagonisti, i loro riferimenti culturali e i gesti appena accennati, non ci sarebbe il passo ulteriore. Non ci sarebbe quella tensione perfetta che conduce fino al punto più alto della narrazione e che cala, poi, con dolcezza fino al termine di essa. Non è altro che quella che Elio stesso chiama «strategia del richiamo».
Proprio come accade ai due protagonisti, anche chi legge è irretito da una narrazione ammaliante. I dialoghi, spesso brevi, di poche e semplici battute, sono brillanti e delicati, mentre le azioni dei personaggi esprimono tutti i segnali nascosti della loro attrazione. La combinazione di questi elementi parla di una scrittura audace e spontanea, corporea e sfacciata, che non cede alle mezze misure né al tentennamento. Una scrittura che vale la pena di leggere.