“Ernesto” di Umberto Saba. Emancipazione attraverso il padre

"Ernesto" di Umberto Saba

“Ernesto” di Umberto Saba è il suo unico romanzo. L’autore ne cominciò la stesura nel 1953. In quel periodo Saba era ricoverato in una clinica per frequenti crisi depressive, non a caso la scrittura di “Ernesto” fu anche un esercizio di sfogo per lo scrittore. Il romanzo rimase incompiuto e fu pubblicato postumo soltanto nel 1975.

“Ernesto” di Umberto Saba. La realtà di un romanzo scomodo

Umberto Saba con molta probabilità non pubblicò il suo romanzo essenzialmente per tre motivi: l’impiego del dialetto triestino, presente soprattutto nei dialoghi, la presenza di un tema come l’omosessualità, all’epoca considerato sconveniente e il timore che il piccolo romanzo potesse soppiantare l’opera maggiore del suo autore, ossia il “Canzoniere”.

«Ernesto deve restare un libretto, se no quel mascalzone mi ammazza il Canzoniere» – Umberto Saba

Negli anni cinquanta sulla scia del Neorealismo cominciarono a circolare diversi romanzi in cui erano presenti ampie parti in dialetto, come “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini. Probabilmente per i puristi poteva essere percepito come un elemento denigrante, tuttavia il dialetto triestino di Ernesto fu depurato dalle forme più obsolete, proprio per permetterne una maggiore comprensione. “Ernesto” è un vero e proprio romanzo di formazione. Significativo l’episodio del taglio della barba che simbolicamente rappresenta il passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza. Eppure la formazione del giovane ragazzo, appunto, passa anche attraverso una relazione omosessuale, tematica sicuramente scabrosa.

«Ernesto è la mia personale rivoluzione»

Il romanzo, ambientato a fine Ottocento e narrato in terza persona, possiede numerosi elementi autobiografici. Come Saba, Ernesto vive a Trieste con la madre ebrea e non conosce il padre, che ha lasciato la moglie prima ancora della sua nascita. Lavora in una ditta commerciale ma odia il suo lavoro, mentre adora la letteratura e la musica al punto da voler diventare violinista. Nel romanzo Saba indaga la sua adolescenza, età rimasta in ombra nella sua immensa e più conosciuta raccolta poetica. In molte poesie il poeta aveva narrato la sua infanzia, ma aveva lasciato ai margini tutto ciò che riguardava l’adolescenza. Se il Saba del “Canzoniere” è sempre cupo e angosciato, in “Ernesto” appare spensierato e attratto dal meraviglioso come un bambino. Il protagonista non prova mai nessun senso di colpa, nemmeno per la sua avventura omosessuale.

La rivoluzione consiste nel ribellarsi alla fermezza della madre, simbolo del rigore tipico della cultura ebraica, ma anche al rancore che la donna covava nei confronti dell’altro genitore. Anche per questo motivo Ernesto comincia a perseguire l’amore per la letteratura, espendiente per l’emancipazione definitiva dalla figura materna. La rivoluzione comincia già dalla stanza di Ernesto: vi regna infatti il più assoluto disordine. In camera vi è anche un merlo che diviene ulteriore simbolo di libertà e a cui viene associato il padre. In questa fase di affrancamento e rinascita, l’uomo non solo viene perdonato per il suo abbandono, ma addirittura ammirato come simbolo della sua piccola rivoluzione e ribellione all’ambiente oppressivo del ghetto. Il padre comincia così ad incarnare tutto ciò che è leggerezza, meraviglia e libertà, al punto da identificarlo con un eterno adolescente. E tale rimane lo stesso Ernesto alla fine del romanzo.

Umberto Saba e il padre. I significati della figura paterna

Sul finale il ragazzo conosce Ilio, destinato ad assere identificato con la figura paterna. Sono infatti molti i punti in comune, a partire dalla descrizione come “divino fanciullo” e dalle sue posizioni politiche. Si scopre infatti che, sullo sfondo di una Trieste ancora sottomessa agli austriaci, uno dei motivi dell’abbandono paterno risiede infatti nel suo essere irredentista. Ed è proprio questo che accumuna il genitore al figlio e ad Ilio, diventando quindi filo conduttore di tutte queste vite.

Il libro è diviso in cinque episodi rimasti incompiuti. Eppure una conclusione si intuisce in un finale che sollecita molto l’immaginazione del lettore. La storia può continuare in tanti modi diversi. Lo stesso Saba aveva pensato di far contendere ad Ernesto ed Ilio l’amore per la stessa ragazza, ma le condizioni di salute precarie dello scrittore ne bloccarono la stesura. Il romanzo è ricco di molti brevi dialoghi che rendono la lettura piacevole e veloce. Domina la paratassi e colpisce l’abilità ritrattista unita ad un misto di ironia ed umorismo.

“Ernesto” di Umberto Saba. Analisi di una letteratura “onesta” attraverso la psicoanalisi

La letteratura è centrale nel romanzo di Saba e fondamentale appare la ripresa di una novella tratta dalla raccolta delle “Mille e una notte”. La storia racconta del rapporto amichevole tra un ragazzo e il proprietario di una pasticceria, nato a partire dalla comune passione per il gelato. La madre del giovane ben presto pone al figlio il divieto di andare a mangiare il gelato dal pasticcere. Il punto di svolta del racconto sta proprio nello scoprire che in realtà il proprietario altri non è che il padre, portando al conseguente ricongiungimento della famiglia.

Certamente l’inserimento di tale novella non è casuale. Nel romanzo la figura paterna assume un ruolo centrale, anche in virtù del desiderio di Ernesto di conoscere le sue origini, stesso desiderio dell’autore. Non a caso nel 1929 Saba intraprese delle sedute di psicoanalisi con il dottor Weiss, un allievo di Freud. Subito gli sembrò un ottimo strumento per la conoscenza dell’anima e scoprì che i traumi infantili, se non risolti, possono tormentare l’intera esistenza di una persona. Saba, come Ernesto, aveva vissuto in un ambiente dominato dalla figura materna, una donna autoritaria e astiosa, incapace di gesti affettuosi nei confronti del figlio. Insomma una situazione da cui l’autore triestino voleva fuggire.

Per Saba la letteratura deve avere il coraggio di scavare l’animo umano per fare emergere la verità di fondo, quella presente nella parte più nascosta della coscienza. È voluto andare oltre le menzogne imposte dalla vita stessa. Ha perseguito una letteratura “onesta”, contrapposta a quella “disonesta”, finalizzata soltanto alla ricerca del bello a discapito del vero. Saba ha scavato nell’animo umano anche attraverso le sue poesie, ma in “Ernesto” lo fa in modo ironico e divertente. È questo a rendere piacevole e speciale questo piccolo romanzo che meriterebbe davvero di essere maggiormente letto e conosciuto.

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