Quasi sempre la storia cita uomini di grande valore: politici, comandanti o sovrani, ma quasi mai c’è spazio per le masse di uomini e soprattutto per le donne comuni. Di questo ne ha parlato Donato Carrisi in occasione dell’uscita del suo libro “La donna dei fiori di carta”, ispirando Ilaria Tuti nella scrittura del suo romanzo “Fiore di roccia”.
Quante donne avrebbero meritato un posto nella Storia umana e sono sparite da essa perché un mondo di maschi ha deciso di non concedere loro pari dignità? Un vero genocidio, se ci pensate. – Donato Carrisi
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“Fiore di roccia” di Ilaria Tuti. La metafora della stella alpina
La voce narrante di “Fiore di roccia” è la giovane Agata Primus, abitante del piccolo paese friulano di Timau, ma le vere protagoniste della vicenda sono le portatrici carniche. Si tratta di un gruppo di donne di varia età che, durante la Prima guerra mondiale, costituirono un vero e proprio manipolo incaricato di trasportare munizioni, viveri, lettere e soprattutto speranza per i soldati al fronte.
Tutti i giorni le portatrici riempivano le loro gerle, ceste dalla forma conica munite di cinghie tipiche proprio delle zone montanare dell’Italia settentrionale, e iniziavano la loro complicata salita verso la Carnia, osteggiata non solo dalle cattive condizioni climatiche ma soprattutto dai terrori bellici. Eppure le portatrici, generose, ostinate e innamorate della loro patria, compivano il loro dovere consapevoli e serene, da qui traspare la loro grande forza che tradisce l’immagine, tramandata da secoli, delle donne come esseri fragili e volubili.
Da queste riflessioni acquisisce maggiore significato l’affascinante metafora contenuta nel titolo del romanzo di Ilaria Tuti: “Fiore di roccia”. In genere i fiori sono considerati belli ma delicati, è sufficiente un soffio di vento per rovinarli e disperderli, eppure c’è un fiore che cresce sulle Alpi dotato di una resistenza straordinaria, è in grado di fiorire tra le rocce e di resistere a un clima gelido e ostile. La stella alpina è simbolo, tra l’altro, di eterna giovinezza e di resilienza, valore primario nella storia raccontata dalla poetica penna di Ilaria Tuti.
Non conosco le rose. C’è invece un’espressione più felice che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi la chiamiamo fiore di roccia.
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Un’emancipazione che profuma di speranza
Prima di questo romanzo, al di fuori del Friuli Venezia Giulia quasi nessuno conosceva la storia delle portatrici. Solo a una donna venne dato un pubblico riconoscimento: Maria Plozner Mentil, colpita a morte da un cecchino austriaco nel 1916, che ha ricevuto nel 1997 la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Oltre Maria, le altre donne che hanno combattuto per la patria sono rimaste ignote, ed erano sicuramente tante considerata la portate della Guerra Mondiale. Infatti dal momento che quasi tutti gli uomini giovani erano impegnati al fronte, le donne acquisirono spazio e possibilità di svolgere tutti i lavori che prima erano degli uomini. Un momento capitale dunque per il processo di emancipazione femminile.
La speranza al fronte: lettere e amore
Il fatto che le portatrici siano le protagoniste del romanzo non significa che non ci sia spazio per i soldati stremati dalle precarie condizioni di vita, non solo nel fisico ma soprattutto nello spirito (le menti di molti di loro toccarono, purtroppo, punte di follia). La vita al fronte viene descritta nella sua cruda essenza, proprio per questo motivo l’arrivo delle portatrici, soprattutto quando consegnano le lettere scritte dai loro cari, rappresentano per loro la vita e la speranza, l’unico appiglio per uscire vivi da quell’inferno e riappropriarsi della loro esistenza. E anche se la guerra imperversa crudele, l’amore non smettev di esistere; l’unico sentimento in grado di abolire odio e confini mettendo in risalto l’assurdità del conflitto bellico rendendo liberi e migliori.
Ho scelto di essere libera. Libera da questa guerra, che gli altri hanno deciso per noi. Libera dalla gabbia di un confine, che non ho tracciato io. Libera da un odio che non mi appartiene […] quando tutto attorno a me era morte, ho scelto la speranza.
La penna poetica di Ilaria Tuti
“Fiore di roccia” è un libro di una bellezza straordinaria: possiede uno stile semplice ma allo stesso tempo incisivo e dall’essenza poetica. Persino quando vengono descritti gli episodi più complicati, le descrizioni non sono mai troppo complesse, ma nella loro semplicità trasmettono pure qualcosa di idilliaco.
La natura pulsa di vita, continua a germogliare e a gravidare grembi, mentre l’uomo soccombe a suo fratello.
Poche parole che riassumono la differenza tra la natura e l’uomo. La Madre Terra è vita e agisce per il bene degli uomini senza pretendere nulla in cambio; l’uomo in teoria potrebbe agire per il bene dei suoi simili, ma l’avidità e l’ambizione lo portano a combatterli distruggendo la bellezza del mondo e rendendo crudele la propria interiorità. Considerazioni, purtroppo, sempre attuali.
"Fiore di roccia" di Ilaria Tuti: le portatrici carniche di speranza e coraggio | il Chaos

Quasi sempre la storia cita uomini di grande valore: politici, comandanti o sovrani, ma quasi mai c’è spazio per le masse di uomini e soprattutto per le donne comuni. Di questo ne ha parlato Donato Carrisi in occasione dell’uscita del suo libro “La donna dei fiori di carta”, ispirando Ilaria Tuti nella scrittura del suo romanzo “Fiore di roccia”.
URL: https://www.longanesi.it/libri/ilaria-tuti-fiore-di-roccia-9788830455344/
Autore: Jennifer Orofino
Autore: Longanesi Editore
ISBN: 9788830455344
Formato: https://schema.org/Hardcover
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