“Fuga dal Natale” il libro di John Grisham. Un fiorire di (amati) cliché

“Fuga dal Natale” di John Grisham è il libro pubblicato nel 2001.  Grisham è conosciuto al grande pubblico come autore molto prolifico di gialli giudiziari, ma si è cimentato anche nella scrittura di questa storia di Natale, che è stata riadattata nell’omonimo film “Fuga dal Natale” di Joe Roth. Prima di leggerlo, è bene chiedersi se si è pronti per un carico di cliché, finali che scaldano il cuore e rocambole assurde e impossibili. La risposta è che è Natale, quindi via con le storie stereotipate!

Per il libro “Fuga dal Natale”, John Grisham si serve degli stereotipi per la sua comprensione

A nominare alcuni dei cliché qui presenti non si corre il rischio di spoilerare alcunché e -non ci si preoccupi- non c’è neanche la possibilità che la tensione scemi, visto che non salirà mai. Non è, questa, una diretta critica al soggetto o alla scrittura del romanzo, quanto semmai una presa di coscienza delle banalità di una tematica, come quella natalizia, sempre uguale a sé stessa. E quel che è più vero è che piace così. Senza il misantropo e il suo opposto, cioè il personaggio entusiasta fino allo sfinimento, non sarebbe Natale. E neanche senza le descrizioni millimetriche di ogni elemento di festa, dalle luminarie al cibo, fino a quella sensazione non ben specificata, ma che ci sta sempre bene, di calore. In “Fuga dal Natale” c’è tutto questo e, nonostante tutto, è proprio per questo che lo si legge. Queste parole suonano come un’ammenda, ed è esattamente di questo che si tratta.

Spogliato di tutta la gravità sociale del periodo storico di “Canto di Natale” di Dickens – e di tante altre virtù -, “Fuga dal Natale” prova a sfiorare da lontano il tema del consumismo natalizio, ma senza grande incisività. Di certo non vuol essere un romanzo di denuncia, ma parte della causa è da imputare anche ad un antipaticissimo protagonista, a cui Grisham affida un punto di vista narrante intermittente, che si fa sentire nei momenti più topici del libro. Luther, questo il suo nome, vorrebbe approfittare dell’assenza della figlia per fare una pazzia: rinunciare alla tradizione e trascorrere il Natale in crociera con sua moglie Nora, adducendo come motivazione lo spropositato esborso annuale per le feste. Questo dettaglio fa entrare il lettore nei sovrabbondanti preparativi americani dotati di feticci aggregativi: il Frosty sul tetto, le renne in giardino e le migliaia di lucine che disegnano i contorni delle case.

Che Luther sia un rinnovato Scrooge?

Alla sola lettura dei festoni che agghindano le case, per qualche secondo si prova ad empatizzare anche con Luther, salvo poi notarne il cinismo gratuito che lo caratterizza e che gli fa indirizzare pensieri malevoli e borbottii contro la moglie. Quest’ultima, come si apprende nel corso della lettura, sarebbe l’unica deputata a volere una pausa dal Natale, dal momento che tutti i preparativi ricadono su di lei, la cui voce non è davvero mai in primo piano nel libro. Gran peccato: sarebbe stato interessante capire cosa ne pensa chi fa davvero il lavoro sporco. Intanto lui, galvanizzato dalla fuga caraibica, sbeffeggia gli amici, si attira l’inimicizia dei vicini e rifiuta di fare beneficenza. C’è un nuovo Ebenezer Scrooge in città, si potrebbe pensare. O almeno il tentativo di una copia moderna e più pallida, privata di molto della sua tragicità e rinforzata nel suo cinismo.

Ma non è del tutto così. Quando sopraggiunge il punto di rottura anche per i due coniugi, già proiettati con la mente ai Caraibi, si arriva al punto più o meno interessante del libro. Come può finire un romanzo di Natale se non con la redenzione del cattivo? In realtà, in quello di Grisham sarebbe meglio parlare di sconfitta più che di illuminazione celeste, visto che Luther non molla, finché non viene piegato dalle leggi non scritte della tradizione e dal potere attrattivo – ahinoi – del consumismo delle feste. Luther non è per niente come Scrooge: non si fa convincere o scaldare il cuore per davvero, ma finge spudoratamente. Alla fine un guizzo interessante.

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