
Il mare ha una doppia personalità. Può avvolgere e cullare, ma a volte aggredire e spaventare. Per i protagonisti de “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci la distesa salata tra la Calabria e la Sicilia rappresenta una sfida. Nel romanzo, edito nel 2019 e che ha fatto il giro del mondo – Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e USA -, l’autrice racconta la reale epopea della famiglia Florio. La raccolta di documenti e carte in merito, ma anche gli studi sulla conformazione urbana della Palermo del passato, contribuiscono a rendere il romanzo credibile e avvincente. Ma è la scrittura a fare la differenza e ad aggiungere il vero tocco di qualità.
“I leoni di Sicilia” di Stefania Auci. Storia vera e rivoluzioni
“I leoni di Sicilia” non solo celebra le gesta dei Florio, consegnandole alla memoria dei posteri, ma raccoglie, un po’ smentendoli e un po’ no, alcuni dei punti cardine della cultura e della mentalità siciliana. Ogni capitolo si apre con un proverbio in dialetto siculo e molte pagine ne spiegano il significato. A questo si somma l’insieme di consuetudini alle quali i più fanno affidamento e che spesso si rivelano essere solo dei rigidi e insensati schemi mentali. Come sono le preghiere sussurrate dalle pie labbra delle donne, i giudizi crudeli in seguito ad un gesto fuori dagli schemi e le idee limitate di uomini padroni. Tuttavia le pagine del romanzo mostrano anche che il sacrificio quotidiano e il lavoro sfiancante contraddicono l’ideale dell’ostrica dei vinti verghiani. Nessuno nella famiglia dei “leoni” si chiude nel proprio guscio per paura che predatori più grandi li divorino.
I Florio rivoluzionano il modo di fare affari e si ribellano ad una strada già percorsa. Scompigliano le carte e mettono in subbuglio le aspettative altrui. La Auci disegna i contorni di una famiglia contraddittoria, sprezzante e insieme lavoratrice. Tronfia e barocca, ma anche devota al sacrificio. Personaggi del genere non possono che essere insiti nella mentalità siciliana, difficile e contorta. L’unione tra i Florio e Palermo è tutt’altro che un impasto armonico, bensì un continuo gioco di forza, di attrazione e repulsione, capricci e accondiscendenza.
Il sogno dei Florio da Bagnara Calabra a Palermo
La storia ha inizio il 16 ottobre 1799 a Bagnara Calabra in una difficile e lunga notte. Un terribile terremoto sveglia l’intero paese: Ignazio e Paolo Florio, la loro nipotina Vittoria, Giuseppina col piccolo Vincenzo. Tutti incolumi, ma profondamente sconvolti. L’incipit della Auci è di un impatto tale che si comprende già la portata della storia. Quando la famiglia decide tutta insieme di abbandonare Bagnara e di lasciarsi dietro le spalle una vita inappagata di sudore e sacrifici, la meta è Palermo. Il sogno dei due fratelli Florio smette di essere tale e si concretizza dietro al bancone di una bottega di spezie ed erbe curative. Da qui, dal locale di una modesta aromateria ha inizio una storia incredibile di commerci e investimenti, che nelle pagine della Auci arriva sino alla terza generazione della famiglia, ma che ha tutta l’aria di avere un seguito.
Vincenzo Florio non soltanto permette alla sua casata di raggiungere l’apice della ricchezza, ma anche di allargare gli orizzonti degli affari. La seconda metà del XIX secolo è il banco di prova più arduo per un uomo ambizioso e irreprensibile come Vincenzo, il quale si lega con le personalità più in vista di Palermo, ma non è disposto a strisciare per nessuno di loro. Tra strette di mano, sguardi complici e taciti accordi si avventura la vita familiare, tesa ad ottenere un futuro nobile e aristocratico.
Il ritratto di una Sicilia ostile e insieme amica
Si staglia qui il limite più forte della Sicilia: il sangue è l’unica cosa che conta. Le famiglie nobili dell’isola dettano legge, e i soldi guadagnati col sudore sono vili. Questo è un dato di fatto. Ogni sforzo diventa vano di fronte all’ostruzionismo delle casate tradizionali. Nonostante tutto, i Florio voglio dimostrare principalmente alla loro terra quanto valgono. Palermo e la Sicilia sono ambigue e doppie: misere e povere, spesso decadenti, ma anche dorate e voluttuose. Sono difficili da conquistare, ma ogni sforzo è necessario. La penna della Auci descrive l’affascinante ruolo di Palermo nelle vicende dall’ampio periodo storico. La città stessa, crocevia di popoli e di traffici commerciali, non si limita ad osservare da lontano ma manovra i fili di chi la popola.
«Sembra quasi che Palermo lasci che le cose le accadano addosso. Che sia spettatrice di se stessa. E invece no, perché Palermo è soltanto addormentata. Sotto la pelle di sabbia e pietra, c’è un corpo che pulsa, una corrente di sangue e segreti. Pensieri che vibrano da una parte all’altra.»