“Il diario di Jane Somers” di Doris Lessing: pensare la vecchiaia e viverla

“Il diario di Jane Somers” è un romanzo di Doris Lessing pubblicato nel 1986. Come si evince dal titolo, la forma è è quella del diario a sfondo biografico. Tuttavia, non ci si aspetti un semplice resoconto della vita della protagonista. Il romanzo ha in serbo molto di più.

Al centro delle pagine scritte dal Premio Nobel per la letteratura si inserisce un tema portante – la vecchiaia – che sorreggerà l’intera struttura narrativa e grazie al quale chi legge potrà entrare nel mondo  enigmatico degli anziani. Seppur si costituisca misteriosa e criptica, questa dimensione viene scandagliata grazie alla sensibilità di Lessing.

Si fa strumento di primaria importanza per cercare di comprendere la loro anima tormentata. Tuttavia, non inquadra la vecchiaia come monade solitaria, dal momento che a renderla un’età complessa interviene proprio la presenza dell’adulto. Pertanto, non solo un’attenzione specifica alla senilità, ma anche un rapporto tra quest’ultima e gli anni della cosiddetta “mezza età”.

Meandri e non-solitudini tra vecchiaia e mezza età 

A far scattare il confronto, impietoso e doloroso, è proprio la conduzione di uno stile di vita opposto. Sedentario e lento uno, ancora veloce e sbrigativo l’altro. Tuttavia, Lessing non attribuisce alla protagonista Janna-Jane un’età troppo giovane, preferendo conferirle quella dose di vissuto personale funzionale al ritratto.

Janna ha quasi 50 anni: non abbastanza per entrare subito nella testa dell’anziana Maudie, alla quale alcune circostanze porteranno a badare, ma nemmeno troppo pochi per accostarsi al modo dei giovani di interpretare la vecchiaia.

Si pone nel mezzo, in un limbo che inizialmente la farà oscillare tra una richiesta esaudita e un torto imponderabile. Ma proprio il bagaglio d’esperienze e l’attività scrittoria la avvicineranno a Maudie. Con intensa emotività, Lessing penetra nei sistemi di pensiero di Maudie e degli altri anziani che popolano il romanzo, per restituirne un ritratto il più verosimile possibile.

Più l’autrice – per mezzo della narrazione in prima persona di Jane – scava a fondo, più si abbattono barriere di reticenze e silenzi dietro alle quali l’anziano si trincera. Crollano le costruzioni di anni e anni di abitudini e gesti automatici, si annulla l’ambiente intorno nel quale cerca protezione. Così, è il corpo a rimanere al centro della narrazione. Un corpo indebolito, stanco e tremante che ospita nuove e vecchie paure, che si rivela malinconico e triste.

«Se mi confronto con Maudie, capisco che a volte è impossibile mettersi nei panni di un altro. Anche se so che quello che sto facendo è di confrontare il mio stato mentale, quello di una donna di cinquant’anni ancora lontana dalla morte, con quello di una donna di oltre novant’anni vicina alla morte. La struttura mentale cambia, con l’avvicinarsi della morte? Perché naturalmente c’è un’assoluta barriera, un muro, tra la mia mente e la consapevolezza che devo morire. Voglio dire, so che devo morire, ma per me la morte non è un fatto chiaro, violento. Forse, come animali, siamo programmati a non prendere atto della realtà della morte se non vagamente.»  

“Il diario di Jane Somers” di Doris Lessing appunta la vita per non perderla

Quando Jane compie riflessioni come queste, sembra star rispondendo ad una domanda che le viene posta all’inizio del romanzo: «A cosa serve la gente così vecchia?».

Come se il suo resoconto diaristico non fosse altro che una risposta a questo interrogativo. Una caratteristica del diario ancor più affascinante, però, è l’attenzione minimale che Jane pone ai suoi stessi cambiamenti, fisici e mentali.

Quasi in una specie di immedesimazione con la vecchiaia di Maudie, anche in lei si manifestano gesti reiterati e sempre più stanchi, una progressiva pigrizia, la tentazione di non curare più il proprio aspetto. Il tutto favorito da un nuovo confronto, quello tra se stessa e la nipote adolescente con la quale vive. Ma le soluzioni di Jane sono tutte contenute nell’amata attività di scrittura.

«È una cosa strana, questo bisogno di scrivere giù le cose, come se non avessero un’esistenza propria fino a quando non sono registrate. Presentate. Quando ascolto Maudie parlare, provo questa sensazione, svelta, afferra quello che dice, non lasciare che svanisca, registralo. Come se non avesse valore se non sulla carta.» 

Più osserva e ascolta Muadie, più impara su di sé e perciò può scrivere, registrare un pensiero e afferrarlo, tenerlo impresso per sempre. Proprio per l’enorme valore che Lessing conferisce alla scrittura e alla registrazione degli stati d’animo, propri e altrui, “Il diario di Jane Somers” presenta la vecchiaia così com’è, senza sconti e mezze misure. A tratti triste e malinconico, trattiene però la necessaria crudezza per ritrarre una delle età, assieme all’infanzia, più incompresa e ignorata. Questa lettura è un pugno dritto sulla bocca dello stomaco, come accade per i romanzi di valore e indelebili.

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