“Lo straniero” di Albert Camus e la contemplazione dell’assurdo

L'etranger, Lo straniero di Albert Camus

“L’etranger – Lo straniero” di Albert Camus è stato pubblicato nel 1942. Si tratta del racconto di un giovane “straniero” che si approccia alla vita con estrema vaghezza, facendo di questo termine l’elemento fondante della sua effimera esistenza.

«Oggi mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio.»

Il protagonista inaugura così l’intero racconto, riassumendo in poche parole il fulcro rivelatore di un animo indifferente a tutto ciò che lo circonda, alla vita stessa e agli affetti di cui si compone.

L‘indifferenza come condizione invalidante dell’animo e giustificazione delle omissioni

Albert Camus tinge l’intero racconto di impassibilità e mancate azioni, modi di agire che contrastano con la morale del lettore che si ritrova – a sua volta – catapultato in una realtà priva di logica e di capacità di discernimento, in cui ciò che è giusto finisce per confondersi con ciò che è sbagliato.

«È sua madre quella?

Ho detto ancora: sì.

Era vecchia?

Ho risposto: così così, perché non sapevo il numero esatto […] la stanchezza di una notte di insonnia mi confondeva la vista e le idee.»

Un non sapere che infastidisce il lettore, quasi insostenibile, nella stessa misura in cui ci si chiede come si possa ignorare l’età di una madre a cui, in più di un’occasione, il protagonista dichiara di volere molto bene. Sovente si percepisce un tentativo di giustificazione: la stanchezza e l’insofferenza al caldo come motivazione valida di tutte le sue omissioni, e di quell’assuefazione intrisa nell’esistenza stessa del giovane Mersault.

L’etranger – Lo straniero di Albert Camus. La contemplazione dell’assurdo come elemento emblematico della narrazione

Tuttavia, al nostro giovane Mersault, non mancano amori e amicizie, presumibilmente definibili tali. Lo dimostra il suo legame con Maria, alla quale non si capisce in maniera precipua che cosa lo leghi, un’attrazione fisica forse, o la voglia immane di possedere il suo corpo. L’indifferenza pervade “L’etranger – Lo straniero” di Albert Camus mescolandosi e facendo un tutt’uno con quella che è stata battezzata “la teoria dell’assurdo.” Mersault, circondatosi di alcuni “amici”, si limita ad ascoltarne le chiacchiere, restando impassibile anche quando queste ultime sfociano oltre l’ordinario:

«Ho visto chiaro che c’era del marcio. Allora l’ho piantata. Ma prima gliele ho date […] Gliele davo, ma per così dire, dolcemente. Lei adesso è una cosa seria. E per conto mio non l’ho punita abbastanza.»

Si pronuncia così Raimondo Synthès, il vicino di casa del protagonista, Mersault. Parole pungenti, forti, che attestano una realtà così attuale e ripugnante: la violenza che tutti i giorni molte donne sono costrette a subire da parte dei propri mariti, la stessa che, volutamente, Raimondo infligge alla sua compagna. Ancora una volta lascia inorridire l’estrema pacatezza con la quale Mersault risponde al suo amico:

«Gli ho risposto che non ne pensavo niente, ma che era interessante.»

«Non pensavo niente», è così che si pronuncia Mersault, più o meno in tutto il libro. Una testa incapace di partorire un pensiero, l’eccessiva pigrizia che non gli consente di formulare un punto di vista sulle cose che accadono intorno a lui. Un’indifferenza che fa da padrona e che guida Mersault verso una condizione di impassibilità anche di fronte al delitto di cui si rende artefice. L’uccisione di un uomo non tange lontanamente il giovane protagonista che – ignorando la gravità del suo gesto – si pronuncia così:

«Allora ho sparato 4 volte su un corpo inerte dove i proiettili si insaccavano senza lasciare traccia. E furono come quattro colpi secchi che battevo sulla porta della sventura.»

L’assurdo e la rivolta. Camus e Sartre

Albert Camus prova una sorta di conforto leggendo “La nausea” di Sartre; lo rassicura pensare di aver trovato qualcuno con cui condividere il senso dell’assurdo, una sorta di conferma del suo pensiero. Più che un romanzo, Camus lo legge come un monologo, un flusso unico e continuo in cui Sartre espone la propria teoria circa la contemplazione dell’assurdo della vita umana. Le conseguenze del suo manifestarsi sono più rilevanti della sua scoperta. Sartre vede, dunque, una possibilità di reazione all’assurdo nella scrittura a differenza di Camus. Nonostante ciò, Albert Camus, non ha potuto fare a meno per tutta la sua vita di indagare il senso che poteva celarsi in essa, chiedendosi perché mai andare avanti e con quale scopo dopo aver scoperto l’assurdo del mondo.

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