La natura e la vita quotidiana di Marco Astegiano. Libertà che sfugge

La natura e la vita quotidiana di Marco Astegiano

“La natura e la vita quotidiana” è il primo libro pubblicato dell’esordiente scrittore Marco Astegiano. Si tratta di una raccolta di poesie che, camminando lungo il medesimo filo conduttore, risulta divisa in due sezioni: la Natura e la Vita Quotidiana.

“La natura e la vita quotidiana” di Marco Astegiano. Libertà che sfugge e Morte che incombe

La prima sezione della raccolta risulta imbevuta di un senso di libertà perduta mescolato a quello di possederla. Un desiderio per il quale si annaspa, che si prova a raggiungere ad ogni costo, ritrovandosi – tutte le volte – di fronte all’ostacolo insormontabile della morte.

«Tutto è finito: vita, oblio, silenzio nella landa, / solo il battito di mille cuori / mentre due secche mani annaspano nel gelo / per ritrovare la luce persa per sempre / testimoni di una natura crudele / e nulla più.»

Dall’ultima strofa del componimento “Duello tra renne” è possibile desumere in maniera palpabile il gioco dei contrasti sotteso all’intera raccolta poetica. Anime che annaspano per recuperare la luce persa per sempre, soppiantata dal silenzio gelido della morte, di cui la natura si fa portavoce nella prima sezione. Ritroviamo i medesimi contrasti espressi in ogni forma. In maniera metaforica, per esempio, ricorrono i mesi dell’anno come termine di paragone; il freddo invernale che spazza via il battito vivo dei cuori si accompagna – per la sua negatività – ai mesi di ottobre e di novembre.

«E’ la nebbia di ottobre: / nulla impalpabile, vuoto, esanime. / Stillano vapori: / volo leggero di ectoplasmi incolori.»

Tuttavia, la libertà si fa forte e ricorre più volte aleggiando tra i componimenti in vesti metaforiche, come quella di un cristallo di neve in un componimento poetico che recita.

«Dall’infinito ti posi ogni dove / e ogni dove muori, / cristallo di neve.»

Il mondo animale e naturale

E della natura, come imprigionati nelle sue viscere profonde, sono menzionati tutti i suoi componenti animali: il salmone, che libero dalla sua prigionia primordiale riesce a risalire in superficie per godere della luce; la talpa e il desiderio ottimistico di accompagnarla a vedere la luce, fuori dal fango sotterraneo in cui ha vissuto; il cavallo e il rifiuto di domare galoppi che conducono verso l’ignoto; il topo e l’invito a volgere lo sguardo indietro, verso il candido bagliore della luna per trarne un sospiro di sollievo; il merlo che, tra tutti il più temerario, del gelido gennaio se ne infischia e intona fiero il suo flauto al tepore della primavera; lo stormo di anatre, in volo verso una tiepida alba; i gabbiani, che si alzano in volo per solcare un ignoto oceano di vita; il coccodrillo, che soffoca le grida e poi solo, nel silenzio della sua corrente fangosa. Tra tutti gli animali intrappolati dalla natura ci sono gli scarafaggi, che a parer mio risultano essere metafora dell’uomo sulla terra.

«Scarafaggi artificiali/ intrappolati su tele nere, fibrose:/ vittime consapevoli di un invisibile aracne dormiente. /Escreto da fetide fogne mobili, / condensato di stress / si libra nel cielo, / germe di morte.»

Forse, in questa visione dannatamente pessimistica noi tutti siamo scarafaggi artificiali. Intrappolati nelle tele nere della tecnologia e dell’inquinamento di cui siamo portatori, siamo vittime inconsapevoli di un aracne dormiente più potente di ogni altro: la natura che abbiamo deturpato, la reale portatrice del germe di morte.

La natura e la voglia di rinascere

Se negli animali anela il brivido di morte che incombe e tutto rende impotente, nella descrizione degli elementi naturali del mondo Marco Astegiano sembra più indulgente. Lascia trapelare quell’alone di speranza e d’ottimismo che è l’unica cosa che ci spinge ad andare avanti:

«Bulbi: / gocce di primavera nel gelo dell’inverno, / germi di vita nascosti sotto la terra scura, / urne preziose custodi di ciclica rinascita.»

Ritorna la metafora dei mesi dell’anno, per la prima volta utilizzata con un’accezione positiva. Gocce di positività incentrate nei mesi primaverili che, fieramente, fronteggiano il gelo dell’inverno.

«Ritrovo me stesso/ nella solitudine, / come la terra ritrova la pace con il Cielo / su di una strada di sette colori: / l’arcobaleno»

È questa poesia a potersi considerare il vero compendio di tutta la prima sezione. L’uomo riesce a ritrovare se stesso in un elemento di quella natura da cui tanto rifugge: l’arcobaleno con i suoi colori, che dona pace interiore.

“La natura e la vita quotidiana” di Marco Astegiano. Amore perduto

“La vita quotidiana” è la seconda sezione in cui è divisa la raccolta. Il filo conduttore, sotteso ai componimenti poetici analizzati fino a questo momento, sembra allungarsi fino a toccare i meandri della vita quotidiana, intesa nella sua componente più profonda. Una vita quotidiana che continua ad essere dipinta sullo sfondo della natura, con il frequente ricorso di esempi tratti dal mondo animale.

«tutto intorno solo querule formiche/ succubi di una scia fatale / tra fango, briciole e dolore.»

In questo mesto grigiore di vita e di anime oppresse si fa spazio un tema prima d’ora non toccato: l’amore. Anche in queste circostanze, l’amore è inteso nella sua componente più cupa, non come inizio gioioso di unione, ma come fine e tradimento, come un amore respinto che provoca sofferenza.

«Amore finito: / quel che resta di un temporale / estivo, travolgente, sublime.»

L’amore, quello perduto che librandosi nel cielo provoca tedio e solitudine.

La morte e la solitudine

“Il germe di morte menzionato nella prima sezione, torna pungente nelle successive pagine, mescolandosi all’incubo del suo suono, che seguita il passo umano. La vita dell’uomo è paragonata a un relitto ligneo attraccato al mare del tempo, e in quanto tale destinato a una fine lenta e inesorabile. Pagine imbevute di un sorriso che si scaglia ipocritamente contro il muro della depressione, di un pianto mai nato ma profondamente voluto, quasi come consolazione di una situazione inconsolabile. Non mancano ossimori, uno tra tutti riassume al meglio la tematica di fondo che attraversa l’intera raccolta.

«Bagliori di tenebra, / una colonna infame di bambole di ceramica / suonava una marcia funerea di seguito al mio passo. »

“Bagliori di tenebra” trasuda paura e tremore, fine e oblio come inevitabile capolinea dell’esistenza, che tuttavia si lascia consolare da quei bagliori di luce che attraversano l’intera raccolta, come desideri di libertà e luce che soltanto una grande forza di volontà può conquistare.

«Vorrei
riempirmi di nulla per diventare tutto.»

Termina in questa maniera “La natura e la vita quotidiana” di Marco Astegiano, con un desiderio di inizio e di fine, con una incapacità sostanziale di chiarezza: la rappresentazione concreta della nostra esistenza.

1 commento su “La natura e la vita quotidiana di Marco Astegiano. Libertà che sfugge”

  1. Eh bravo il mio compagno di scuola. Mi ha emozionato leggere di te. La bellezza esiste e tu ne sei la prova. Continua così.

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