“La pedina di vetro” di Antonella Tavassi ridà a Giulia giustizia

La pedina di vetro di Antonella Tavassi La Greca

“La pedina di vetro” di Antonella Tavassi La Greca è un romanzo del 1998 che ci lascia una singolare e affascinante biografia di Giulia Maggiore. Unica figlia naturale dell’Imperatore Augusto, fu esiliata dal padre a Ventotene, un’ isola dell’arcipelago pontino.

La decisione di affrontare la biografia della bella Giulia nasce da una visita presso l’Acquario Romano, che conserva una raccolta di busti – in marmo e granito – e ritratti della scultura romana provenienti dalle province occidentali dell’Impero. La ritrattatistica ebbe per i romani una grande importanza: attraverso la riproduzione fedele dei tratti fisionomici, riusciva a far risaltare la vera personalità dell’individuo. Così sfilano davanti agli occhi della Tavassi i busti dei familiari di Augusto e delle sue donne, e mentre osserva queste statue «scocca la scintilla» tra la scrittrice e Giulia.

«Così ci siamo incontrate, io e Giulia. Giulia mi ha fissato dalle profondità delle sue orbite vuote

“La pedina di vetro” di Antonella Tavassi 

«Qualcosa di speciale traspare da questa donna di marmo… Ha un atteggiamento fiero, come un uomo. Niente sottomissione, niente modestia, né pudore.»

La  fiera matrona romana dietro un’espressione di sfida che nasconde una velata seduzione,  sembra esortare Tavassi a voler conoscere qualcosa di più sulla biografia ufficiale di questa donna bella, intelligente e colta, trasmessa a noi dalle fonti più autorevoli della storiografia antica da Tacito a Svetonio, a Dione Cassio, Macrobio, Velleio Patercolo .

«Giulia, perché? Perché il destino…. è stato così terribile?»

L’espediente narrativo scelto dalla scrittrice si rivela efficace e senza dubbio accattivante come imput della storia. Le fonti antiche ci hanno tramandato la storia di una donna dai facili costumi che ebbe molti amanti e tre mariti:  il cugino Marco Claudio Marcello, il generale Marco Vispanio Agrippa, da cui ebbe cinque figli, e Tiberio, figlio della matrigna Livia e futuro imperatore romano. Ma Giulia chiede giustizia, non vendetta da questo spietato ritratto ufficiale…

«lo chiede silenziosamente, nel nostro breve incontro nella cornice neoclassica dell’Acquario di piazza Fanti.»

Il racconto, con focalizzazione interna, si apre come fosse lo scenario di una rappresentazione teatrale sulla villa di Giulia a Ventotene, mentre i lampi illuminano i portici e il colonnato del peristilio.  Il temporale non sembra turbare Giulia, anzi, lei conserva il suo solito sarcasmo aspettando che torni il sereno. Soffre invece pensando al passato e «ruminando quello che può riservarmi il futuro: sfuggirò a questa trappola? Qualcuno potrà ancora venirmi in aiuto?»

Due tempeste colpiscono Giulia

Ora che si trova su questa isola «aspra e bellissima dove le giornate sono una uguale all’altra» è travolta da una tempesta emotiva fatta di passione e sentimento, amore e malinconia, gioia e seduzione, bellezza e finezza, cultura e fierezza. Mai invidia o odio, mai risentimento o rabbia, timore o incertezza. Ha inizio a questo punto la lunga analessi, che si alterna alla situazione attuale dell’esilio, sui ricordi più nitidi che Giulia conserva della sua vita precedente. La statua di marmo prende vita rievocando il soggiorno felice a Baia e il suo primo incontro con il mare, scenario dei giochi con i cugini, quello stesso mare che ora rappresenta le mura della sua prigione.

Ci racconta lo splendido rapporto con il padre, che stravedeva per lei e che curava personalmente la sua educazione.  Ci racconta il suo amore per la cultura greca e lo scarso interesse per l’arte del cucito e della tessitura, a cui la seconda moglie di Augusto, Livia, voleva introdurla. Ci racconta ancora il difficile rapporto con quest’ultima, un rapporto che celava i conflitti che sarebbero drammaticamente esplosi in seguito. Infine ci racconta degli uomini della sua vita.

Con uno stile lineare e una dovizia di dettagli storici, che contribuiscono ad una ricostruzione fedele dello scenario storico, Antonella Tavassi La Greca ci fa innamorare di questa fanciulla che ispirò amori e invidie, che fu accusata di adulterio, che morì sola, senza più rivedere i propri figli, e che non provò mai rabbia verso l’austero padre, ma rispetto e tenerezza.

Giulia, pedina di vetro

Il titolo del romanzo “La pedina di vetro” di Antonella Tavassi allude metaforicamente alla condizione di Giulia, che sulla scacchiera della politica valeva come una pedina di vetro nel gioco dei Latruncoli, simile al gioco degli scacchi. La giovane figlia di Augusto, come una pedina di vetro, era diventata abile ad impadronirsi della pedina del re e poteva conservare libertà di movimento.

Giulia è una pedina di vetro, ma come il vetro si mostra fragile nella scacchiera tragica della vita, nonostante la fierezza, l’ammirazione e la seduzione che suscita in tutti coloro che le sono stati accanto. È una pedina in balia degli eventi costretta a sopportare un destino più grande di lei, costretta a confrontarsi con un padre troppo importante, costretta al matrimonio molto giovane, costretta ad uscire di scena troppo presto, costretta a morire in solitudine con la sola compagnia dei sogni “a colori”.

«Ogni tanto mi assale una sonnolenza insidiosa, alla quale non posso reagire. Le palpebre si fanno pensanti e mi lascio andare. Questi sogni sono a colori: il mare è celeste pallido, la luce è morbida, il sole è una  sfera arancione» e Giulia scorge in lontananza i volti a lei cari del primo marito  Marcello e del figlio Caio.

Non sappiamo se Giulia si sia lasciata morire di fame oppure, come riferisce Tacito, sia stata portata lentamente alla morte dal suo ex marito Tiberio, che a poco a poco le restrinse i mezzi di sussistenza.

«Quello che resta di Lei, solo un soffio, non può essere che là» in quel Mausoleo di statue di marmo.

Il suo soffio è giunto fino a noi grazie alla penna sensibile di Antonella Tavassi La Greca, ottenendo dai posteri giustizia.

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