Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij. L’umiliazione di vivere

Non esiste lavoro più difficoltoso che cercare di arrivare nei meandri profondi del pensiero introspettivo di uno tra i più complessi scrittori della letteratura russa: Fedor Dostoevskij. “Memorie dal sottosuolo” è il libro che annuncia i capolavori della maturità, nel 1864.

Le “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskij si muove nelle profondità

Ci troviamo di fronte ad una voce che avanza senza indietreggiare. Il protagonista sente sulle proprie spalle il peso di una società da cui vuole divincolarsi, a tutti i costi. Un uomo che reprime rabbia e delusione, e poi le scaglia contro il XIX secolo. Un secolo che, a dirla tutta, non appare così lontano dal nostro, per i modi di pensare, per le abitudini, per certe cose che, nello specifico, sembrano descrivere minuziosamente la società odierna.

«Sissignori, l’uomo del diciannovesimo secolo deve ed è moralmente obbligato ad essere una creatura soprattutto senza carattere; l’uomo di carattere invece, l’uomo d’azione, ad essere una creatura soprattutto limitata.»

Alcune cose, in fondo, pare che esistano da quando il mondo è stato creato ed è probabile che continueranno ad esistere finchè non ci saranno tanti personaggi Dostoevskijani quanti sono gli apatici, gli indifferenti, i “senza carattere”. Idea decisamente allettante ma sostanzialmente utopica, in un mondo in cui scegliere la strada più facile può portare a valicare i limiti che l’imposizione di una morale e di alcuni principi non riescono nemmeno a scorgere, perchè meta troppo lontana da raggiungere.

«Io  sarò un chiacchierone, un innocuo, fastidioso chiacchierone come noi tutti. Ma che fare, se l’immediata ed unica destinazione di ogni uomo intelligente è la chiacchiera, cioè un premeditato perdersi in sciocchezze?»

Bene, appurate le lusinghe di cui tutti i chiacchieroni intenti a leggere l’articolo avranno sicuramente goduto, sembra chiaro come il protagonista non esiti a definirsi un uomo intelligente che – in quanto tale – deve necessariamente fruire di chiacchiere inutili per partorire pensieri profondi.

Contraddizioni e fraintendimenti

In “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskij, si viene posti di fronte ad un uomo evoluto. Evoluto, quindi vigliacco e schivo, così come si definisce.

«Gli altri sono tutti e ottusi, io sono uno, solo»

Un romanzo altamente introspettivo, pieno di contraddizioni, le stesse che lo portano ad affermare di essere un uomo malato ma di non volersi curare per farsi ancora più male. In più di un’occasione, si descrive come un ex impiegato che amava umiliare gli altri e approfittava del proprio potere per prendersi gioco di loro, costringendoli alla resa. Mentre si definisce maligno, ammette anche di non esserlo perchè, nella maggior parte dei casi, le sue azioni non erano volontarie o premeditate, ma sempre consequenziali. Giochi di parole e contraddizioni che finiscono per rendere le cose piuttosto difficili da comprendere ad un lettore fiducioso delle sue parole e dei suoi sfoghi.

Tuttavia, il protagonista è un uomo estremamente coscienzioso e fa della consapevolezza estrema, la sua condanna.  Una consapevolezza, la sua, che spesso lo porta lungo un percorso errato, nei tunnel più profondi del fraintendimento. Finisce per acuire un sentimento di rabbia repressa che cela nel suo animo e a cui, ogni tanto, dà consapevolmente sfogo. Come quell’incontro approfondito nella seconda sezione del romanzo, «a proposito della neve fradicia.»

La rabbia dell’umiliazione

Mentre il protagonista era intento a guardare alcuni uomini impegnati nel gioco del biliardo, un uomo qualsiasi lo avrebbe umiliato pubblicamente perchè, per unirsi agli altri nel gioco, lo aveva spostato con violenza, con la sedia, quasi come  se fosse un oggetto. Una persona qualsiasi avrebbe potuto rispondere a questo gesto maleducato, ribellarsi, invece, il nostro protagonista «si eclissa rabbiosamente» e inizia a pensare a come vendicarsi. Un atteggiamento cupo, insofferente e silenziosamente rabbioso. Un uomo che sembra trasfigurare la realtà, i gesti e gli atti di cui essa si compone, per metterne in risalto unicamente il marcio.

Il sogno è dunque un tratto importante in “Memorie dal sottosuolo” di Fedor Dostoevskij. È la dimensione in cui il personaggio principale vi si rifugia e vi proietta la sua visione delle cose, spesso e volentieri alterata dalla rabbia repressa, frutto di una non identificazione con la società che lo circonda. Il protagonista raggiunge l’apice del suo disprezzo per la vita sprofondando in atti reietti, che lo spingono sempre di più nel sottosuolo, quando cerca conforto in una prostituta di nome Liza. Inizialmente, intenzionato ad aiutarla per la sua condizione e il suo passato, sembra empatizzare con lei, finchè non si mostra uguale a tutti gli altri. Inizia a trattarla come un oggetto, le fa violenza e le lascia del denaro, umiliandola ancora meglio di quanto ci fossero riusciti gli altri.

Umiliare e sentirsi umiliato: il binomio costante e sotteso all’intera trama del romanzo. “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskij è la mera rappresentazione di un uomo che vuole incontrare la società, che ci prova caparbiamente, ma il tentativo si tramuta, ogni volta, in un tragico epilogo.

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