“Montedidio” di Erri De Luca è il romanzo dell’assenza

"Montedidio" di Erri De Luca

Nei quartieri di una Napoli che brulica di folla, caos e storia, si snoda la vicenda di un bambino che attraversa il passaggio dalla fase adolescenziale a quella adulta in maniera estremamente veloce, quasi senza accorgersene. A “Montedidio” di Erri De Luca fa da sfondo un diluvio di rumori e circostanze, una storia che procede delicatamente e senza filtri. È il romanzo degli eventi, quelli che il protagonista mette per iscritto su un rotolo di carta ricevuto da un tipografo. Eventi circoscritti sullo sfondo di un romanzo che dà maggiore spazio alla rete intricata di sensazioni e sentimenti suscitati snell’io-narrante.

“Montedidio” di Erri De Luca. Il bumeràn metafora del cambiamento

Il ragazzo cresce, cambia, assorbe colpi e si approccia alla vita ogni volta in maniera diversa, lasciandosi accompagnare dalla costante presenza di un oggetto: il bumeràn che una volta gli aveva regalato suo padre. È uno strumento piuttosto difficile da manovrare, ogni sera il ragazzo si allena ma non lo lancia mai perchè non c’è spazio a sufficienza.

«Sopra questo quartiere di vicoli che si chiama Montedidio se vuoi sputare in terra non trovi un posto libero tra i piedi»

Tuttavia è proprio l’esercizio quotidiano a dargli la possibilità di cogliere i cambiamenti del proprio corpo, di capire quale sia la maniera più adatta per lanciare lo strumento.

«Stringo il bumeràn, sento la scossa. Ho cominciato a fare la mossa del lancio. Lo carico dietro la spalla, lo spingo avanti per lasciarlo andare ma non lo tiro […] dopo un poco vedo che la destra è più grossa della sinistra, cambio mano. Così una parte del corpo raggiunge l’altra, pareggia sveltezza, forza e stanchezza»

Il mancato lancio del bumeràn scandisce assieme al protagonista ogni momento di vita, dall’amicizia profonda che lo lega al calzolaio Rafaniello fino alla storia d’amore vissuta con Maria. Solo nella pagina conclusiva dell’introspettivo e poetico romanzo il bumeràn viene lanciato, nello spettacolo dei fuochi pirotecnici di fine anno. Un lancio simbolico che porta via con sé il passato e tutte le vicende ad esso correlate, tanto più che nello stesso momento si avvera la profezia attesa da Rafaniello, di cui restano solo “due piume e un paio di scarpe”. Il grido dell’io-narrante si è trasformato ora in quello dell’uomo, Rafaniello, e per esso “non c’è posto sopra il rotolo e sopra Montedidio”.

Il romanzo dell’assenza e del chiasso napoletano

L’assenza è il tema portante del romanzo, quella di un’adolescenza che non fa in tempo a nascere perchè stroncata dall’incalzare della vita che va avanti, e impone agli occhi innocenti di un ragazzino quelli vispi e disinibiti di un adulto. Dal primo giorno di lavoro che segna l’inizio del romanzo, all’ultimo dell’anno che lo conclude, gli eventi sembrano sempre circoscritti rispetto ai sentimenti del protagonista che fanno da padroni.

Il “chiassoso napoletano” si respira tra gli odori che si propagano nel quartiere, tra le voci e i rumori che dall’alto di Montedidio scendono fino alla Marina. Solo percorrendo le strade e i quartieri della meravigliosa città di Napoli è possibile riconoscerli. Dei personaggi con cui entra in contatto il protagonista, emergono ritratti piuttosto precisi.

«Un calzolaio straniero sa parlare così preciso in italiano che io mi commuovo per babbo che si sforza di imparare e non sa la metà delle parole di Rafaniello»

Con queste parole si parla di Rafaniello, il calzolaio arguto e intelligente che ha saputo farsi spazio nella vita del ragazzino in maniera naturale, sfoggiando il potere di una lingua che è tanto cara allo stesso autore Erri De Luca. Nelle pagine del diario c’è una sorta di tentativo di fermare quegli eventi che si affollano tutti insieme e di capire cosa accade dentro.

Montedidio, il quartiere di Napoli come lente d’indagine di se stessi

«Maria dice che io ci sto e così ecco qua me n’accorgo pur’io che ci sto. Mi chiedo da solo: non potevo accorgermi per conto mio di esserci? Pare di no. Pare che ci vuole un’altra persona che avvisa»

Parole fortemente introspettive che allungano le mani e scuotono la nostra parte più profonda, per un attimo ci fanno risvegliare e ci rendono consapevoli di quanta verità manifestano, di quanto spesso nella vita sentiamo il bisogno dell’altro come conferma e garanzia del nostro essere, che è troppo insicuro per potersi imporre da solo. Ma soltanto nell’epilogo, nella percezione della propria voce cambiata si fa strada la consapevolezza di avere effettivamente vissuto in prima persona quegli eventi, dopo il lancio del bumeràn che ha sancito il cambiamento.

«Com’è importante stare a due, maschio e femmina, per questa città. Chi sta solo è meno di uno»

Con la pacata raffinatezza che lo contraddistingue, Erri de Luca si insinua nelle vite dei suoi lettori colorandole di significati che sono soliti ignorare, e che l’introspezione travestita da poeticità dell’autore riesce a tirar fuori con estrema delicatezza e sensibilità.

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