Oliver Sacks, quando le neuroscienze si fanno romanzo

"L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" di Oliver Sack

“L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks. A 360° nel mondo delle neuroscienze

“L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks, medico e docente di neurologia, pubblica nel 1985 una raccolta di casi clinici editi sotto forma di racconti. Il titolo, furbescamente accattivante, fa riferimento al caso di un paziente del dottor Oliver Sacks presente all’interno dello scritto.

«È un libro che vorrei consigliare a tutti: medici e malati, lettori di romanzi e di poesia, cultori di psicologia e di metafisica, vagabondi e sedentari, realisti e fantastici. La prima musa di Sacks è la meraviglia per la molteplicità dell’universo» – Pietro Citati

Proprio all’interno del saggio non si può non notare la quantità, talvolta disorientante, di nomi – di pazienti o dottori che siano -, malattie e circostanze particolari, di cui Sacks ha preso nota nel corso della sua carriera. Ad emergere sono senza dubbio pluralità e complessità. Tra le pagine spiccano la voce autoriale, le opinioni dei colleghi ma, soprattutto, le personalità dei pazienti che sono considerabili come protagonisti delle vicende. Non solo, dunque, il parere medico, ma anche l’aspetto più umano di quanto accade a uomini e donne affetti da disturbi e patologie neurologiche. Il saggio si struttura in 4 sezioni – “Perdite”, “Eccessi”, “Trasporti” e “Il mondo dei semplici”. Sacks vi colloca diversi casi clinici, le diagnosi e le storie personali dei pazienti, tra le quali spicca anche quella che dà il titolo all’opera.

Diviso tra medicina e umanità

Quello de “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks è anche il primo caso che viene descritto, nella sezione “Perdite”,  e grazie al quale chi legge si interfaccia con un primo deficit neurologico: la prosopagnosia – l’incapacità di riconoscere i volti. Come per il resto dei pazienti, anche in questo il medico assume un punto di vista molto particolare. Non si limita a descrivere la malattia, il decorso e le manifestazioni, ma crea un forte legame con chi ne è affetto.

Anche in altre circostanze – come per la Sindrome di Tourette, ictus e tumori cerebrali – chi legge può godere di due prospettive: quella medica, analitica e lucida, e quella umana, partecipativa ed emotiva. Quest’ultima è resa efficacemente dalle considerazioni personali e dall’approfondimento di Sacks su aspetti privati dei pazienti, come la disperazione, la paura, l’accettazione e, a volte, perfino il godimento per il proprio stato fisico e mentale.

Il libro di Oliver Sacks sulla propriocezione e la memoria. Dalla scienza al romanzo

Quel che è più apprezzabile dell’opera di Oliver Sacks è un’analisi dettagliata del rapporto dei pazienti con se stessi e con il proprio intimo. Alcuni si mostrano consapevoli e si affidano alle cure, ma altri – forse quelli di maggior interesse – sono ignari delle proprie condizioni e prede della malattia. Proprio in questo risvolto si inserisce l’aspetto più romanzesco dell’opera, nonché quello più criticato. L’interesse di Sacks si indirizza in modo preponderante sull’apporto che la malattia dà alla vita dell’uomo o della donna colpiti, e quali cambiamenti sia pratici sia interiori e intangibili comporta. Per far ciò, nel corso dei capitoli, menziona alcune componenti del nostro essere e ne valuta l’importanza in base alla perdita, all’eccesso o alla mutazione di queste a causa delle patologie.

Le parti che compongono un essere umano, secondo una lettura più o meno schematica di Sacks, sono quella che lui stesso definisce “propriocezione”, cioè la percezione di sé come mente e corpo, e la memoria. Entrambe sono fondamentali e è necessario che mantengano un equilibrio tra di loro: l’uomo non è solo memoria, ma anche individualità, sentimenti, morale. Se sembra che tutto questo abbia poco a che fare con le neuroscienze, è così, anche per ammissione dello stesso Sacks. Non tutto è concreto ed esperibile, ed è proprio a questo punto che si crea il corto circuito che rende il saggio criticabile: la scienza che lascia il posto al romanzo.

«Per essere noi stessi, dobbiamo avere noi stessi – possedere, se necessario ri-possedere, la storia del nostro vissuto. Dobbiamo ripetere noi stessi, nel senso etimologico del termine, rievocare il dramma interiore, il racconto di noi stessi. L’uomo ha bisogno di questo racconto, di un racconto interiore continuo, per conservare la sua identità, il suo sé.» – Oliver Sacks, “Una questione d’identità” in “Eccessi”

Le critiche mosse a “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks

Oliver Sacks conduce chi legge in un percorso di conoscenza della neuroscienza e delle patologie neurologiche, talvolta con un tono profondo e toccante, talaltre con un pizzico di ironia – come si evince dal titolo stesso. O ancora, spesso l’autore unisce alle sue conoscenze mediche alcune nozioni filosofiche, che contribuiscono ad elevare il tono, mentre a volte lascia parlare la parte narrativa e romanzata. Per tutti questi motivi, parte della critica ha considerato il saggio poco scientifico, o fin troppo esibizionista delle sfortune altrui.

Quali che siano i motivi di dubbio sull’opera, il rapporto che stringe con i suoi pazienti e il suo sguardo sulla malattia e su come questa cambi le vite altrui sono gli aspetti più intensi e rappresentativi di tutto il suo scritto. La lettura di “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks è davvero illuminante, non solo perché approfondisce la conoscenza di alcune discipline, ma anche per la sensibilità di fondo che guida chi legge e lo rapisce dall’inizio alla fine.

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