
La fine e l’inizio rientre in una dialettica costante dell’uomo nella sua ricerca e valutazione dell’esistenza. Su di un piano più semplice e immediato è quanto accade annualmente nel passaggio dell’ultimo giorno dell’ultimo mese dell’anno e il primo del primo mese del nuovo. Proprio a Capodanno inizia “Quando il mondo era giovane” di Carmen Korn, nel pieno di una riflessione. La famosa autrice tedesca, nota per la trilogia di successo composta dai libri “Figlie di una nuova era”, “È tempo di ricominciare” e “Aria di novità”, torna con una nuova saga divisa in due volumi.
Il romanzo attraversa diversi temi e spalmati su più livelli. L’ostinata attenzione al “buon nome” della famiglia da preservare e difendere dalle malelingue, l’amore segnato da una grande differenza d’età, un tentato suicidio, la paura della solitudine o ancora un bambino diviso dall’amore per due padri.
“Quando il mondo era giovane” di Carmen Korn corale e intimo
Il romanzo ha inizio il 31 Dicembre 1949, il giorno che sancisce la fine di un decennio sofferto in cui hanno dominato guerra, fame e sofferenza. Anche se le ferite della seconda guerra mondiale sono ancora aperte, gli anni 50 rappresentano la speranza di un futuro migliore e per renderlo tale non mancano i rituali scaramantici tipici di fine anno.
«Contemplare per qualche minuto la fontana era il rituale che Gerda Aldenhoven non mancava di ripetere ogni Capodanno. Forse temeva che, se avesse smesso, le avrebbe portato sfortuna»
La storia di Carmen Korn è ambientata in tre città: Colonia, Amburgo e Sanremo. Al centro della narrazione abbiamo tre famiglie unite da legami di parentela e amicizia: gli Aldenhoven, i Borgfeldt e i Canna. Si tratta di un romanzo corale in cui le vicende quotidiane dei protagonisti si intrecciano con i tristi ricordi della guerra e con le innovazioni del nuovo decennio, a cui si aggiunge un curioso giallo artistico.
«Carmen Korn ha un dono speciale: sa scrivere del quotidiano senza renderlo banale»
La lettura è molto piacevole, anche i caratteri dei protagonisti sono ben delineati. In tutta la storia aleggia la fiducia verso il domani, eppure il passato ritorna prepotente nelle vite dei personaggi, perché la guerra non colpisce soltanto quando è in atto, il suo ricordo purtroppo è sempre indelebile nell’animo di chi l’ha vissuta.
Il duplice volto degli anni 50. Il boom del progresso e gli strascichi della guerra
Gli anni 50 hanno rappresentato un momento di svolta e di innovazioni. Si pensa allo sviluppo repentino della pubblicità, della moda e di alcuni beni di consumo come l’automobile e la televisione. Sono gli anni che hanno proiettato verso il boom economico, una sorta di età dell’oro che avrebbe visto anche un notevole incremento demografico. Nello stesso tempo però per tante famiglie sono stati anni complicati.
Uno dei drammi più tristi, direttamente legato alla guerra, è stato quello dei dispersi. Le notizie lente e tardive non hanno permesso di accertare la morte di un familiare al fronte o di conoscere altri possibili scenari come quello della prigionia o la perdita della memoria. Ad ogni modo potevano essere necessari molti anni per conoscere la verità. Molte donne si sono ritrovate vedove giovanissime, anche se in tante non hanno mai avuto la conferma di esserlo: ragazze che hanno conosciuto presto il dolore, ma hanno dovuto continuare a vivere, perchè la vita fosse più forte della morte. Spesso, divorate dai sensi di colpa e per amore, non riuscivano a lasciar andare l’idea del marito nell’incertezza del suo destino, ma pesava su di loro anche la condanna della società.
Anche i reduci di guerra hanno incontrato tante difficoltà dopo il loro ritorno dal fronte. Hanno trovato una società cambiata e a loro quasi estranea. Uomini che si sono sentiti traditi e dimenticati, persone non più in grado d’integrarsi in una comunità che ha continuato la propria esistenza dimenticandosi presto del loro sacrificio in guerra. Una argomento di cui aveva parlato anche Carlo Emilio Gadda in un suo scritto giovanile dal titolo “Giornale di guerra e prigionia”. Nel descrivere la città di Milano, Gadda si mostrava amareggiato nel constatare che la gente passeggiava e rideva come se la guerra non fosse mai esistita.
E poi c’erano i sensi di colpa di chi non ha mosso un dito per salvare un ebreo o un soldato di nazionalità diversa, chi ha rinnegato di avere un amico o un amore giudeo, o ancora coloro che per restare vivi hanno dovuto pronunciare il nome di qualcuno a cui poi la vita è stata spezzata. Atteggiamenti scaturiti non dalla cattiveria, ma dalla paura di ritorsioni. Tormenti di questo genere difficilmente vengono cacciati dalla mente di una persona.
«Hanno fatto di tutto per farmi dire il suo nome. Ed io ho fatto di tutto per non dirlo. Poi mi hanno tagliato un dito e hanno minacciato di tagliarmeli tutti […] Lo hanno giustiziato. Lì, nel cortile di quel dannato palazzo»
I fiori nati nelle difficoltà
La vita però è un bel mistero e, anche se segnata da eventi tristi di natura sia storica che privata, fa in modo che dalla negatività possa sbocciare qualcosa di positivo. Tantissimi musei devastati dai bombardamenti, nel dopoguerra, sono stati ricostruiti per restituire il giusto splendore alle opere d’arte, una delle manifestazioni più belle scaturite dalle azioni degli esseri umani. In “Quando il mondo era giovane” di Carmen Korn, infatti, c’è tanto spazio dedicato sia all’arte ma anche alla musica, sottofondo di tanti momenti del racconto. Le vicende di alcuni personaggi -come Carla o Joaquim- meravigliano nella loro intrinseca speranza. Mostrano come da esperienze tristi e devastanti possa in seguito venire fuori, in maniera inaspettata, qualcosa di meraviglioso.
«Joaquim pensava spesso all’uomo la cui tragica fine aveva reso possibile la sua rinascita. Vita e morte andavano a braccetto: non era un po’ anche quello che era capitato a lui e Vinton?»
Di sicuro alcuni personaggi del testo meritano un ulteriore approfondimento, ma per questo ci sarà il secondo volume in cui continueranno le vicende dei nostri protagonisti… anche perché la vita non è altro che un continuo cambiamento e un insieme di innumerevoli possibilità. In fondo non è quello che ci si augura ogni Capodanno?