
“Seta” di Alessandro Baricco. Una storia alla ricerca di…
“Seta” di Alessandro Baricco si nutre dei sensi, è un romanzo che con i bachi si affida al tatto già nel titolo, alla sinestesia, alla vista della fanciulla, agli odori speziati d’Oriente, al gusto di venti e viaggi lontani. Un viaggio lontano da casa in cui il protoagonista e il lettore affrontano per la prima volta un senso arcano di partenza. Quel mitico primo viaggio dei miti classici risuona nel sentimento di varcare confini mai superati prima. In questo caso i limiti di una vita qualsiasi, senza impulsi nè stimoli, dedicata alla ripetizione e all’obbedienza. Il viaggio diventa un superamento di sè, un anelito di libertà e si cavalca il mare in cerca dell’oro e della donna – direbbero i romanzi cavallereschi -, ed Hervè a modo suo lo fa: per se stesso, per la seta che è guadagno, per la donna che è amore.
Baricco si cimenta in una tipologia di romanzo che esula dalle caratteristiche del romanzo “classico”. Il personaggio principale, Hervé Joncour, trentaduenne, «era uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita, ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla». L’autore con queste scarne parole ci ha rivelato tutto del suo personaggio, un uomo che assiste alla propria vita e dunque a maggior ragione a quella degli altri, moglie compresa. Un uomo che ha delegato la vita agli altri, che non ha mai preso decisioni da sé e per sé.
Una storia alla ricerca di…
La storia è fluida come la seta del titolo, ma si nutre di ripetizioni, soprattutto quando si fa riferimento ai viaggi che Hervè compie ogni anno per l’aquisto delle uova di bachi da seta che, per la geniale intuizione di Baldabiou, divengono l’impulso propulsore dell’economia del loro paese. La malattia che ha colpito i bachi da seta in Europa spinge l’imprenditore ad acquistare la materia prima per il suo commercio in Giappone, anziché in Egitto, come ha sempre fatto: quel Giappone misterioso e lontano.
«Sempre dritto di là. Fino alla fine del mondo.»
E la vita di Hervè cambia: accetta il rischio di perderla, perché in Giappone è reato portar via le uova di bachi da seta. Gli occhi di una fanciulla, che non sono a mandorla ma rotondi, la sua sensualità nascosta che pure parla ai sensi del viaggiatore francese, turba la sua vita lineare e pedissequa, fa nascere in lui ardori e sentimenti mai conosciuti prima. La ragazza che riposa il suo capo sul grembo di Hara Kei, l’enigmatico venditore di uova di bachi da seta, trasforma Hervè da spettatore ad interprete della propria vita, accende una passione che per ben quattro volte lo riporterà nel paese lontanissimo e pressoché sconosciuto, sfidando anche la guerra.
“Seta” di Alessandro Baricco accoglie tra le sue trame l’amore nella sua interezza
Hervè Joncour, per il quale anche la moglie Helène è un ologramma come le altre persone che attraversano la sua vita, nutre per la ragazza sconosciuta un amore sconsiderato e folle, impossibile anche se lei pare contraccambiarlo. In “Seta” di Alessandro Baricco l‘amore raggiunge il suo centro nevralgico al punto che non è nemmeno più importante l’involucro, la carne, il nome dell’amata. È un amore che si consuma in se stesso, che si alimenta delle suggestioni che provoca.
Baricco riesce ad ottenere questo muovendosi tra le descrizioni di sensazioni e intuizioni emotive con la liscia eleganza della seta. L’uomo scopre con stupore di avere un cuore che palpita, di potere e volere decidere della propria vita, di essere capace di vivere da se stesso e per sé stesso. L’amore onirico, surreale, per la misteriosa ragazza senza nome si nutre di nulla, ma quel nulla evoca languori sensuali ed esperienze che paiono vissute davvero.
Una prosa meditata
Il Giappone isolato dal resto del mondo ricorda molto l’isolamento vissuto da Joncour per tutti i 32 anni della sua vita precedente. Per un momento comincia finalmente a vivere, anche se per un’ossessione dai contorni vaghi e dalla conclusione incerta, se non addirittura mortale. Una fase destinata a terminare, una parentesi che lo aiuta ad assumere nuove consapevolezze, prima di riprendere la sua vita.
«si chinò su quanto era rimasto della sua vita,e riiniziò a prendersene cura, con l’incrollabile tenacia di un giardiniere al lavoro»
La prosa di Baricco è asciutta, rivelatrice, si srotola come seta e come seta la si può raccogliere in un pugno, senza per questo perdere la sua lieve consistenza.