
“Ulisse” di James Joyce viene pubblicato nel 1922, quando cominciavano a proliferare le teorie psicologiche di Freud sull’inconscio. Il romanzo segna un netto smacco del racconto tradizionale basato sulla linearità logica e cronologica, e si immerge in un mondo fatto di pensieri, impressioni sconvolgimenti temporali. Il tempo infatti assume connotati soggettivi e quasi metafisici, riunendo in un’unica entità il passato, il presente e il futuro. Ciò diventa possibile grazie al tempo individuale della memoria, per cui i ricordi fanno viaggiare la mente e la scrittura riesce a stare al passo grazie alla tecnica joyciana dello Stream of Consciousness.
“Ulisse” di James Joyce. Un viaggio nell’inconscio con peripezie stilistiche
Con lo Stream of Consciousness le parole seguono e riportano fedelmente il flusso di coscienza interiore dei personaggi. Si dà origine a situazioni che anticipano gli stati alterati di coscienza della letteratura contemporanea e che si basano su collegamenti del tutto arbitrari e illogici dell’inconscio. Dalla penna, come un rubinetto aperto, scorre il fiume in piena del flusso di coscienza permettendo di trasmettere le sensazioni più profonde dell’io, immergendosi nell’inconscio per poi poter rinascere.
James Joyce per il suo “Ulisse” utilizzò questa tecnica insieme ad espedienti cinematografici, flashback, sospensioni del discorso, giochi di parole, parti da romanzo rosa e ad altre tecniche fino a realizzare un vero e proprio collage stilistico. Basta considerare che ogni capitolo ha uno stile diverso. Ciò gli ha consentito di mostrare le vicende da più punti di vista e prospettive, balzando dal monologo interiore alle vicende esterne alla mente del personaggio e al flusso di coscienza (Stream of Consciousness).
L’Odissea moderna degli antieroi
“Ulisse” di James Joyce è stato più volte definito una Odissea moderna o l’epica del corpo umano. In queste definizioni già compare il riferimento al “metodo mitico”, ossia all’organizzazione degli eventi e dei personaggi sul modello omerico. “Ulisse” come l'”Odissea” si sviluppa in tre parti che, in un parallelo, potrebbero identificarsi con la Telemachia, l’Odissea vera e propria e la parte dei Nostos (i viaggi di ritorno). James Joyce realizza quella che viene definita una “prosa epica moderna” partendo dal classico greco per poi rovesciarne i contenuti in funzione antieroica.
L’ambientazione in cui si svolgono le vicende è Dublino, di cui descrive con estremo realismo le atmosfere e i luoghi, tanto da farla diventare quasi un altro personaggio all’interno dell’opera. “Ulisse” di James Joyce ambisce a rappresentare tutta la gamma dell’umanità, realizzando un prodotto unitario che allo stesso tempo si frammenta inseguendo diversi temi e motivi. L'”Ulisse” abbraccia tutto l’uomo. C’è la tensione verso un appagamento affettivo tra genitore e figlio, il topos del viaggio – che in questo caso diventa interiore -, ma anche il senso di colpa, l’eros, la gelosia, la morte e la mutevolezza delle cose. Gli stessi personaggi che popolano le pagine di James Joyce non sono solo persone, rivestono altri ruoli simbolici e rappresentativi della natura umana.
Stephen Dedalus rovescia in parallelo la figura di Telemaco (“Odissea” ndr.) ed è portatore dell’intelligenza pura (ha lo stesso nome del protagonista in “A portrait of the artist as a young man”, romanzo giovanile di Joyce). Leopold Bloom mantiene il riferimento all’epos omerico nella figura di Ulisse. Con i suoi lati estremi riesce a comprendere l’intera umanità e nel rovesciamento dell’eroe omerico mostra l’inconcludenza della sua vita (nel libro fa l’agente pubblicitario nel libro così come il padre di James Joyce e lui stesso nella vita). Molly Bloom, simbolo della sensualità femminile, guarda alla fedeltà di Penelope e risponde non solo con l’adulterio, ma anche con un piglio indipendente e moderno, a tratti dominante, dando spazio al nuovo ruolo in società che la donna stava acquisendo negli anni della pubblicazione.
Molly è 8. L’infinito flusso di coscienza e la rinascita femminile
A Molly viene affidato un ruolo prominente, tanto da parlare di una sorta di “Odissea al femminile”. Sarà lei a chiudere l’intera opera, facendosi aspettare dal lettore per svelare la sua versione ed emotività in merito ai tradimenti narrati.
Inizia il suo monologo senza esserne pienamente consapevole, presa da un flusso di pensieri, immersa nelle nubi del dormiveglia. Il caos delle parole rispecchia quello del cuore, ma getta i semi per una rinascita, una nuova vita. L’affermazione dell’esistenza avviene in modo spontaneo e costellato dai tanti “yes” declinati al futuro. Molly nel pieno del suo soliloquio, lunghissimo e senza segni di punteggiatura, è stesa e il suo corpo assume la forma di un otto rovesciato. Ecco il simbolo dell’infinito matematico che ritorna nell’infinito scorrere del suo finale flusso di coscienza e riassume in prospettiva tutta la l’intenzione joyciana nel romanzo.
Il simbolo è l’otto, Molly è l’otto, come l’infinito e l’indefinito, ma è anche come la data della sua nascita, il numero dei papaveri regalatole dal marito. Torna nel romanzo, la insegue fino a raggiungerla nella sua evoluzione finale quando, forte di una nuova consapevolezza, rinasce ed incarna la varietà e l’essenza della donna: femminile, forte, creatrice, vita.
«Tutti gli uomini dovrebbero unirsi a lodare Ulisse. Coloro che non lo faranno, potranno accontentarsi di un posto negli ordini intellettuali inferiori. Non dico che tutti dovrebbero lodarlo da un medesimo punto di vista; ma tutti gli uomini di lettere seri, sia che scrivano una critica o no, dovranno certamente assumere per proprio conto una posizione critica di fronte a quest’opera.» – Ezra Pound