
“Un bene al mondo” di Andrea Bajani già nel titolo, come poi nel pieno dell’opera, si nota l’impronta leopardiana. L’autore dei “Canti” nel 1817 scrive una lettera all’amico Pietro Giordani a proposito di Recanati.
«Questa povera città non è rea d’altro che di non avermi fatto un bene al mondo»
Con queste parole Leopardi intende dire di non riuscire a provare, in quel periodo, malinconia. Per lui, però, la sofferenza non va considerata in senso negativo in quanto ammette che soltanto tramite essa riesce a concepire le cose più belle e creative.
“Un bene al mondo” di Andrea Bajani. Il significato di una storia tra formazione e fiaba
È proprio il dolore il tema centrale del romanzo come si evince subito all’inizio della storia.
«C’era un bambino che aveva un dolore da cui non voleva mai separarsi. Se lo portava dappertutto, ci attraversava il paese per andare a scuola tutte le mattine […] Quando arrivava a casa il bambino stendeva una tovaglia sul tavolo e mangiava. Il dolore montava sulla sedia accanto, e mentre mangiava, il bambino lo accarezzava […] Anche quando il bambino andava in bicicletta nei boschi, il dolore gli correva accanto. Non aveva bisogno di guinzaglio perché non sarebbe mai scappato. Il dolore era fedele al bambino.»
Il protagonista considera il suo dolore una creatura fedele, l’unico che non potrà mai tradirlo; nessun essere umano se ne può separare e proprio questo rende universale questo romanzo. Non si conosce il nome del bambino perché la sua vicenda è in realtà la storia di tutti. Nessuno nella vita è esente dal dolore o dalla malinconia eppure si cresce, si matura e si apprezzano meglio le cose belle della vita. La storia è ambientata in un piccolo paese posto sotto una montagna, anche in questo caso non ci sono elementi per identificare il luogo, perché quello che interessa all’autore è di farne una metafora del mondo.
Il romanzo può essere letto sia come un romanzo di formazione sia come una fiaba. Come accade nel primo caso il protagonista vive un processo di crescita e maturazione che lo porta a nutrire anche le prime emozioni amorose rivolte alla bambina sottile, altro personaggio fondamentale della storia nonché simbolo della salvezza. Alla fine il giovane varcherà il confine del suo paese per andare via e cercare la propria strada in città, ma non ci riuscirà davvero. Per quanto la grande metropoli possa apparire dinamica e piena di opportunità, la nostalgia per il luogo di origine sarà sempre più forte.
La storia del romanzo, però, è anche una fiaba onirica. Bajani inizia il suo romanzo con il classico “c’era un bambino”; i luoghi assumono una forte valenza simbolica e tutto emerge senza filtri proprio come avviene nei sogni. Ogni cosa viene narrata con semplicità ed onestà, a tal proposito è significativa la parte relativa al dolore del padre che sfocia in violenza domestica di fronte ad una madre sempre sottomessa. Per sopravvivere a tutto questo dolore al bambino non resta che nutrirsi di immaginazione e vivere di illusioni, torna quindi in maniera pregnante l’influenza leopardiana.
I luoghi del romanzo
I luoghi fisici svolgono un ruolo essenziale nel romanzo di Bajani assumendo anche una forte carica simbolica. Del resto ogni individuo instaura un legame indissolubile con lo spazio in cui cresce: ogni luogo racchiude cultura e tradizioni, elementi che forgiano la personalità di chi vi abita. Rivestono un ruolo importante soprattutto il bosco, il cimitero, la casa e la ferrovia.
Dal momento in cui i suoi coetanei lo prendono in giro, il bambino si rifugia nel bosco. Qui può giocare spensierato accompagnato dal suo dolore, il suo amico più fedele. In seguito condividerà il suo “angolo nel mondo” con la bambina sottile. Eppure un grave lutto sconvolgerà la vita di lei e molto tanto tempo i due non riusciranno a incontrarsi. Così vinto dal senso di afflizione e abbandonato persino dal suo dolore, il ragazzo si rifugia nel cimitero negando ogni contatto con la vita al punto da nascondersi anche quando altre persone varcano la soglia del luogo sacro, decidendo di dialogare soltanto con i morti. Il ritorno della bambina sottile lo richiama alla vita e lo sottrae al cimitero.
La casa assume connotati ambivalenti perché da un lato è il luogo che rassicura dai pericoli del mondo esterno – è protettivo come l’utero materno-, dall’altro è il posto in cui si consumano quotidianamente l’ira e la violenza del padre. Tutto allora appare statico e circolare, quasi asfissiante pertanto sarà necessario abbandonare la casa al più presto per evitare che questa sopprima qualsiasi stimolo vitale.
La ferrovia divide il paese in due zone: la prima è quella in cui abita il bambino, rassicurante e benestante, la seconda è quella dominata dal degrado e abitata da gente di malaffare-. Eppure qui il ragazzo è in grado di scoprire anche le cose belle, come i canti delle donne ai balconi e soprattutto la bambina sottile. Naturalmente la ferrovia è anche il luogo che permette di lasciare il proprio paese per poter cercare una vita migliore altrove.
“Un bene al mondo” di Andrea Bajani è un libro che si legge tutto d’un fiato. È una storia forte e triste, ma terribilmente vera, in grado di arrivare al cuore dei lettori. Il linguaggio appare semplice, ma in realtà ha forte carica poetica oltre che simbolica. Ciò è straordinario se si pensa che è venuto fuori da una sconfitta letteraria, Bajani stesso ha dichiarato che la storia si è sviluppata da un romanzo non scritto.
«Questo libro ha una genesi strana che deriva da un romanzo non scritto. Una sconfitta con la scrittura da cui sono uscito gettandomi intensamente nella poesia» – Andrea Bajani
Ecco lo straordinario risultato: un romanzo altamente poetico che parla di tutti.