Loïe Fuller, la donna orchidea della Belle Époque parigina

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By Dora Caccavale

Nata nel 1862 a Fullesberg nei pressi di Chicago, Loïe Fuller – al secolo Marie Louise Fuller – non fu una danzatrice nel senso stretto della parola, non frequentò una scuola di danza, ma le sue autentiche intuizioni furono di fondamentale importanza per lo sviluppo della danza contemporanea. Fin da giovanissima entrò a far parte del mondo dello spettacolo, dal teatro al vaudeville, dal circo al burlesque. Le molteplici esperienze nei diversi generi teatrali le permisero di apprendere l’arte dell’improvvisazione. Con il tempo divenne anche la promotrice di spettacoli d’arte varia, organizzando tournée in tutto il mondo.

Loïe Fuller. Lo spirito alato della danza

Nel 1892 sbarcò in Europa e dopo una tournée in Germania venne accolta a Parigi da un trionfo senza precedenti. Qui mise a punto una particolare tecnica corporea. Attraverso contrasti di luci ed ombre, l’utilizzo delle luci non solo in posizioni laterali, ma anche sullo stesso palcoscenico e direttamente sotto i piedi, Loïe Fuller creò degli effetti spettacolari di illusione, giocando con e sul corpo del ballerino. Pensò di collegare alle braccia dei bastoni che ne prolungavano l’estensione, creando con la fusione dei costumi, della scenografia e delle luci, movimenti e forme imprevedibili e fantastiche. La Fuller divenne così una delle pioniere della danza moderna insieme ad Isadora Duncan che la definì un essere sovrannaturale, capace di assumere qualunque forma e identità fra i suoi costumi e le sue luci colorate. Rimasta affascinata dalla sua danza, Isadora decise di seguirla in alcune tournée europee.

«Quella straordinaria creatura diveniva fluida, diveniva luce, colore, fiamma, e finiva in una meravigliosa spirale di fuoco che si elevava alta, verso l’infinito» – Isadora Duncan

La nascita della donna orchidea

Durante alcuni spettacoli indossò una lunga gonna di seta bianca. Volteggiando sulla scena come uno spirito alato creò un effetto mistico, che le valse il nome di “donna orchidea”.

«Tenevo la veste con entrambe le mani tenendo le braccia sollevate in aria, e in questo modo continuavo a volteggiare attorno alla scena come uno spirito alato. Qualcuno dalla sala lanciò un grido: un’orchidea!» – Loïe Fuller

Con il passare del tempo, le sue danze (“Danse blanche”, “Danse fleur”, “Papillon”, “Nuages”, “Bon soir”) divennero sempre più ispirate dai ritmi e dagli elementi della natura, applicando sul corpo accessori che ne modificavano la forma naturale. Con i lunghi drappi di stoffa fatti volteggiare a suon di musica, arrivò a personificare uccelli, fiori e farfalle. Creò una danza libera e di forte impatto visivo, rifiutando i costumi del balletto classico e il suo dinamismo, facendo prevale soltanto il movimento del corpo in relazione ai costumi e all’illuminotecnica.

«Nei fatti, il movimento ha sempre rappresentato il punto di partenza in ogni tentativo di espressione di sé, per di più fedele alla natura. Non le parole, ma i movimenti sono corrispondenti al vero» – Loïe Fuller

I continui richiami ai fiori e alla natura portarono Loïe Fuller ad influenzare notevolmente l’Art Nouveau. Un movimento artistico e filosofico, il cui termine fu coniato in Francia per indicare un’”arte nuova”. In Italia si era diffuso col nome di “stile Liberty” o “stile floreale”. Il movimento si sviluppò tra la fine dell’800 e il primo decennio del ‘900 e influenzò le arti figurative, l’architettura e le arti applicate.

Ispiratrice delle arti nella Parigi bohémien della Belle Époque

Proprio in questi anni la Fuller diventava sempre più un’icona della cosiddetta Belle Époque parigina, esibendosi nei locali più celebri della città. Sono da ricordare le sue numerose apparizioni a Le Folies Bergère, che affascinarono in particolar modo il pittore Toulouse-Lautrec, assiduo frequentatore dei locali parigini. Lautrec raffigurò spesso la figura di Loïe Fuller, sia nei dipinti che nelle stampe, avvolta tra lunghi drappi di stoffa e luci colorate, ricordandola nella sua “danza serpentina” che la rese celebre in tutto il mondo.
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Il fascino e la sensualità della danzatrice influenzarono anche l’arte di Auguste Rodin. Per celebrare l’iniziò del nuovo secolo, a Parigi venne organizzata un’incredibile mostra nota come l’Esposizione Universale del ‘900. Di fronte al padiglione, appositamente creato per l’occasione, Loïe Fuller aveva allestito un teatro-museo, dove la sua immagine si moltiplicava nella facciata e nelle stanze all’interno. Ispirato dalla sua performance, Auguste Rodin realizzò una serie di sculture note con il nome di “Movimenti della danza”, fissando nella scultura le potenzialità espressive di un corpo in movimento.

«Per esprimere il movimento in tutto il suo carattere e verità, è importante che questo sia insieme il risultato di movimenti consecutivi che hanno preceduto il momento sul quale ci si concentra» – Auguste Rodin

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La danza innovativa di Loïe Fuller risvegliò, negli stessi anni, anche l’interesse di alcuni musicisti (come Debussy), e poeti importanti. Tra questi, Stéphane Mallarmé, che definì la Fuller come “l’incantatrice”. Il sipario si chiuse però tragicamente sulla vita della ballerina. Morì di cancro a Parigi nel gennaio del 1928, probabilmente a causa delle radiazioni ionizzanti causate dalle ali di farfalla al radium che era solita indossare nei suoi ultimi spettacoli. Non lasciò ai suoi seguaci nessuna particolare tecnica corporea. Soltanto una pratica illuminotecnica di estremo valore teatrale.
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