MisStake di Fabiana Fazio. Amore ed altri soliloqui

«O Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?
Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome,
oppure, se non vuoi, giura che sei mio e
smetterò di essere una Capuleti.» – “Romeo e Giulietta”

Versi quasi sussurrati tra sé e sé. Una donna, seduta su uno sgabello, apre la scena. Con lo sguardo perso nel vuoto, riflette, mormora le parole di Shakespeare, le ripete, le ripercorre, le rimembra, le ridice, le ri-… le ri-… e inciampa nelle parole.

MisStake di Fabiana Fazio sulla scia delle parole 

“MisStake” è uno spettacolo di Fabiana Fazio, attrice, sceneggiatrice e regista, che è riuscita bene in tutti i ruoli e ha portato a teatro il dramma della parola. L’intera pièce teatrale ruota intorno l’iconica scena del balcone di “Romeo e Giulietta”. I versi di Shakespeare vengono citati, pensati e masticati fino ad essere svuotati del loro significato e trasformati in soli suoni. Ma hanno un reale significato nel mondo reale?

Tutto viene messo in discussione e studiato. Le parole si accavallano, si rincorrono in una corsa spietata e folle cercando la propria identità, il senso perduto e, quando sembrano averlo ritrovato, sfugge  loro di nuovo. Intanto sono mutate, si sono fatte suono e mescolate in una canzone o in un altro verso di un altro libro. Ops… autore sbagliato, storia diversa.

«What a mistake! What a mistake!»

E allora si ritorna indietro, dove tutto ha avuto origine, e si ricomincia la ricerca, ma si cambia il punto di vista. Di nuovo le parole vengono saccheggiate ma cercando un’altra risposta e arrivando in luoghi altrettanto diversi. “MisStake” è il teatro che ritrova se stesso e la sua funzione, quella di indagare, di dare risposte ma soprattutto di lasciare ancora più domande nel cuore dello spettatore. Fabiana Fazio è riuscita a saltare da un registro linguistico e attoriale ad un altro, dalla commedia al dramma, dalle risate al cuore sofferente. Un viaggio nelle parole che, liberate dalle catene dei versi di Shakespeare, popolano altre storie di altre donne in cerca, come Giulietta, dell’Amore.

Una scenografia ridotta all’essenziale. Il busto ferreo di una donna aiuta a raccontare la storia di Romeo e Giulietta senza rivivere il dramma, ma ricapitolando i fatti in maniera scanzonata, mangiando una mela, privando di vita il testo shakespeariano per usarne solo le parole e partire in altri sproloqui. Mele mangiate nei momenti leggeri per prendersi un po’ beffa della tragicità della vita. Mele mangiate prive di vita, come privi di vita restano i due giovani ragazzi innamorati del dramma. Ed ecco che dopo mille e mille giri tra parole, significati, assonanze, rimandi di suoni, canzoni e risate, lo scenario cambia e si volta pagina.

Da Romeo e Giulietta di Shakespeare alla ricerca dell’Amore

“MisStake” ruota intorno al tema dell’Amore. Alla prima parte dello spettacolo Fabiana Fazio riserva un approccio quasi adolescenziale. Il testo inglese si conosce, viene ripercorso con leggerezza, prendendosi poco sul serio. L’Amore è quello che si sogna da bambine, il principe azzurro Romeo, il sentimento totalizzante e perfetto che non conosce crepe e che non può essere scalfito da nessuna difficoltà.

Segue una fase leggermente più matura, la visione da giovane donna fortemente condizionata dai miti cinematografici. Come oggetto di scena scarpe rosa, che rendono tutta la frivolezza della nuova concezione. È quello che fa sognare, la fusione delle anime e dei corpi, che si alimenta di lussuria, romanticismo e magia e culmina in un bacio, magari con il piede destro che si solleva da terra, come nelle migliori scene romantiche dei vecchi film. Un amore in bianco e nero, un amore alla Audrey Hepburn, ricordata in “Colazione da Tiffany”.

Ma le parole tornano a mettere in crisi: se si parla di Amore, allora serve un Romeo. Eppure in “MisStake” il principe azzurro tarda ad arrivare o assume le sembianze di un rospo, così i treni passano e portano con sé le illusioni, le speranze e i sogni. Si ritrova donna vissuta, consumata come la sigaretta che l’attrice sostiene tra le labbra, a parlare di una relazione passata e a riscoprirsi cinica e disillusa. Si apre il sipario sul ricordo di una storia d’amore finita male, perché in fondo tutto è destinato a finire per svariati errori. «What a mistake!»

In attesa dell’Amore

Su un piccolo scalino Fabiana Fazio declama i suoi sentimenti per un uomo. Torna la rincorsa, le ripetizioni, la velocità, il balbettio. Tornano le parole, più forti e innamorate che mai, per raccontare tutta la bellezza di quell’uomo che poteva essere Romeo; eppure la corsa si fa più veloce e finisce per inciampare nelle negatività. Si scopre un nuovo sentimento di odio, che non cancella l’amore ma lo eleva e lo rende tragico fino ad ucciderlo. Nasce l’ennesima donna disillusa. O forse no?

L’Amore si aspetta, vale la pena lottare, e intanto passano gli anni ed «è il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante», scriveva Antoine De Saint Exupery. Stavolta in scena una donna e una rosa rossa. L’amore c’è ancora, la forza delle parole non più, la corsa si è arrestata, il tempo ha vinto. L’amore prende forza da se stesso e resiste, sopravvive il fuoco nelle ossa stanche, ma la stanchezza sale negli occhi, e la donna si chiede «Romeo, Romeo… perché sei tu Romeo?… Io non so più come chiamarti per farti tornare, Amore. Mio». Non contano più nulla i film, i sogni, i versi, i drammi. Perdono di significato le divagazioni e i soliloqui. Restano una donna, una rosa e un sentimento che ha perso il nome. Resta un verso di Shakespeare che riecheggia.

«Che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.» – “Romeo e Giulietta”

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