Obrador Presidente del Messico al grido: “Prima i poveri!”

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Il primo luglio in Messico si sono svolte le elezioni presidenziali, che hanno dato un esito inequivocabile: la vittoria schiacciante del candidato 64enne Andrés Manuel Lopéz Obrador.  Obrador, proveniente da una famiglia umile e numerosa, primo di otto figli, già candidato e sconfitto alle presidenziali del 2006 e sconfitto da Nieto a quelle del 2012 , è esponente del partito MORENA – Movimento regeneraciòn Nacional -. Insieme ad una corrente di fuoriusciti del Prd – Partito socialdemocratico messicano – ha vinto con il 53% dei consensi popolari, dietro di lui Ricardo Amaya al 22% con una coalizione sinistra-destra, terzo e più staccato Jose Antonio Meade del partito di Governo.

Obrador si dichiara dalla parte del popolo messicano

Si è trattato del voto più insanguinato della storia del paese messicano, con 133 vittime dal settembre 2017, per un totale di 543 attacchi, e 178 minacce ai politici. Con questo risultato il Presidente Obrador otterrà la maggioranza assoluta sia alla Camera che al Senato. Un gran numero di elettori è stato riscontrato nel sud, parte povera del paese, dove l’economia è prevalentemente agricola e segnata dalle importazioni americane. A fare la differenza inoltre sono stati anche i voti dei giovani, che in Messico sono il 29.2%, circa 25 milioni.

Puntuale il tweet del Presidente americano Donald Trump con le congratulazioni al neo Presidente messicano, in cui sottolinea che c’è molto da lavorare. Sicuramente i rapporti Messico-Usa saranno uno dei punti salienti e dei temi caldi dell’agenda di Governo, poiché nel recente passato i rapporti tra questi due Stati hanno attraversato momenti di tensione. Trump nei confronti del Messico ha attuato la politica della tolleranza zero per quanto riguarda l’immigrazione, con episodi come quello famoso dei bambini separati dalle proprie famiglie al confine, oppure attuando dei forti dazi su acciaio ed alluminio. Dal canto suo il presidente messicano Obrador ha dichiarato che il Governo tenderà la sua mano franca alla ricerca di un rapporto solido.

Il paese messicano ha assistito alla prima vittoria di un partito di sinistra alle presidenziali. Poco burocrate, ma molto politico di strada”, presente alle marce indigene, ai sit-in contro lo sfruttamento della terra, e contro le compagnie petrolifere. Il presidente Obrador, con il suo linguaggio semplice e diretto che arriva facilmente alla gente, è stato il candidato che meglio è riuscito ad interpretare e cogliere il malessere del popolo messicano. Nel suo primo discorso pubblico, tenuto a piazza dello Zocalo, città del Messico, il Presidente ha invitato i messicani alla riconciliazione e a dare la priorità ad un interesse superiore e generale, dichiarando di voler condurre il paese alla quarta trasformazione dopo l’indipendenza, la riforma e l’evoluzione.

Le promesse del nuovo Presidente

Sostiene di voler privilegiare la patria e soprattutto la parte povera del paese, annunciando che ci saranno dei cambiamenti, ma la democrazia non sarà messa assolutamente in discussione, così come non saranno messi in discussione la libertà di espressione, la libertà imprenditoriale e infine la libertà religiosa. I punti cruciali della sua politica saranno la diminuzione della corruzione, cancro radicato fortemente nella società messicana, il taglio dei privilegi fiscali, la lotta alla povertà. Non vi saranno l’aumento delle tasse e l’aumento del prezzo del carburante. Sarà necessaria la riforma del sistema giudiziario per garantire l’ordine pubblico. Vi sarà una lotta senza quartiere alla violenza dilagante, che ogni anno produce centinaia di morti ed altrettanti desaparecidos a causa dei cartelli dei narcos. che dettano legge nel territorio messicano e che le amministrazioni locali e centrale sembrano incapaci di combattere.

I dubbi dell’opinione pubblica riguardano essenzialmente due punti: in che modo riuscirà a mantenere le promesse economiche e la deriva autoritaria che il paese potrebbe prendere. Nel suo programma elettorale il settimo punto, appare notevolmente interessante, in quanto il Presidente Obrador sottolinea il fallimento dell’economia neoliberale in Messico, caduta sotto i colpi delle imposizioni degli organismi finanziari internazionali, e propone la creazione di un nuovo modello economico, al fine di recuperare la sovranità perduta nel paese.

Questo nuovo modello potrebbe rappresentare un pericolo per i paesi latinoamericani che nel 2012 avevano dato il via, anche con la presenza dello stesso Messico, alla “Alianza del Pacifico”. Organizzazione che ha creato la più grande area di libero scambio della zona del Pacifico. È innegabile che il presidente Obrador si trovi davanti a delle sfide che appaiono difficili e, per certi versi, quasi impossibili da vincere, come il narcotraffico e la violenza diffusa nel paese, ma è altrettanto vero che un vento di speranza e di cambiamento deve attraversare il paese messicano.

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