Africa, continente ricco depredato dal colonialismo

Africa. Colonialismo e neocolonialismo dell'Occidente

Bless my Africa! Bisognerebbe partire da lontano per raccontare e dar voce alle sofferenze di questo continente, da sempre sfruttato e depredato non solo delle sue risorse naturali, ma anche di forza lavoro. Verso la fine del ‘400, iniziavano a mettere piede in questo territorio le grandi potenze europee che giocavano un ruolo importante nello scenario politico di quegli anni, come Francia, Gran Bretagna, Portogallo e Olanda. Dando inzio al così detto colonialismo, sfruttando la popolazione per renderla schiava e venderla nel nuovo continente come merce di scambio. Agli inizi del Novecento, la situazione diventa ancora più drammatica, dando inzio al neocolonialismo o colonialismo moderno volto a sfruttare le risorse dei paesi colonizzati, arrivando a parlare di una vera e propia “corsa alle colonie”.

Africa e multinazionali. La sottrazione delle ricchezze

Con l’avvento della globalizzazione e la nascita delle multinazionali, l’Africa, madre delle civiltà, diventa ancora una volta teatro di guerre civili e di saccheggiamento. Ormai è totalmente assoggettata ad un Occidente sempre più avido, che tenta di stringere nei suoi tentacoli il profitto puramente economico e commerciale derivante da questi Paesi.

Si pensi, alle grandi potenze mondiali, come quella statunitense, che con le multinazionali petrolifere hanno monopolizzato l’estrazione del petrolio rendendo la popolazione non solo povera, ma anche soggetta a malattie ed inquinamento. Con un sistema di estrazione petrolifera che parte dalle valle del Niger e si estende in tutto il continente, l’imperialismo dell’America settentrionale, sembra ignaro dei numerevoli danni causati.

Si pensi ancora,  per esempio, alle così dette città fantasma, costruite dalla Cina  pronta a spostare organi e infrastrutture per poter smaltire la propia popolazione – un quinto di quella terrestre – da un territorio ormai saturo. L’interesse della Cina verso questo continente è geostrategico, perché rappresenta un’apertura verso nuovi mercati, e dunque un’espansione della Via della Seta non solo terrestre ma anche marittima.

Dal vecchio al nuovo colonialismo europeo

Senza tralasciare il vecchio colonialismo europeo, che non lascia tregua a queste popolazioni, sfruttando la manodopera e il sottosuolo nelle miniere di oro e diamanti. Dunque le multinazionali, dall’inzio del secolo scorso, si sono radicate nel continente nero e fanno da ostacolo per poter contrastare la povertà e favorire la creazione di leggi economico-finanziare, e di istituzioni democratiche completamente assenti in tutto il territorio, già che esiste la continua corruzione da parte di questi “imperi” occidentali, che non lasciano spazio alla diplomazia dei diritti.

Con i così detti paradisi fiscali, società offshore, le multinazionali e le potenze mondiali, che agiscono per i propri profitti sono esenti dalle tassazioni. La corruzione contribuisce a trasferire la ricchezza nelle mani di pochi, non permettendo quindi una redistribuzione equa del soldo pubblico africano. Per decenni si è promossa la privatizzazione delle ricchezze ai mercati internazionali, togliendo spazio ai pochi servizi pubblici presenti sul territorio.

Cosa si prospetta per questo continente?

Alla luce di questa situazione, ci si domanda, allora, cosa ne resta dell’Africa. Guerre,povertà, corruzione. Non esiste futuro, non esistono sogni. C’è sangue, c’è fame, che costringe i giovani a scappare e cercare un futuro migliore, proprio in quella piovra che è l’Occidente, che fino a questo momento gli ha tolto le speranze., gli ha tagliato le ali. Passano gli anni, anzi i secoli, ma le logiche colonialiste non cambiano. Non lasciano spazio alla tranquillità di una terra, bramosi di qualsiasi ricchezza e potere.

Il destino di questo continente, ammanettato e liberato di continuo da nuovi e vecchi stati, non sarà pur sempre questo. Si sveglierà, e consapevole della propia immensa ricchezza avrà nuova speranza. A tal proposito un proverbio africano recita:

«Un dito non può ammazzare un pidocchio.»

Per farci comprendere come, se alla base di questo spettacolare continente ci fosse unità e comunione, potrebbe ritrovare la pace.

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