Hikikomori in Italia. La tendenza dei giovani a chiudersi in casa

Hikikomori

Il termine hikikomori – “stare in disparte” – è stato coniato in Giappone per indicare giovani e adulti che scelgono di condurre la propria vita esclusivamente chiusi nelle loro stanze, senza più uscire o vedere altre persone. Proprio il Giappone è stato uno dei primi Paesi in cui si è notato tale. Il numero di quanti abbracciano questo stile di vita è in costante crescita e anche in Occidente si è cominciata a manifestare questa tendenza. Si calcola che in Giappone ci siano circa un milione e mezzo di hikikomori, mentre in Italia se ne contano circa 100.000.

Gli hikikomori, espressione di un malessere sociale

«Talvolta sentiamo per l’autentica ‘vita vera’ una sporta di ripugnanza, e perciò non possiamo sopportare che ce la rammentino. Infatti siamo arrivati al punto di considerare l’autentica ‘vita vera’ quasi una fatica, poco meno che un lavoro.» – “Memorie dal sottosuolo” di Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Gli hikikomori sono soliti alzarsi molto tardi dal letto e passare la giornata per lo più davanti al computer, ottimo mezzo anche per poter eventualmente lavorare da casa. Gli adolescenti fanno tutto senza mai uscire dalla loro cameretta, dove generalmente sono i genitori a portargli il cibo, spesso lasciato sull’uscio. Le abitudini sono dettate dalla necessità estrema di rimanere isolati e non venire mai a contatto con il mondo esterno, se non attraverso la dimensione virtuale, che consente di creare gruppi e stringere amicizie senza dover uscire. Solitamente dormono spesso di giorno e vivono di notte per non sentire il rumore delle città e delle attività quotidiane degli altri membri della famiglia.

Si tratta in genere di ragazzi capaci e brillanti con un alto senso morale che, tuttavia, non riescono o non vogliono inserirsi nella società. Purtroppo in molti casi l’isolamento è dettato da una quotidianità insoddisfacente e frustrante a lungo protratta nel tempo. A volte dei ragazzi decidono di essere hikikomori perché non si sentono accettati dai coetanei per l’aspetto fisico, il rendimento scolastico o per essere molto introversi, ma molto più spesso l’isolamento non è dettato da un problema fisico o psichico, ciò rende ancor più difficile la comprensione del fenomeno.

Con il tempo cominciano a perdere interesse per il mondo e fiducia nei rapporti. Laddove c’è senso di inadeguatezza, questo si può trasformare in disprezzo per la superficialità e l’ipocrisia della comunità che li circonda, ma a cui non sentono di appartenere. Gli hikikomori hanno uno sguardo severo sul mondo, prima con se stessi e poi anche con gli altri.  Alcuni di loro realizza razionalmente che il loro malessere deriva dalla società o dal relazionarsi con altre persone, allora decide di chiudersi nelle proprie stanze o case, a volte per moltissimi anni, qualcuno per sempre. Preferiscono condurre la propria esistenza tra le mura domestiche, lavorando tramite il computer e nell’indifferenza di quanto accade nel mondo esterno.

Il ruolo di Internet

Questo stile di vita potrebbe far pensare che sia inevitabile sviluppare nel tempo una dipendenza da internet, ma non è così. Il fenomeno nasce negli anni ’80, epoca in cui internet non faceva ancora parte della quotidianità e non era accessibile da casa. Il tempo si impiegava leggendo o guardando la televisione, ma oggi sicuramente avere facile accesso al web ha permesso al fenomeno di crescere notevolmente.

La rete, infatti, svolge per una persona completamente isolata, due funzioni fondamentali: da un lato istruisce ed intrattiene, mentre dall’altro consente di mantenere un ultimo contatto con gli altri ed il mondo esterno. L’assenza di internet non cambierebbe la scelta di queste persone. Sembra infatti che spesso abbiano deciso di vivere fuori dalla società spinti da un sentimento doloroso ed ingombrante di vergogna. In tal caso comunicare attraverso internet permette loro di interagire in modo più semplice, perché libera dall’impaccio del corpo e da un’ingombrante immagine di sé.

Le famiglie

Quando una famiglia vede un figlio seppellirsi nella propria stanza, il primo sentimento è di stupore e di disorientamento. Qualche genitore tenta, anche insistentemente, ti tirarlo fuori con la forza della persuasione, con la violenza fisica o con minacce. Ma sono sforzi destinati a fallire. Come si più pensare di costringere una persona che vive un disagio così grande ad affrontare la sua più grande paura con la forza? L’unico approccio possibile  è un avvicinamento lento e graduale. È necessario interrompere per un attimo la pressione e cercare il dialogo, se necessario anche attraverso internet, con il proprio figlio. Lo scopo è quello di scendere in profondità e scoprire i reali motivi della sofferenza e scegliere insieme i passi da fare per un recupero emotivo che permetta il reinserimento graduale nella società.

Nel nostro paese l’associazione Hikikomori Italia, con un’analisi dettagliata di tutti gli aspetti psicologici del fenomeno, testimonianze video e un rapporto continuo sia con i genitori che con i ragazzi, sostiene e accompagna moltissimi genitori e moltissimi giovani in questo difficile e delicato percorso.

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