
L’Italia non è un paese per giovani, ma neanche un paese in cui è facile invecchiare. Dall’ultimo bilancio dell’Istat si nota un’importante recessione demografica; sembra che tra meno di trent’anni la popolazione tra i 15 e i 65 anni sarà circa la metà del totale, significa 6 milioni di persone in età lavorativa in meno rispetto ad oggi. Questo comporta una serie di gravi conseguenze, la prima delle quali è l’impossibilità di sostenere l’attuale sistema previdenziale.
L’Italia, un Paese senza culle
Nel biennio 1917/1918 sull’Italia incombeva la Grande Guerra, che aveva causato un tale numero di morti da poter essere annoverata tra i conflitti più sanguinosi della storia dell’umanità e la nazione era afflitta da una pericolosissima e mortale influenza, passata ai posteri con il nome di “epidemia spagnola”. In quegli anni l’Italia dovette affrontare un gravissimo declino demografico, che da allora non si è più verificato. Fino ad oggi. Il documento Istat infatti parla di “record negativo delle nascite nel 2018, il livello più basso dall’Unità d’Italia.”
Mentre nel mondo la popolazione aumenta esponenzialmente, in Italia continua a diminuire. Nel 2018 si contano 124 000 persone in meno dell’anno precedente e le nascite sono diminuite di mezzo milione. Questo declino è una tendenza già in atto dal 2015 e le cause sono molteplici. In primo luogo tra il 2008 e il 2017 la popolazione femminile è diminuita sensibilmente: meno donne in età fertile e quindi meno bambini. Da quello che risulta non sembra che le coppie italiane non desiderino figli, anzi. Purtroppo, però, a causa della difficile contingenza economica tendono a rimandare ad un momento che auspicano più florido, ma poi sono costrette a rinunciare, perché non riescono mai a raggiungere un tenore di vita stabile e sicuro.
L’immigrazione all’interno della recessione demografica
La recessione demografica in passato è stata spesso rallentata dalla crescita di cittadini stranieri, senza i quali sarebbe già iniziato negli anni ’90. Oggi però, anche l’immigrazione ha subito una brusca contrazione dovuta alle ripercussioni economiche della crisi del 2008. Nonostante la grande eco mediatica che gli ingressi hanno, sono molto diminuiti rispetto al passato. La popolazione straniera in Italia invecchia con la conseguenza che non diminuiscono solo i bambini nati da due genitori italiani, ma anche quelli nati da un genitore italiano e uno straniero. Il problema principale è che sono più gli italiani che lasciano il paese che gli stranieri che scelgono l’Italia come propria meta lavorativa. Un saldo migratorio fortemente positivo, ad esempio, ha consentito alla Germania – che, come noi, ha una popolazione in progressiva diminuzione – di ottenere una crescita demografica che la porta in linea con Paesi come la Francia e il Regno Unito.
Il sistema pensionistico in pericolo
«Con la crescita zero il paese invecchia. Fra poco avremo un pensionato a carico di ogni disoccupato» – Altan
Per chi vive in una grande città probabilmente sarà più difficile accorgersene, ma esistono molti paesi in Italia che stanno letteralmente scomparendo. Molti giovani, nel momento stesso in cui percepiscono la possibilità di andare via, emigrano e spesso scelgono una meta al di fuori dai nostri confini. I paesi restano popolati solo da anziani. Non si sa quanto questo fenomeno potrà aumentare nel corso del tempo, si parla del cosiddetto longevity risk. Il nostro è un sistema contributivo, finanziario a ripartizione, cioè è strutturato in modo tale che chi lavora paga con i suoi contributi la pensione a chi ha lavorato prima di lui. Ma cosa succede quando ci sono pochi giovani, molti dei quali disoccupati o all’estero?
Anche se la riforma Fornero ha ridotto il problema spostando l’età di accesso alla pensione, ancora non è stato fatto abbastanza. Poiché il periodo di inattività, che va dal momento in cui si va in pensione fino alla morte, è aumentato, mentre i giovani entrano nel mondo del lavoro sempre più tardi, non è possibile considerare questo sistema sostenibile ancora a lungo. Tra l’altro dall’inizio degli anni ’90 la pensione viene pagata sulla base dello stipendio degli ultimi anni piuttosto che sulla base dei contributi effettuati. Quindi il più delle volte il totale dell’ammontare della pensione è superiore ai contributi effettuati. Mantenere un tale sistema pensionistico significa far ricadere questi oneri sulla fiscalità oppure sul debito pubblico.
Il problema economico italiano
«Dietro ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa» – Peter Druker
Molte sono state le soluzioni proposte per risolvere la recessione demografica e il problema economico dell’Italia. Ma se è vero che le strutture economiche determinano quelle sociali, bisogna trovare l’audacia di guardare le falle del nostro sistema economico. I motivi per cui tanti giovani italiani restano senza lavoro, il motivo per cui tanti altri – molti dei quali laureati – scelgono di spendere le loro vite, le loro energie e le loro competenze all’estero, il motivo per cui giovani coppie innamorate versano in un tale stato di precarietà lavorativa da non credere di poter crescere un figlio sono economici. È quindi tempo di decisioni importanti. E servono persone in grado di prenderle.