Tra le conoscenze storico-musicali del mondo, un contributo di immensa genialità viene riconosciuto a Carl Orff, compositore tedesco di grande fama, conosciuto per aver dato vita all’opera immortale “Carmina Burana” tra il 1935 e il 1936.
A distanza di quasi sette secoli, l’opera è basata su alcune parti di un omonimo manoscritto duecentesco. Conosciuto col nome di Codex Latinus Monacensis 4660 o Codex Buranus, comprende ben 228 componimenti poetici di temi vari, cui ricostruzione melodica è stata possibile solo per 47 di essi.
Cosa rende speciale ‘Carmina Burana’, tramandata nel tempo e arrivata fino ad oggi
Come la maggior parte degli scritti medievali, non ne conosciamo i fautori, ma sappiamo che i testi sono stati composti da diversi goliardi o clerici vagantes, studiosi nomadi che giravano l’Europa in cerca di studi da poter approfondire. Da questo si può dedurre che le opere siano state scritte secondo il carattere e i gusti di più di una persona. Ecco perché i temi sono così diversi e variano da argomenti amorosi a satirici, da moralistici sacrali a canti bacchici e conviviali. I testi sono stati scritti secondo un profondo amore per la conoscenza, e non si curano di rispettare adeguati canoni morali. Risaltano infatti parodie blasfeme e il rifiuto categorico per qualsiasi forma di ricchezza, tra cui anche lo stile di vita degli uomini di Chiesa e della curia romana.
E qui si ritorna ai versi iniziali di “O Fortuna”, prologo, chiusura e forse il brano più celebre dell’intera composizione.
«O Sorte,
come Luna
sei sempre variabile!
Sempre cresci
o decresci
O Fortuna,
velut Luna
statu variabilis!
Semper crescis
aut decrescis»
La ruota della Fortuna in ‘O Fortuna’
Il tema coincide con la volontà imprevedibile della Dea Fortuna, la cui ruota non è mai statica, favorisce e nega allo stesso tempo e non è mai un bene rimanere a crogiolarsi nelle virtù terrene e materiali che sembra regalare. Questo concetto, che può risultare anche abbastanza estemporaneo, rappresenta uno sguardo critico che trova perfetta consonanza nell’attuale società. Simbolo forse dei continui corsi e ricorsi storici vichiani? O di un problema seppellito tra la polvere del tempo, che ha continuato a nutrirsi dell’ingenuità e dell’avarizia sociale, mai sradicato dalla collettività del genere umano?
Oltre al prologo, la struttura della composizione è divisa in tre parti formate da diversi brani. Nella prima parte si celebra la primavera, ossia il “Veris laeta facies”; nella seconda “In taberna” si hanno per lo più canti goliardici; e nell’ultima, “Cour d’amours”, si celebra l’amore puro e sono presenti cori di grazie alla fanciulla.
Il genio di Carl Orff nella composizione di Carmina Burana
La particolare bravura di Carl Orff è stata la composizione completamente autonoma basata sulle poesie contenute nel manoscritto, le quali avevano già un adattamento musicale ma erano scritte in notazione pneumatica libera senza pentagramma, e mancavano dunque di una qualsiasi indicazione che ne specificasse il ritmo e l’armonia.
L’adattamento teatrale dell’artista tedesco richiede un gran numero di strumenti e un’orchestra numerosa, nonché due cori, uno formato interamente da voci bianche e un altro misto, formato da almeno tre solisti: baritono, soprano e tenore. La struttura dell’orchestra è invece formata da svariati strumenti a fiato (flauti, oboi, clarinetti), archi, due pianoforti, ottoni (corni, trombe, tromboni e tuba bassa) e infine necessari strumenti a percussione. Sono infine utilizzati anche strumenti più piccoli e impensati come nacchere, sonagli, campane e tam-tam!
Da tutto ciò ne deriva un intensa vitalità che avvolge e cattura il pubblico, lo attira a sé verso un clima medievale dove tutti, popolo, chiesa, fortunati e meno, vengono ritratti in scene quotidiane della vita dell’epoca. In particolare, i quieti momenti di staticità strumentale e di pianissimo si susseguono quasi immediatamente a momenti di intensità vocale in maniera subitanea e inaspettata, che ci mostra in realtà un gioco di ironia burlesca già organizzato in precedenza.
Il capolavoro di Carl Orff è stato eseguito anche in Italia, per la prima volta nel 1942 alla Scala di Milano, e la sua fortuna non è ancora svanita, verrà tramandato per secoli come opera immortale del repertorio satirico musicale del mondo.