Gioachino Rossini. Chef musicista insaziabile di cibi e note

Gioachino Rossini. Chef musicista

Il cigno di Pesaro Gioachino Rossini nasce il 29 di febbraio del 1792, musicista e chef. Lasciati all’acme della sua giovane e fortunatissima carriera sia il teatro che la stessa Italia, morì a Parigi nel 1868. Indiscusso fu il valore musicale del giovane compositore, che lavorò contemporaneamente per diversi teatri italiani, tra i quali quelli di Venezia, Roma e Napoli.

«Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di quest’opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma di una bottiglia di champagne. Chi la lascia fuggire senza averne goduto, è un pazzo.» – Gioachino Rossini, chef e musicista

Gioachino Rossini chef tra spartiti e fornelli

È giustamente ricordato come il compositore della famosa tarantella “La danza” e de “Il barbiere di Siviglia” del 1816, che lo portò anche al vivace scontro musicale con il maestro Giovanni Paisiello – aveva già composto un’opera con lo stesso titolo -. Il celebre artista marchigiano fu per bravura ed apertura caratteriale il compositore più apprezzato e conosciuto della sua epoca. L’abilità musicale non fu il suo unico pregio, perchè Rossini fu un grande personaggio anche a livello culinario. Chef gourmet ed esperto di vini, era pronto a sperimentare in cucina esattamente come faceva nella sua stessa musica.

Note e cucina si sposarono nei suoi rinomati sabati musicaliIncontri artistici in casa propria dove la musica veniva accompagnata dai suoi piatti e dal suo vino, una sorta della moderna cena-spettacolo. La casa pullulava di amici cantanti, compositori, belle artiste e mai mancava il grande amico violinista Niccolò Paganini, con cui pare amasse combinare diversi scherzi. A proposito del maestro violinista e della sua compiaciuta fame, Rossini lasciò tra i suoi tanti aneddoti una frase emblematica.

«Ho pianto tre volte nella mia vita: quando mi fischiarono la prima opera, quando sentii suonare Paganini e quando mi cadde in acqua durante una gita in barca un tacchino farcito ai tartufi.»

Pare infatti che questa succulenta e calorica ricetta fosse stata uno dei suoi piatti preferiti tanto che a riguardo scrisse: «per mangiare il tacchino bisogna essere in due: io e il tacchino.» Come per le sette note musicali, Rossini fu l’ideatore di sette piatti che si ritrovano ancora nella cucina regionale marchigiana e in quella francese.

Il menù alla Rossini

“L’insalata alla Rossini” è una sorta di miscuglio di olio di Provenza, mostarda inglese, aceto di Francia, limone, pepe, sale e tartufo a pezzetti. Rossini ne scrive a proposito: «il cardinale segretario di Stato mi ha impartito per questa scoperta, la sua apostolica benedizione.» “I macheroni/maccheroni alla Rossini” furono un’altra fierezza culinaria del cigno di Pesaro. Sotto propria dettatura il 26 dicembre del 1866, così faceva scrivere. «Per essere sicuri di poter fare dei buoni macheroni, occorre innanzitutto avere dei tegami adeguati. I piatti di cui io mi servo vengono da Napoli e si vendono sotto il nome di terre del Vesuvio.»

La lunghissima preparazione della ricetta consta di quattro fasi. Si comincia con la cottura della pasta cotta in brodo. La salsa era preparata in un tegame di terracotta che mescola burro, parmigiano, brodo, funghi secchi e tartufi a prosciutto, spezie, odori vari, panna e due bicchieri di champagne. A seguire la preparazione a strati, laddove ogni strato viene ulteriormente ricoperto di parmigiano, gruviera e burro. Si aggiunge la salsa suddetta e la gratinatura, che deve far dorare il piatto dandogli la giusta consistenza.

7 piatti da riscoprire

“I tournedos alla Rossini” erano un’altra specialità del Maestro. Pare che il nome del piatto ricordasse come il suo maggiordomo fosse costretto a tourner le dos, cioè a dare le spalle/ a scappare affinchè i commensali non gli richiedessero il segreto della lavorazione di tanta bontà. Manzo con tartufo nero e fois gras erano gli ingredienti fondamentali. Poi si aggiustava con burro, olio d’oliva, sale, pepe, tartufo nero, tre cucchiai di Madeira – un vino liquoroso portoghese – maizena e brodo di pollo. Rossini consigliava anche il vino adatto: l’amarone.

Non vanno poi dimenticate il “Consommè di coda di bue al tartufo” e gli “Spaghetti alla Scala”, sempre onoranti il suo tartufo. La torta “Gugliemo Tell” è in onore di una sua opera lirica. A base di mele caramellate glassate e decorata, presenta una balestra ed una mela di zucchero trafitta da una freccia d’argento, atta a riecheggiare il celebre racconto. Le “Uova alla Rossini” erano invece dei tuorli arricchiti con besciamella e fois gras, racchiusi all’interno di un guscio di pasta sfoglia come una sorta di gustoso nido.

Gioachino Rossini, chef amante di vini e di vita

Al grande Gioachino Rossini chef e compositore si ispira inoltre anche un noto aperitivo “Il Rossini”, un composto di fragol, ghiaccio e champagne. Provetto enologo, conosceva bene i processi inerenti alla vinificazione, alla conservazione ed all’ imbottigliamento del vino. In una  lunga lettera scritta al padre – soprannominato scherzosamente Vivazza – il compositore illustra il sistema per chiarificare il Bordò aggiungendo preziosi consigli.

«Lascerete riposare il vino otto giorni poscia lo metterete in bottiglie e che vi sian quasi due dita di distanza tra il turacciolo ed il vino, essendo questa aria necessaria… vedete caro Vivazza che per bere qualche buona bottiglia bisognerà aspettare almeno sei mesi… i turaccioli di sughero prima di metterli sulle bottiglie hanno bisogno di essere bagnati con dell’acquavite per evitare che il turacciolo secco non dia un cattivo gusto al vino…»

Gioachino Rossini, chef, gioviale bon vivant, amante del cibo, del vino e delle donne, lascia il retaggio del suo grande genio musicale e quello di un uomo buono. Aperto e cordiale, era sempre pronto ad aiutare il prossimo, ma non senza strani tratti di ipocondria e depressione che lo accompagnarono fino alla morte causata da un cancro al colon, dovuto proprio ai suoi stravizi alimentari. Insaziabile di musica e di vita, riusciva ad ingurgitare ben dodici bistecche una dopo l’altra.

 

Autore: Cira Scoppa

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