“Le quattro stagioni. Autunno” di Vivaldi
Al lento cadere delle foglie secche, al pigro ingiallire della natura stanca, l’inconfondibile voce del violino solista ci riporta a “Le quattro stagioni. Autunno” di Vivaldi, terzo concerto del ciclo.
Insieme ai suoi fratelli, l’”Autunno” fa parte della raccolta di 12 concerti per violino “Il cimento dell’armonia e dell’inventione”. A differenza degli altri tre, quest’opera si sviluppa su due piani viaggianti in parallelo: il tema che l’autore racconta nell’adiacente sonetto descrittivo e il tema musicale avvertito dall’orecchio, che come vedremo presenta più che un’interessante particolarità sonora, soprattutto nel movimento centrale dell’opera.
Indice dei contenuti
Primo movimento. Ballo e canto della vendemmia
Anche in questo caso l’opera è divisa in tre movimenti – Allegro, Adagio molto e Allegro -, ognuno dei quali è la rappresentazione dei vari aspetti dell’Autunno con il violino come strumento musicale.
«Celebra il Vilanel con balli e Canti
Del felice raccolto il bel piacere
E del liquor di Bacco accesi tanti
Finiscono col Sonno il lor godere»
Nel primo movimento de “Le quattro stagioni. Autunno” di Antonio Vivaldi si festeggia l’abbondanza dei doni terreni di questa stagione. I contadini festeggiano il buon raccolto di vino con un grande banchetto. In questa scena bacchica si beve e si fa festa e alla fine tutti, giovani e adulti, finiscono addormentati e storditi tra i fumi dell’alcol. Il passaggio tra la scena della festa e quella del sonno è cruciale, e richiede al violino un notevole virtuosismo.
Secondo movimento. Dormienti ubriachi
L’adagio del secondo movimento è forse uno dei momenti più espressivi e poetici dell’intera raccolta. Vivaldi vuole che si rappresenti a fondo l’atmosfera trasognata ed ebbra, in cui tutti i contadini sono oramai rapiti da Morfeo e anche l’alba è già quasi sorta. Tuttavia la musica dallo stampo armonico incredibilmente moderno sembra quasi estraniarsi dall’andazzo del resto della composizione, lasciando intendere all’ascoltatore che il tutto si stia svolgendo su un piano estemporaneo a quello della realtà.
In special modo il ruolo del violino cambia. Non lo sentiamo più esibirsi in brillanti virtuosismi, ma quasi in una melodia sottofondo, in preparazione di un’armonia principale che però non subentra mai. Il filo musicale si rivela dunque pressoché inconsistente. Come succede spesso nei sogni, non riusciamo a seguirne il senso e si muove in direzioni controllate dalla mente e di conseguenza impossibili da prevedere.
La parte più interessante è quella degli accordi, che si muovono in maniera contrapposta. La parte del conscio è rappresentata dalla voce più acuta dei violini, che cerca di “chiudere” la melodia sulla definitiva nota di risoluzione. Tuttavia viene sempre condizionata dalla parte del basso (subconscio), che crea altri accordi dissonanti in cerca di una perenne conclusione. Questa tecnica è incredibilmente avanguardista e ancora una volta conferma il genio di Vivaldi, che la riutilizzerà per l’Opera n.10 del suo concerto intitolato appunto, “Il Sonno”. Il parziale compimento dell’armonia porta l’orecchio attento in uno stato di malinconia in eterno movimento, quasi come se si fosse a bordo di un treno e l’unica opzione possibile fosse guardare il paesaggio scorrere dal finestrino senza essere capaci di scendere o di fermarsi. La realtà sembra anzi bruscamente riprendere velocità con i martellanti ritmi della caccia.
Terzo movimento. La caccia
«I cacciator alla nov’alba à caccia
Con corni, Schioppi, e cani escono fuore
Fugge la belva, e Seguono la traccia;
Già Sbigottita, e lassa al gran rumore
De’ Schioppi e cani, ferita minaccia
Languida di fuggire, mà oppressa muore.»
Con l’ultimo movimento in “Le quattro stagioni. Autunno” di Vivaldi si ripresenta infine la caducità della vita in Autunno dal violino triste e malinconico. I cacciatori sono ormai nel bosco, i cani abbaiano con furia, mentre l’offuscamento del sonno lascia il posto alla corsa disperata di una nobile cerva femmina. Qui il violino, in un disarmante susseguirsi di note, sembra esprimere ora la boria feroce dei cacciatori sempre più vicini alla preda, ora il triste tentativo dell’animale di mettersi in fuga. Tra rapide note arpeggiate che variano velocemente, prima frettolose, poi riprendendo la marcia del tema principale, si insidiano sentimenti contrastanti fino alla chiusura sempre più tenue in cui, secondo il sonetto, non c’è più via di scampo per il fiero animale.
“Le quattro stagioni. Autunno” di Antonio Vivaldi
Ecco che l’evento triste di un essere rappresenta la gioia incontrollata di un altro. Ecco che il ciclo contrastante si torna a chiudere. La dicotomia di elementi tanto opposti (felicità-baccanale/sonno profondo, la vittoria dei cacciatori/la sconfitta della vita) si sussegue come un animale che si morde la coda, in un circolo che rappresenta da sempre l’essenza del Tempo come della Vita. L’Autunno, dal violino narrato, raggiunge la sua completezza. Solo un maestro come Vivaldi avrebbe potuto rendere un concetto tanto sfuggente alla portata dell’orecchio di tutti, donando forma e colori della Natura attraverso la musica.
Le quattro stagioni – Autunno – Vivaldi
“Le quattro stagioni. Autunno” di Vivaldi. Il ciclo del tempo