“Alaska” dei Fast Animals and Slow Kids. Un viaggio da scoprire

"Alaska" dei Fast Animals and Slow Kids

In una vita piena di incertezze e assillati da troppi “perché”, spesso diventa difficile indagare se stessi. Trovare un senso ed una strada da seguire può sembrare quasi impossibile a volte ed è in momenti come questi che la musica può venire in nostro aiuto. “Alaska” dei Fast Animals and Slow Kids, può essere un faro nella notte per molti giovani. È un disco completo con canzoni che spaziano da quelle più riflessive, da ascoltare in religioso silenzio, a quelle più “cattive”. Ha tutte le carte in regola per diventare una bussola ideale da seguire nei momenti di difficoltà.

“Alaska” dei Fast Animals and Slow Kids in viaggio

Overture” ci sveglia, descrive il lasso di tempo in cui decidiamo di partire, abbandonando tutto. Con questi suoni dati da leggeri archi e bassi elettrici, IL brano racconta i momenti in cui si chiudono gli occhi e ci si riposa, quando ci si lascia un po’ andare stando distesi, magari, sotto un cipresso sentendo la brezza leggera sul viso.

Dopo questi attimi di calma arriva l’istante di sconforto, l’urlo, con la voce potente e disperata di Aimone Romizi. Ci si rivolge «a Dio, agli amici più grandi, a tutta la terra» per trovare un astratto appiglio e sconfiggere i nostri – tanti – talloni d’Achille, ci si sente piccoli e fragili avendo il “Mare davanti” al punto da non vedere più «nessuna speranza, ma solo la notte.»

I Fast Animals and Slow Kids in “Alaska” si chiedono come reagire al presente e rispondono con una batteria decisa e una chitarra, prima presente, poi quasi impercettibile. Quella «statua rivestita d’apparenza che chiamiamo vita», fa illudere di appartenere alla «schiera dei perdenti», fa credere di aver bisogno di una “Coperta” per nasconderci. «Non volevo tuffarmi, per paura di affogare», canta Aimone Romizi, sempre con quel suo possente timbro vocale ma celando nella voce una latente e leggerissima vergogna nell’ammettere che la vita ha la forza di sovrastare, bloccare in bilico fra tutte le scelte e le consapevolezze da digerire.

Il cinismo aiuta a sopravvivere

Ma poi la svolta arriva, il cinismo verghiano utile alla sopravvivenza incombe e fa crescere, rende consapevoli che di questa vita siamo noi i veri padroni. Iniziamo a sbeffeggiare la nostra esistenza, ad assumere verso di lei un atteggiamento quasi leopardiano: promettiamo prima di esserle amici, per poi sfoderarle «una lancia nel costato, tra fegato e reni». L’assolo di chitarre e batteria in “Te lo prometto” dà una carica, una vitalità sorprendente, che non sapevamo di possedere fino a qualche attimo prima. E questa particolare energia si accentua quando viene chiesto alla vita «l’ennesimo calcio in faccia», per renderci forti e vigorosi, comunque sanguinanti ma formati, cresciuti e prestanti.

Le ultime tre tracce dell’album, molto diverse e articolate, hanno un leitmotiv che le unisce: la vincita di questa battaglia continua che strugge e sfianca. Vita, abbiamo vinto. «Anch’io so come farti male», dice “Con chi pensi di parlare“, che già dal titolo denota una velata superbia, così come “Odio suonare“, che nonostante i versi di lieve disagio – «Scusate ho paura, io l’ho sempre avuta» –, racconta del cinismo che diventa Virgilio, la nostra guida, un cinismo che «usiamo come cavia, per renderci peggiori e per perdere colore». Infine, “Il vincente“, forse la canzone più stimolante dell’intero album per i pensieri espressi, ci fa alzare in alto la coppa: sì, è proprio vero, abbiamo vinto questo «gioco a premi che è la vita». Diventiamo davvero i vincenti «da inondare con il vino per festeggiare.»

“Alaska” con la laber Woodworm ha compiuto 4 anni

Il viaggio è finito, dopo botte, ferite e disgrazie. L’album finisce così, con “Grand Final“. L’ultima vera riflessione. L’anello che chiude la catena, tra suoni dapprima dolci, poi più aspri. Chiediamo aiuto a nostro padre, a nostra madre: è il momento in cui capiamo che in questa giungla non siamo da soli. Che la rinascita può avvenire davvero.

«Ora con me, gli stolti e i perdenti. Per farci forza, in questa guerra. Siamo il male da estirpare. Siamo santi senza chiese, ma di fronte alla morte, noi siamo di più. Ma di fronte alla morte, noi siamo di più.»

Ma resta una pietra miliare, un lavoro sudato, un timone, un fedele compagno in quei momenti no, in quei momenti in cui si vorrebbe solo sparire facendo perdere le nostre tracce. Eppure no, i Fast Animals and Slow Kids ci chiedono insistentemente di «ricordarci di loro tra trent’anni». Forse è il caso di essere ricordati, non dimenticati. La nostra esistenza non è fredda come l’Alaska: è tiepida, leggera, come il sole che fa capolino tra le nuvole d’inverno.

Tracklist (38 min):

1. Overture
2. Il mare davanti
3. Come reagire al presente
4. Coperta
5. Te lo prometto
6. Calci in faccia
7. Con chi pensi di parlare
8. Odio suonare
9. Il vincente
10. Grand Final

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