
A distanza di un anno e mezzo dalla sua ultima release, l’auto proclamato e chiacchieratissimo messia del rap torna con un nuovo, azzardatissimo disco, spostando ancora una volta l’asticella verso l’alto: “JESUS IS THE KING” di Kanye West.
‘JESUS IS KING’ di Kanye West è un disco senza precedenti
Dopo una decade piuttosto omogenea – per non dire piatta – negli ultimissimi anni il mondo del rap ha finalmente visto nascere veri e propri rivoluzionari del calibro di Kendrick Lamar, Anderson Paak o FKA Twigs. In un mercato del genere l’inossidabile 42enne è riuscito ancora una volta a ristabilirsi al vertice dei trend topics di mezzo mondo. In quest’occasione ciò non è dovuto tanto al gossip che abitualmente lo circonda – soprattutto per le sue a dir poco controverse vicende social – e nemmeno al titolo a dir poco emblematico del suo ultimo lavoro, ma proprio al disco e al suo contenuto. Perché non parlare di “JESUS IS KING” nell’ultimo periodo è letteralmente impossibile.
Si fa notare sin dalle prime note, questo disco. Spiazza tutti con i suoi cori e i suoi organi da chiesa, cattura inevitabilmente l’attenzione e ti fa chiedere “Ehi ma cosa sto ascoltando?”. E in un movimento comunque in forte evoluzione e pieno di novità com’è quello della black music, JIK riesce a distinguersi proprio come l’incontenibile personalità del suo imprevedibile artefice. Pochi infatti oserebbero, alle soglie del 2020, affidare un album di destinazione mainstream alle più classiche ed inconfondibili sonorità gospel. Ancor meno oserebbero abbinare questa vibe così spiccatamente retrò a suoni esageratamente contemporanei e innovativi. E a giudicare dall’esordio al primo posto della Billboard 200, possiamo affermare senza alcuna paura di smentita che l’intuizione di Kanye West sia stata a dir poco vincente.
Ma se nell’arco degli ultimi vent’anni sono stati versati fiumi e fiumi di inchiostro, digitale e non, per raccontare soprattutto il personaggio Kanye, molti meno ne sono stati adoperati per analizzare e rendere giustizia alla grandezza musicale del visionario artista di Atlanta.
In perfetto equilibrio tra sermoni e rap
Il primo minuto e cinquantadue di “Every Hour” non può che richiamare alla mente le proverbiali danze scatenate dei sermoni battisti, in quella che idealmente è la navata principale attraverso cui Kanye West ci accompagna all’interno del suo controverso mondo di fede e di ritorno alle radici, di amore cristiano e di rabbia. Rabbia che esplode già dal secondo brano, “Selah”. Il titolo stesso è una parola ebraica che, alla fine dei versi contenuti nel Libro dei Salmi, richiama alla riflessione riguardo le parole appena ascoltate e allo stesso modo spesso preannuncia l’inizio delle parti musicali. Come quella che subito inizia con le sferzanti strofe in cui Kanye sbandiera il suo temperamento irascibile e a tratti narcisista, con orgoglio e senza voler minimamente dar l’impressione di giustificarsi.
«When I get to Heaven’s gates | I ain’t gotta peak over | Keepin’ perfect composure | When I scream at the chauffeur | I ain’t mean, I’m just focused»
Di tutta risposta, un coro gli fa eco gridando «Hallelujah» e in un certo senso legittima quello che per molti è un comportamento da mitomane, ma che secondo molti altri, al contrario, nasconde una sensibilità – artistica e non – più unica che rara. Sensibilità che si manifesta anche e soprattutto nella scelta del sample che apre “Follow God”. Tratto da “Can You Lose By Following God”, classico dei Whole Truth, cantato da Johnnie Frierson nel 1974.
«Father, I stretch | Stretch my hands to You – Padre, io alzo le mani a te»
L’inizio di una preghiera che ha il retrogusto di una confessione, nella continua ricerca di ascolto e comprensione, di umanità e cristianità, che se associato al personaggio Kanye di certo lascia interdetti, ma anche incuriositi. Costringe ad andare avanti ad esplorare la complessità di “JESUS IS KING”.
Un viaggio verso il Paradiso tra gospel, trap, soul ed elettronica
Un pellegrinaggio dalle mille sfaccettature, tra citazioni bibliche presenti in pressoché tutti gli 11 brani, canti religiosi, campionamenti vintage, stravolgimenti inaspettati di generi e linguaggi. Un percorso lungo il quale incontriamo gli arpeggi di chitarra classica di “Closed on Sunday”, gli organi da cattedrale rivisitati in chiave sintetica, ancor più celestiali e potenti di “On God”. I beat trap “Everything We Need”, subito prima del ritorno alle sonorità soul del passato di “Water”. E ancora, altri campionamenti vintage con “God Is”, che riprende il refrain dell’omonimo brano di James Cleveland e del suo “Southern California Community Choir” e poi il vocoder e i pad elettronici di “Hands On”.
Brano simbolo di ‘JESUS IS KING’ di Kanye West, il penultimo della tracklist, è senza dubbio “Use This Gospel”. Un’armatura che Kanye West ci regala, una preghiera per difenderci e continuare a scalare la vita fino al Paradiso.
«Use this gospel for protection | It’s a hard road to Heaven | We call on Your blessings | In the Father, we put our faith.»
Dimostrazione pratica che, per quanto testardi ed orgogliosi possiamo essere, il bisogno di supporto e di aiuto è qualcosa che tutti, prima o poi, dovremo ammettere di avere. Proprio come lo stesso Kanye dichiara nel brano che chiude la sua ultima fatica artistica. “Jesus Is Lord” è la preghiera in cui si rifugia, e la sua personale Fede religiosa in Gesù è ciò che gli consente di trovare la forza e la determinazione per andare avanti. E, chissà, per continuare per altri vent’anni ancora a sfornare capolavori del genere.