Jim Morrison. Il maledetto sciamano del rock

Jim Morrison
Jim Morrison sulla copertina del singolo “Unknown soldier” del 1968

James Douglas Morrison, meglio conosciuto come Jim Morrison, nasce a Melbourne l’8 dicembre del 1943. Come altre leggende del rock, Kurt Cobain, Jimi Hendrix e Janis Joplin, rientra anche lui nel novero del Club 27, l’insieme degli artisti rock morti a 27 anni.

Icona del rock, poeta e carismatico leader di “The Doors”, è stato uno degli artisti più importanti e controversi della storia della musica con una vita dedicata interamente all’arte e alla protesta. Ancora oggi è ricordato come uno dei volti principali della protesta giovanile degli anni Sessanta proprio per il suo costante impegno, a volte anche estremizzato, nello spronare la gente ad abbattere le proprie barriere mentali e inibizioni personali. Anche il suo look trasgressivo e senza tempo, è diventato un modo per sottolineare la ribellione tipica di quel periodo. 

Con lui la musica abbandonò tutto ciò che c’era di accondiscendente verso la società: dalle facili armonie dei Beach Boys ai vestiti da damerini dei Beatles. Solo James Dean negli anni ’50 aveva incarnato così incisivamente il ruolo di selvaggio ribelle verso l’establishement americano.

Jim Morrison. Lo sciamano del rock

Jim è un ragazzo molto timido e introverso, con un’infanzia vissuta in continuo movimento a causa del lavoro del padre, ammiraglio della Marina degli Stati Uniti. I ripetuti spostamenti e il rigore che regnano in casa, sviluppano in lui una personalità insofferente alla disciplina, agli schemi precostituiti della società borghese e un senso di alienazione da ogni luogo, senza punti di riferimento e amicizie solide. Nel 1960, Jim cambia profondamente, assumendo un look trasandato e un comportamento cupo e trasgressivo. Alla fine della scuola non si presenta alla cerimonia dei diplomi, facendo infuriare il papà e a 19 anni chiude definitivamente i rapporti con i suoi genitori, arrivando a dire che sono morti. Ne segue una vita sregolata e piena di eccessi. Un suo professore dell’Università dice che Jim «Era il tipo che, quando intuisce che qualcosa ha un potenziale distruttivo, si avvicina, l’annusa e si scalda le mani a quel fuoco».

Cerca di superare i propri limiti, di esplorare ciò che non conosceva. Il suo motto è “Break on through!” – titolo del primo singolo dei Doors -, cioè aprirsi un varco verso ciò che può sembrare oscuro e ignoto per poter giungere all’assoluta libertà. La sua anima irrequieta ricerca mondi metafisici e spirituali anche attraverso sedute spiritiche in qualità di Sciamano. Racconta, infatti, che a 4 anni, attraversando il deserto in auto, vide un incidente stradale le cui vittime erano nativi americani e crede che gli spiriti di quegli indiani siano entrati nel suo corpo donandogli una particolare sensibilità.

Anche durante i concerti Jim Morrison si trasforma nello Sciamano, diventando sul palco un punto di contatto tra il mondo reale e quello sovrannaturale. La sua voce dolce e calda diviene rauca e profonda, il suo corpo si muove in modo sensuale e arrogante, i suoi occhi, di solito attenti e vigili, diventano vacui e lontani. Emette suoni animaleschi, urla gridi di dolore. I suoi vestiti di pelle scricchiolano per i gesti spasmodici e frenetici, come se sia in preda ad una crisi epilettica. Sembra proprio un indiano che danza e trasporta le persone in una specie di rito, di estasi. In questi live, Jim Morrison stringe un rapporto perverso con i suoi fan dettato il più delle volte dall’eccessivo uso di alcool e droga. Li istiga, provoca e spesso insulta per incoraggiarli a superare le convenzioni sociali e le inibizioni personali. 

«Sul palco Jim diventava lo Sciamano. Nel corso dell’esibizione, cantava dei miti moderni, e come uno sciamano evocava un panico sensuale per rendere significative le parole di questi miti. Agiva come se un concerto fosse un rito, una cerimonia, una seduta spiritica, e lui era lo strumento per la comunicazione con il sovrannaturale. Tentava di strappare gli spettatori dai loro posti a sedere, dai loro ruoli, dalle loro menti, così che potessero vedere l’altro lato della realtà, anche solo per una breve occhiata. Il suo messaggio era: apriti un varco comunque ti sia possibile, ma fallo adesso. Spesso il messaggio era sfocato e così si perdeva tra la musica, i miti, la magia e la follia» – Frank Lisciandro, fotografo e suo amico dai tempi dell’UCLAFrank Lisciandro, fotografo e suo amico dai tempi dell’UCLA

La voce inarrestabile dei The Doors

Jim Morrison si iscrive a Cinematografia all’Università della California di Los Angeles all’inizio del 1964, e l’anno dopo getta le basi del gruppo musicale destinato a diventare uno dei più famosi della storia. La leggenda narra che Jim canticchiò alcuni versi di “Moonlight Drive” ad un suo compagno di università, Ray Manzarek, appassionato anch’esso di letteratura e cinema, che intuendo le potenzialità di quel ragazzo gli propose di creare una band. Nascono così i “The Doors”. Il nome non a caso viene scelto da Jim ispirandosi al saggio “The Doors of Perception” di Aldous Huxley, che conteiene una frase del poeta William Blake.

«If the doors of perception were cleansed, everything would appear to man as it truly is, infinite»

La band, grazie anche al vasto repertorio di poesie di Jim, già nel 1966 si esibisce al “Whisky a Go Go”, il music club più noto di West Hollywood. La formazione è un mix dirompente: Ray Manzarek, che suona contemporaneamente la tastiera e il basso, John Densmore batterista dai ritmi più che tumultuosi, e Robbie Krieger che con la sua chitarra spazia dal blues al rock al flamenco. Il tutto era amalgamato dalla voce mistica e sensuale di Jim.

La musica degli esordi è irriverente e tende a una prepotente eccitazione in termini fisici. È concepita infatti per portare le persone «a un orgasmo emotivo attraverso la mediazione di parole e note», come affermò Morrison. I loro concerti diventano così il manifesto di una vita ribelle, da cui nascono anche numerosi problemi con la giustizia. Jim è infatti il primo artista ad essere stato arrestato sul palco. Nel dicembre del 1967, dopo essersi azzuffato con un poliziotto che aveva sorpreso il cantante a fare sesso con una ragazza nel bagno del backstage, Jim Morrison sul palco raccontò al microfono l’accaduto e fu arrestato per atti osceni in luogo pubblico.

L’inizio della crisi di Jim Morrison

L’estate del 1969 segna però l’inizio della crisi dei Doors, identificabile con una crisi di idee di Morrison che vive sempre più isolato, insensibile a ciò che gli accade intorno e incapace di comunicare e collaborare. L’isolamento danneggia gravemente anche la sua popolarità e dal vivo non è più quello di prima. Nell’ultimo concerto del dicembre 1971 a New Orleans, dimostra di essere arrivato alla fine della corsa: ubriaco, stravolto e quasi sempre disteso sul palco. I Doors decisero allora di prendersi una pausa di riflessione dai live e concentrarsi sul lavoro in studio, mentre Jim insieme alla compagna Pamela Courson decide di trasferirsi a Parigi. Non si rivedranno mai più.

L’amore per la poesia

Capire in profondità Jim Morrison è possibile soltanto ascoltando la sua voce, ballando, trasgredendo insieme a lui e leggendo i suoi versi. Un animo tormentato come il suo non poteva limitarsi a fare solo il cantante. Divoratore di libri e acuto osservatore della società, cominciò a riempire blocchetti di appunti e poesie fin dal liceo, anche se la sua prima testimonianza poetica è “The Pony Express”, scritta ad appena 10 anni nella casa di famiglia:

Le parole dissimulano
Le parole corrono
Le parole rassomigliano a bastoni che camminano,
piantale, cresceranno
Guardale ondeggiare come fanno.

La sua poesia è assimilabile a quella dei poeti maledetti come Rimbaud e Baudelaire, che davano scandalo conducendo uno stile di vita sregolato e incitando al rifiuto della morale borghese. Fu influenzato molto anche da William Blake per la sua idea dell’immaginazione che permetteva agli uomini di superare i limiti imposti dai cinque sensi. Anche per Jim lo scopo era simile «If my poetry aims to achieve anything, it’s to deliver people from the limited ways in which they see and feel».

I suoi testi sono popolati da immagini provenienti dalla cultura classica, sciamanica, tribale e beat, dall’esoterismo, dalle opere di narrativa, filosofia e religione, dalla psicanalisi, dalla sociologia e dall’antropologia. Attinge anche dalla vita politica del periodo, in “An American Prayer” sono contenute le sue opinioni sulla presidenza di Nixon. Ai versi di “Celebration of Lizard”, invece si deve uno dei soprannomi più iconici di Jim Morrison: Re Lucertola. L’opera doveva diventare un intero lato di un disco dei Doors, ma il progetto non venne mai realizzato.

Jim Morrison fu incoraggiato a pubblicare le sue poesie, ma le raccolte vennero commercializzate come se fossero altri testi del cantante dei Doors. E infatti, un ufficiale riconoscimento accademico per il “Jim Morrison poeta” non è mai arrivato. La critica ha sempre relegato la sua produzione poetica all’interno di quella musicale, non separando cioè il cantante, animale e provocatore da palcoscenico, dal poeta e viaggiatore.

L’amore: Pamela Courson

Una delle poche certezze di Jim fu la costante presenza al suo fianco di Pamela Courson, una ragazza di ottima famiglia, con un brillante avvenire, prima di votarsi a uno stile di vita hippie e sregolato. Aveva solo 19 anni quando conobbe Jim a Los Angeles. Lunghi capelli rossi, occhi verdi e sorriso malinconico, soffriva di anoressia e aveva una forte dipendenza dall’eroina, ma fu completamente devota a Jim, al punto da annullare le sue ambizioni per lui.

Jim e Pam sono stati simbolo di un amore forte e allo stesso tempo sbagliato. Era un rapporto autodistruttivo, alimentato da droga e alcol, tradimenti e litigi furibondi. Addirittura Jim dette fuoco al camerino in cui lei si era rinchiusa dopo avergli dato un pugno. Ma c’è anche l’episodio narrato nel mondo del rock di quando durante le registrazioni di “You’re Lost, Little Girl”, Jim non riusciva a registrare con il giusto timbro di voce, più delicato del solito. Per risolvere il problema, Pam entrò con lui nella cabina e cominciò a praticare del sesso orale mentre Jim registrava il pezzo.

«Pam era l’altra metà di Jim. Loro due erano una perfetta combinazione, non ho mai conosciuto un’altra persona che potesse essere complementare alla sua eccentricità» – Ray Manzarek

Dopo l’ennesima rottura, nel 1971 Pam fuggì a Parigi. Jim lasciò la band e la raggiunse. Passarono alcuni mesi di pace apparente, fino alla mattina del 3 luglio, quando lei trovò Jim senza vita nella vasca da bagno. Da allora sprofondò nella depressione e morì 3 anni dopo stroncata da un’overdose. Jim l’aveva nominata sua unica erede.

In uno dei periodi di pausa con Pam, Jim si sposò secondo una strana cerimonia celtica, con Patricia Kennealy, una giornalista che aveva affascinato il cantante con la sua insolita personalità e la passione per l’esoterismo. Patricia era fisicamente molto simile a Pamela, capelli rossi, longilinea, ma aveva un atteggiamento rivoluzionario. Qualche mese dopo il presunto matrimonio, Patricia rimase incinta, ma decise di abortire vista l’inettitudine di Jim ad assumersi qualsiasi responsabilità. Dopo la morte di Jim, scrisse una monografia, “Strange Days-my days with and without Jim Morrison”, in cui ripercorse tutte le tappe della sua relazione con lui.

Il mistero della morte

Jim Morrison muore a Parigi a 27 anni in circostanze mai chiarite. Secondo la versione ufficiale, sarebbe stato trovato dalla fidanzata Pamela nella vasca da bagno nella casa in cui alloggiava, ucciso da un attacco cardiaco per l’eccesso di alcol. C’è chi pensa che sia stato ucciso dalla CIA, incaricata di “fare fuori” tutti i miti sovversivi. Secondo altri, invece, il cantante avrebbe inscenato la morte per potersi ritirare dalla pressione mediatica e dedicare totalmente alla poesia. Due giorni dopo il ritrovamento, durante un funerale di otto minuti e alla sola presenza di Pam, del manager Bill Siddons – giunto frettolosamente dall’America – e di qualche altra persona, il Re Lucertola viene seppellito nel Cimitero di Père-Lachaise, quello degli artisti con Oscar Wilde e Arthur Rimbaud.

Qualunque sia stata la causa, la sua è stata una morte frettolosa e soprattutto silenziosa che mal si addiceva alla star più “rumorosa” degli anni ’60. Sparisce come un fantasma. Il migliore epitaffio di Morrison l’ha scritto forse lui stesso, nei versi finali di “Feast Of Friends”, una poesia di due anni prima.

«Viene la morte a una strana ora,
senza che sia annunciata,
senza che la si aspetti,
come a spaventare gli estranei
che oltre l’amicizia
ti sei portato a letto.
E la morte ci rende tutti angeli,
ci dona le ali
laddove noi si aveva le spalle,
ali dolci come gli artigli di un corvo.»

https://www.youtube.com/watch?v=th04azA3ueg&list=PL2SUghbtxuSiy8XizZ9LGxrjtYVqBpE9T&index=9&ab_channel=NoMadU55555

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