Kurt Cobain, gli occhi tristi del grunge. Diari, arte, amore, Nirvana

Kurt Cobain dei Nirvana

Club 27 è l’espressione con cui ci si riferisce a quegli artisti, in prevalenza cantanti rock come Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison, morti a 27 anni tra il 1969 e il 1971. Ma l’espressione diventò di uso comune nel 1994 quando, il 5 aprile, proprio a 27 anni Kurt Cobain morì, entrando prepotentemente nel Club 27.

Era l’8 aprile, quando lo speaker di una radio di Seattle annunciò che il leader dei Nirvana si era tolto la vita con un colpo di arma da fuoco nella sua abitazione. L’incredulità cominciò a diffondersi a macchia d’olio, non era un segreto che Cobain fosse instabile, ma arrivare ad un gesto così estremo era impensabile. Una notizia che gettò nella disperazione un gran numero di ragazzi che si riconoscevano in quei testi privi di speranza.

Percorrendo i passi di Kurt Cobain

Il leader dei Nirvana, nasce nel 1967 in una piccola città nello stato di Washington, dove dimostra da subito di essere un bambino curioso, particolarmente vivace ed agitato, tanto che per calmarlo gli viene somministrato il Ritalin, un farmaco dalla fama sinistra che si scoprirà avere effetti sul cervello più potenti di quelli della cocaina. A 8 anni il divorzio dei suoi genitori gli provoca la prima e violenta delusione, il cui dolore condizionerà fortemente la sua personalità. Nell’adolescenza i rapporti diventano così difficili con entrambi i genitori che a 17 anni si allontana definitivamente da entrambi.

Gli altri 10 anni della sua vita furono segnati da depressione ed eccessi, nonostante il successo e la possibilità di avere tutto dalla vita, i suoi demoni non lo abbandoneranno mai. La sua è un’anima contrastata, mai in pace con se stessa, caratterizzata da una forte disistima. Kurt si riteneva sempre sbagliato, schiacciato dai sensi di colpa e irrimediabilmente diverso. Ma in pochi hanno capito cosa si nascondeva dietro quello sguardo a volte assente, e in pochi sono riusciti a capire il vero motivo del suo suicidio.

Forse il solo a capire Kurt era davvero Boddah, l’amico immaginario della sua infanzia, capro espiatorio delle sue marachelle, ma che gli aveva fatto sempre compagnia. Questa figura immaginaria non ha mai abbandonato la sua mente e non è un caso se la lettera di addio di Kurt Cobain, scritta nel 5 aprile del ’94, fosse indirizzata proprio a lui “A Boddah”! Nel messaggio Kurt, cita una canzone di Neil Young:

«It’s better to burn out than to fade away» /  «È meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente»

Effettivamente tutta la sua vita si può riassumere in questa frase.

«Strange Love». Kurt Cobain, la moglie Courtney e la figlia Frances Bean Cobain

La sua vita sentimentale fu molto chiacchierata. Sulla relazione con Courteny Love, leader delle Hole, fu scritto e detto di tutto, sembrava quasi un attuale reality. Fu una relazione malata, paragonata a quella di Sid Viciuos – leader dei Sex Pistols – e Nancy Spungen. Si conobbero nel 1990, quando erano belli, giovani, con un debole per le droghe, leader di due band di successo e già impegnati in altre relazioni. Kurt rimase subito affascinato da quella donna di qualche anno più grande, biondissima, dai modi di fare aggressivi. Litigarono fin dal loro primo incontro e infatti la loro relazione fu caratterizzata da violenza, instabilità e litigi, al punto che spesso a casa loro arrivava la polizia.

Nonostante tutto si sposarono alle Hawai, lui con un pigiama a righe, perché troppo pigro per cambiarsi e lei già incinta. Matrimonio controverso in cui tra gli 8 invitati non figuravano gli altri membri dei Nirvana, solo perché pensavano che Courtney avesse una cattiva influenza su Kurt. Lui invece la dipingeva come una creatura con ali di pavone, come una femme fatale. Purtroppo, insieme a loro c’era un terzo incomodo, l’eroina.

La gravidanza di Courteny, infatti, scosse l’opinione pubblica soprattutto quando rivelò di continuare a fare uso di droga. In seguito ad uno sferzante articolo su Vanity Fair, in cui lei e Kurt furono ritratti come due genitori tossici e irresponsabili, vennero ritenuti “incapaci” di offrire alla bambina un ambiente sano ed equilibrato e dovettero lottare a lungo per riavere la custodia di Frances Bean. La battaglia, logorante, mise a dura prova il matrimonio e la salute mentale del cantante, anche se lui affermava.

«Tenere in braccio mia figlia è la migliore droga al mondo»

Verso il giorno della fine…

Ma l’amore non bastava, e la relazione con Courtney era ormai al capolinea. Dalla fine del 1993, i due non ebbero più molte occasioni per stare insieme a causa delle rispettive carriere. Si rincorrevano tra diversi continenti, e si rividero a Roma a marzo del 1994, giusto il tempo per permettere alla donna di salvare il compagno dall’ennesima overdose che a tutti gli effetti sembrava un tentativo di suicidio. Quando Kurt sparì senza lasciare tracce poco prima di morire, Courtney assoldò un investigatore privato per riuscire a trovarlo. Forse davvero cercò di portarlo sulla retta via e di farlo allontanare dalla vita depravata. Ma il ruolo di moglie di Cobain non fu mai accettato dai fan e lei ne era consapevole. Era una specie Yoko Ono, ritenuta dagli amanti dei Beatles la causa del loro scioglimento.

«Non leggere il mio diario quando non ci sono. OK, adesso vado a lavorare. Quando ti svegli stamattina, leggi pure il mio diario. Fruga tra le mie cose e scopri come sono fatto.»

I Diari di Kurt Cobain. Santo Graal del grunge

Quello di Kurt non era un vero e proprio diario, ma erano pagine e pagine di poesie, schizzi, canzoni, progetti e riflessioni senza un apparente ordine, senza date. Il materiale, realizzato dal cantante fino a pochi giorni prima del suicidio, con le ultime note scritte su carta intestata di un hotel romano, è stato ritrovato dopo la sua morte ed è stato integralmente pubblicato.

I testi racchiudono tutte le sfaccettature dell’animo di Kurt passando dalla commozione alla provocazione, dall’innocenza all’inaspettato umorismo. È l’autoritratto di un artista complesso e di un uomo sensibile che amava e conosceva la musica. Le frequenti cancellature e gli inquietanti disegni mostrano tutta la sua fragilità, il caos interiore, l’insicurezza e l’incapacità di restare pulito che lo faceva sempre sentire giudicato da tutte le persone che lo circondavano. A quelle pagine affidò anche la frustrazione per i suoi dolori cronici allo stomaco che i medici non furono in grado di risolvere, lasciando al cantante l’alibi di abusare di eroina per placare i dolori.

I “Diari” non è una classica opera letteraria, ma un testo che rappresenta una specie di Santo Graal del grunge. Racchiude infatti molti riferimenti ai Nirvana, la decisione su come chiamare la band, i testi delle canzoni, e anche schizzi e disegni che furono utilizzati come base per il materiale illustrativo del gruppo. Ci sono riflessioni sui primi segnali di fama, che sfociano poi in sferzanti giudizi sulla mediocrità della televisione e sulla superficialità della pubblicità. Da questa raccolta viene fuori non solo quindi un cantante, ma un artista con una grande profondità spirituale che concepiva la musica come una strada in grado di condurci in universi psichedelici pieni di dolore, e la vita come un esilio, un cammino letale popolato da esistenze spettrali e anonime.

I quadri di Kurt. La pittura come la musica

A raccontare lo stato d’animo tetro ed angosciato del cantante non ci sono solo le canzoni e i diari. I “veri fans” hanno sempre saputo che oltre alla vocazione musicale, il loro idolo aveva anche quella per il disegno – la copertina di “Incesticide” del 1992 è disegnata da lui -. La pittura, come la musica e la chitarra, serviva al cantante ad esprimere il suo disagio interiore provocato forse da un’estrema timidezza.Già a sei anni, Kurt era molto abile nel disegnare. Una volta se ne vantò con suo nonno, Leland, mostrandogli una copia perfetta di Topolino. Il nonno, incredulo, lo accusò di averlo ricalcate. “No!”, rispose Kurt, e gli disegnò davanti in modo perfetto Paperino e Pippo. Leland restò sbalordito!

Ma se in un primo momento con il disegno esprimeva la spensieratezza e l’innocenza di un bambino, dopo il divorzio dei suoi genitori Kurt riversò nei disegni tutto il suo sconforto. I soggetti rappresentati raffigurano ansie e paure che prendono le forme di strani soggetti in mondi surreali dai colori violenti. Nel 2017, i dipinti inediti di Kurt Cobain, rimasti fino ad allora in famiglia, vennero esposti in una mostra durante la Seattle Art Fair. Riscossero molto successo tanto da far pensare a chi non lo conoscesse come musicista, che Kurt fosse famoso per la sua pittura. Le opere caratterizzate da queste pennellate rozze e precise sono apparse anche in 3 aste Christie’s nel 2004, Phillips nel 2009 e Julien’s nel 2017 e proprio in quest’ultima un suo acquerello è stato battuto a 64.000$.

Chi è riuscito a vedere i suoi dipinti di persona ha parlato di un’esperienza magica, un’opportunità di scrutare un angolo della mente di Cobain che forse era rimasto nascosto.

I Nirvana, l’anima del grunge

Kurt fu inconsapevolmente un’indiscussa icona del grunge con i suoi jeans strappati e le pesanti camicie di flanella. Tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90, anni in cui la musica diventa una nuova forma di manifestazione della rabbia e della disperazione dei giovani, Cobain e Krist Novoselic fondano i Nirvana.

Un mix di musica aggressiva, sregolatezza e uso massiccio di droghe caratterizzò fin da subito l’esistenza e il successo della band. Il gruppo era costituito da Kurt Cobain (chitarra e voce), Krist Novoselic (basso) e Dave Grohl (batteria e voce) e, come rivelò Cobain ad un giornalista di Rolling Stone, scelse il nome Nirvana ispirandosi al concetto buddista della la libertà dal dolore e dalla sofferenza del mondo esterno. Ma se per tale nome si impegnò tanto, pagando addirittura 50 mila dollari ad un omonimo gruppo per i diritti, negli ultimi tempi Kurt non lo amava più, perché diceva che era troppo esoterico e serio.

L’epico concerto dei Nirvana all’MTV Unplugged. Come as you are

I Nirvana, bandiera del grunge di Seattle e simbolo del disagio e dell’apatia di un’intera generazione, riuscirono in soli cinque anni ad entrare nell’olimpo del rock. “Smells like Teen Spirit” divenne l’inno della generazione grunge: la canzone giusta al momento giusto. La casa discografica si aspettava di vendere 200 mila copie e invece arrivarono a 3 milioni. “Nevermind” rimarrà, infatti, il disco più importante dei Nirvana quello che fa cantare di rabbia o di ribellione. L’ultimo album invece, “In Utero” sembra quasi il canto del cigno da contemplare in silenzio. Per Kurt Cobain fu la presa di coscienza di non aver raggiunto il successo andando contro i suoi principi.

Il pubblico però dava sempre una forte partecipazione e una grande risposta ai concerti dei Nirvana. Nel novembre del 1993 si esibirono in versione acustica in all’MTV Unplugged, dove Cobain venne descritto come “posseduto” per la sua intensa esibizione. Dopo la sua morte quel concerto diventò una delle pietre miliari della storia della musica e non fu solo uno dei concerti più intensi della carriera della band di Seattle, ma dell’intera storia della musica.

Il prezzo del successo. La morte di Kurt Cobain

Uno dei primi concerti dei Nirvana, invece, fu finanziato, dal dottor Nikolas Hartshorne che negli anni Ottanta era tra i maggiori promotori del punk rock. Fu lui ad organizzare il terzo concerto dei Nirvana, che si tenne presso il Central Tavern di Seattle. Può sembrare una “non notizia”, ma è strano pensare come sei anni dopo, quello stesso dottore che aveva dato modo ad una band emergente di farsi conoscere dal grande pubblico, prestò servizio per l’autopsia del cantante.

L’immagine che emerge di Kurt Cobain alla fine è di una persona incapace di sopportare il successo, a disagio nel ruolo di frontman di una delle band più osannate al mondo. Sentiva di aver tradito se stesso e temeva che a lungo andare avrebbe tradito anche il suo pubblico. Ma forse è più facile fermarsi alla morte violenta, all’uso smodato di droghe, alla burrascosa vita sentimentale con la compagna perché questo colpisce di più e fa vendere. È di pochi giorni fa la notizia della vendita all’asta della mitica chitarra utilizzata da Kurt Cobain nell’MTV Unplegged, per ben ben 6 milioni di dollari; pochi mesi prima la stessa sorte era toccata anche il cardigan dello stesso concerto per 334mila dollari.

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