Vasco Rossi, le canzoni di una vita spericolata
Non ci sono mezze misure quando si parla di Vasco Rossi, o si ama o si odia. Per alcuni critici è l’unico vero rocker italiano, anche perché in Italia nessuno riesce a coinvolgere e mobilitare un esercito di fan come lo fa lui. Il Blasco, o Kom -komandante-, come lo chiamano i suoi fan, dal 1977 ha pubblicato 33 album e oltre 180 canzoni. Da un’infanzia nella provincia modenese all’incoronazione come cantautore/rocker, la vita di Vasco Rossi è davvero una vita straordinaria e… spericolata.
I primi passi nel mondo della musica
Vasco Rossi a volte torna ad abitare dove è nato nel 1952, a Zocca, paesino nella provincia di Modena. Il nome Vasco è scelto dal padre in omaggio a un suo compagno di prigionia in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale. Il periodo dell’adolescenza è turbolento, con varie fughe dal collegio salesiano e i timidi contatti nelle proteste studentesche a Bologna.
Nel 1975 poco più che 20enne, fonda insieme ad un gruppo di amici Punto Radio Zocca. Dopo essersi procurato dischi, cuffie, cassette, registratori e un’antenna rudimentale, il gruppo inizia a trasmettere. Nasce così una delle prime radio libere italiane, all’indomani della sentenza del pretore di Vignola del 1976 che dichiara incostituzionale il monopolio della Rai e assolve Vasco, amministratore della radio. Mentre lavora come dj, coltiva il sogno del cantautore. Appassionato più di musica italiana che di quella straniera: Guccini, Lucio Dalla, De André e l’immancabile Battisti, che non riesce a suonare con la chitarra. Ispirandosi ai Maestri della musica italiana, le canzoni di Vasco Rossi sono scritte proprio da lui.
Nel 1977 pubblica il primo 45 giri “Jenny”, e l’anno dopo esce l’album “Ma cosa vuoi che sia una canzone”, distribuito solo in Emilia Romagna. Le canzoni sono un po’ autobiografiche, parlano di ragazze, amori finiti o travagliati, sogni e anche di una sana rabbia proletaria.
Il dietro le quinte di Vasco Rossi e Albachiara
Il successivo album, “Non siamo mica gli americani”, ricalca i temi del precedente disco, ma nei pezzi come “Fegato fegato spappolato” e “(Per quello che ho da fare) Faccio il militare”, si avverte il sarcasmo verso quel provincialismo bigotto degli anni ’70 e comincia a venir fuori la voce di una generazione un po’ confusa, che fatica a trovare degli ideali.
L’album racchiude la canzone per antonomasia, quella forse più conosciuta di Vasco Rossi: “Albachiara”. È un pezzo rock, ma al tempo stesso molto dolce, che racconta di un delicato mondo femminile. Nasce da una melodia composta da Massimo Riva su cui Vasco scrive di getto un testo ispirandosi a una ragazzina 13enne che vede passare ogni giorno davanti casa sua. La ragazza colpisce per la sua diversità: è una creatura delicata, che però nasconde un suo mondo in cui Vasco inserisce un esplicito riferimento alla masturbazione femminile.
Quando il cantante svela all’ormai 18enne che quella canzone è dedicata a lei, la reazione della ragazza è di incredulità e sospetto, tanto da scappare via. A quel punto Vasco Rossi vienne colpito ancora una volta dal suo comportamento e le dedica un’altra: “Una canzone per te”.
Il dolore di Vasco Rossi dietro “Siamo solo noi”
Con il terzo album, “Colpa d’Alfredo”, Vasco Rossi comincia a sostituire l’immagine del giovane ingenuo un po’ scontroso, con quella del rocker arrogante. Il linguaggio utilizzato nell’album è molto reale e violento, tanto che qualche pezzo viene addirittura censurato. Le storie raccontate sono un bel pugno nello stomaco per l’Italia di quel periodo, ma Vasco si può ancora permettere di cantare tutto quello che gli passa per la testa.
Con gli ’80, la gente ha voglia di sentire qualcosa di leggero e semplice, da questo background nasce “Siamo solo noi” di Vasco Rossi. La canzone dà il titolo al suo quarto album, diventa un vero e proprio inno generazionale e nel 2013 viene eletta da Rolling Stone come la miglior canzone italiana rock di sempre.
Il Kom la scrive al termine di un concerto andato male: si chiude in camera, piange e cerca di descrivere il distacco che avvertono i 20enni di allora dalla vita borghese.
«Siamo solo noi/ che non abbiamo più rispetto per niente, neanche per la mente/ Siamo solo noi/ che non abbiamo più niente da dire, sappiamo solo vomitare/ Siamo solo noi/ quelli che ormai non credono più a niente, e vi fregano sempre»
Ha inizio la “Vita spericolata” di Vasco Rossi e il look da tossico!
Il nome del rocker è romai sulla bocca di tutti. Al Festival di Sanremo dell’82 Vasco sale sul palco palesemente ubriaco per cantare “Vado al massimo”. Si classifica ultimo, ma l’obbiettivo è quello di uscire dalla nicchia dell’artista di culto. L’anno dopo, calca di nuovo il palcoscenico dell’Ariston con “Vita spericolata”.
«Quelli erano i tempi in cui a Sanremo non ci voleva andare più nessuno. Guido Elmi, tutt’oggi il mio direttore artistico, si dissociò dalla mia scelta, dicendo che era un tradimento del mio mondo rock. Gli risposi: se vogliamo uscire dall’Emilia ed entrare in Italia dobbiamo passare per Sanremo» – Vasco Rossi
Tratto da uno degli album più importanti della sua carriera, “Bollicine”, “Vita spericolata” di Vasco Rossi è una specie di celebrazione del nichilismo di provincia come risposta agli scintillanti anni ’80. Nichilismo che si riflette anche nel look da tossico con magliette strappate, capelli incolti e occhiali da sole anche di notte. Per Vasco è la canzone della sua vita, racchiude le sensazioni e le emozioni vissute in quel periodo: un continuo mettersi in gioco senza mai superare il limite.
La Metamorfosi: qualcosa comincia a incrinarsi e si crea un nuovo equilibrio
L’arresto per possesso di stupefacenti, la detenzione e la faticosa disintossicazione provocano una profonda crisi creativa nel Vasco di metà anni ’80. I fan si stringono attorno al loro idolo e anche Fabrizio de Andrè, il mito assoluto di Vasco Rossi – tanto da inginocchiarsi quando l’ha conosciuto – mostra grande solidarietà e poi amicizia per il cantante, andando a trovarlo in carcere.
Proprio dalla vita privata parte una vera metamorfosi di cui risentono anche le sue canzoni che si adattano ad un nuovo equilibrio, meno folle ma non meno complicato. Gli album dall’85 in poi sono caratterizzati da un nuovo suono pop-rock, ma perdono la grinta e la strafottenza dei precedenti. I testi sono più riflessivi e a volte anche pessimisti e cupi. Nonostante questa svolta riflessiva, Vasco Rossi ha un successo sempre maggiore.
Dopo il periodo di pausa, sembra quasi rinvigorito. Gli album “C’è chi dice no” e “Liberi liberi” riscuotono grande successo e ammirazione. Ma da lì a qualche anno Vasco dovrà fare i conti con la prematura scomparsa di Massimo Riva, trovato morto a causa di un’overdose di eroina. La morte del chitarrista e compagno musicale di una vita è un brutto colpo per il cantante che ne rimane profondamente sconvolto. Da quel giorno Massimo viene puntualmente ricordato in ogni concerto.
Il lato femminile di Vasco Rossi, “Sally” e “Jenny”
Il 5 settembre del 1996 viene pubblicato “Sally” di Vasco Rossi, per molti la sua canzone più bella. Il brano mostra un’evoluzione nello spirito della protagonista, che nella prima strofa si presenta sconfitta e senza più voglia di combattere per la propria felicità (“non ha più voglia di fare la guerra”). Ma poi ripercorrendo i ricordi della sua vita, ricordi dolci forse dell’adolescenza riesce forse a intravedere uno spiraglio, un briciolo di speranza per potersi rialzare e risollevare (“forse, non è stata tutta persa”). La storia di Sally è quella di tante persone, anche dello stesso Vasco, per via di una vita segnata da varie cadute.
«È la parte femminile di me. Ci sono dentro anch’io. Ci sono dentro soprattutto io. […] “Sally” è la prosecuzione di “Jenny”, un altro ritratto di donna disincantata e fragile che ho presentato nel mio primo 45 giri. Sono io in entrambe le canzoni; ero Jenny prima e Sally dopo. Se non ho intitolato le canzoni “Vasco” è perché mi sembrava suonasse meno bene» – Vasco Rossi
“Sally” è scritto in pochi minuti, mentre è in vacanza a Saint-Tropez. Dopo una serata in un locale dove il rocker si innamora di tutte le donne presenti con cui parla, rientra da solo in barca. È pieno di carica e adrenalina, ma non avendo una donna con cui sfogare la sua tensione erotica, prende la chitarra e inizia a suonare e cantare le storie che aveva ascoltato durante la sera. Il prodotto finale è un brano molto profondo colmo di umanità, con Vasco che coglie in modo esemplare tutte le sfaccettature dell’anima senza scadere nel banale. E del verso «la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia» ha dichiarato:
«Pensavo fosse esagerata, ma ormai mi ero abituato a fidarmi delle sensazioni e l’ho lasciata nel testo» – Vasco Rossi
Tutti i concerti di Vasco Rossi da ostilità ad animale da palcoscenico
A Vasco va il merito di aver diffuso il rock in Italia in maniera capillare. Ogni sua performance dal vivo diventa un evento straordinario ed è partecipato da folle oceaniche. Già alla fine degli anni ’90, i suoi live diventano dei grandissimi show sia a livello tecnico che a livello professionale. Il record Vasco Rossi lo raggiunge nel 2017 quando al Parco Ferrari di Modena si radunano più di 225mila spettatori! Oltre 3 ore e mezza di show – il più lungo di live di Vasco -, una scaletta da urlo e una band al massimo della forma. Modena Park è stato un grande concerto, dove Vasco è riuscito a tirare fuori il meglio di sé!
Ma non è stato sempre così facile. I primi live di Vasco si sono dimostrati molto faticosi soprattutto per la presenza di un pubblico indifferente e a volte anche ostile. Addirittura, durante un’esibizione in un locale, dei giovani avventori hanno cominciato a bombardare il cantante di freccette di carta. È stata un’esperienza abbastanza traumatica che ha quasi portato Vasco a smettere di esibirsi.
«Mi sono sentito talmente umiliato che non volevo salire mai più su un palco, volevo sparire. Ho preso la macchina e mentre tornavo a casa invece mi è scattato un meccanismo: “No, non smetto io. Se qualcuno mi tira le freccette la prossima volta scendo dal palco e lo prendo per il collo” […] Era una cosa fisica, una guerra!» – Vasco Rossi