“Niente di vero” di Veronica Raimo si serve dell’ironia per elaborare il passato

“Niente di vero” di Veronica Raimo è una delle novità più accattivanti del 2022. Il libro si allontana dal concetto classico di romanzo, raccontando in prima persona vicende e fatti dal sapore personale e autobiografico, che aumenta l’attrazione verso un romanzo la cui lettura Claudia Durastanti ha definito «Una festa. Ma molte pagine sono ferite da medusa: bruciano alla distanza». Un’avvertenza a non perdersi nei romanzi in apparenza leggeri e scanzonati.

“Niente di vero” di Veronica Raimo: un’ambigua ironia già nel titolo

Attenzione, però, anche ai titoli fuorvianti. A chi legge potrebbe scappare di chiedersi quanto vi sia di vero e quanto di fittizio tra le pagine, ma è una curiosità che si esaurisce in breve tempo. Il titolo stesso sembra suggerire la risposta o forse è solo un tentativo perverso di depistare. O ancora di spendere tempo – e righe – per chiedersi qualcosa che, in fondo, non interessa.

Facciamo che sia vero, come vuole la prima regola della scrittura: tutto ciò che compare stampato nero su bianco è avvenuto davvero. A rendere davvero speciale la scrittura di Veronica Raimo è ben altro. È una commistione di temi tradizionali e toni dissacranti. Quest’ultimi superano e desacralizzano i miti nostrani, o meglio la banalità con cui li omaggiamo: dalla retorica del matriarcato fino alla stucchevolezza delle rievocazioni di profumi d’infanzia. Tutto ciò che ci piace e che è fondante della nostra cultura familiare, Raimo lo prende e lo ribalta.

La famiglia sotto la lente d’ingrandimento

Lei stessa, nella prima pagina, avverte il lettore di cosa troverà all’interno del romanzo: l’esigenza di scrivere dell’inevitabile tema familiare, ma da una prospettiva del tutto differente dal solito.

«Quando in una famiglia nasce uno scrittore, quella famiglia è finita, si dice. In realtà la famiglia se la caverà alla grande […], mentre sarà lo scrittore a fare una brutta fine nel tentativo disperato di uccidere madri, padri e fratelli, per poi ritrovarseli inesorabilmente vivi.» 

Appare del tutto chiaro sin dall’inizio che il punto di vista dominante ed esclusivo sarà quello della narratrice, che esporrà gli episodi più significativi della sua famiglia e della sua esperienza come figlia. Veronica Raimo, infatti, sembra quasi spezzare il filo della successione generazionale, fotografandosi nel suo ruolo di figlia, in special modo di figlia di sua madre.

“Niente di vero” di Veronica Raimo. Il legame di figlia e madre

Il rapporto con quest’ultima non si colora di tinte tragiche né drammatiche, sebbene sia una madre ansiosa e vi sia del materiale per estrapolare una storia complessa. L’autrice invece preferisce analizzare gli aspetti più contorti della sua famiglia ed i risvolti che essi hanno prodotto sulla sua vita con ironia.  È così che l’ombra dell’ansia sin dalla tenera età, la mancanza di privacy e un’infanzia solitaria si traducono in spunti sardonici. Il passato, fonte di dolori e sconfitte, può essere lasciato alle spalle, ed il tono ironico e caustico facilita di certo il compito.

«La maggior parte dei ricordi ci abbandona senza che nemmeno ce ne accorgiamo; per quanto riguarda i restanti, siamo noi a rifilarli di nascosto, a spacciarli in giro, a promuoverli con zelo, venditori porta a porta, imbonitori, in cerca di qualcuno da abbindolare che si abboni alla nostra storia. Scontata, a metà prezzo.»  

La funzione dell’ironia nella scrittura di Veronica Raimo

L’apporto del passato e del suo racconto in prima persona è decisamente notevole nel romanzo. È al centro dell’interesse dell’autrice, che nelle ultime battute ne estende le ramificazioni fino al presente. In particolare sembra tracciata una linea di confine tra ieri e oggi. Si separa ciò che viene dissacrato – la prima volta, il legame amicale, le follie e le delusioni d’amore – e la componente più seriosa del romanzo. Il rapporto dell’autrice con il presente sembra privo del sarcasmo proprio del passato: è nella narrazione presente che si leggono le significative riflessioni.

“Niente di vero” di Veronica Raimo punta a ritrarre un quadro familiare storto e difettoso, vale a dire autentico. Autentico, sì, ma non per questo meno doloroso. Per questo l’approccio di Raimo si rivela il più efficace per il superamento del dolore dell’età infantile e adolescenziale. Il riso non è un tentativo di ridurre l’importanza del passato, bensì è il modo per smitizzarlo e superarne le contraddizioni.

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