
Chi lo avrebbe mai detto che l’arte del XX secolo potesse emozionare al pari di quella moderna? Critica, protesta, nuove ondate di rivoluzione tecnica si riversano in maniera inequivocabile in campo artistico. E chi più di Hopper ha contribuito a rendere innovativa l’arte pur mantenendo la semplicità della composizione? (vedi “Nighthawks – Nottambuli” di Hopper)
«Ho dipinto, forse senza saperlo, la solitudine di una grande città.» – Edward Hopper
Provare ad inscrivere Edward Hopper all’interno di un movimento artistico sarebbe alquanto limitante data la straordinaria possibilità di porlo oltre i confini del, così nominato, precisionismo americano. In un Novecento che cerca di esprimere il proprio presente artistico muovendosi in bizzarrie pop ed astratte, quest’artista sceglie di rappresentare i drammi dell’America noir.
Il precisionismo di Hopper svela la profonda crisi d’identità del ‘900
Nel 1942, mentre si combatte una guerra folle, la solitudine irrompe nelle case, tra le strade, celata dal whisky e da insolite compagnie notturne. Celebri capolavori, come “Nighthawks – Nottambuli” di Hopper, esprimono la solitudine e il senso di vuoto di un mondo la cui patina luccicante comincia a cedere. Si intravede il profondo vuoto, l’essenza unicamente commerciale, i falsi miti si tolgono la maschera e mostrano una realtà spiazzata, senza validi punti di riferimento, immobilizzata dall’incertezza e dalla mancanza di coscienza. I protagonisti di Hopper sono i “tutti e nessuno”, la massa che cerca ancora di individuarsi, quelli che amano perdersi nell’inconscio notturno, raccolti nell’ apparente tranquillità del buio.
«Onore e rispetto al sonno: esso è di tutte le cose la prima! La seconda è evitar coloro che non dormono bene e vegliano la notte!» – Friedrich Nietzsche
Per Nietzsche dormire non è la più facile delle arti, e con la sua considerazione rende chiaro un concetto: il sonno è cosa preziosa e per cadere tra le braccia di Morfeo bisogna avere buoni pensieri e una coscienza serena. Ma nell’America di Edward Hopper, quella del Novecento, i bar si riempiono di solitudine e nottambuli.
“Nighthawks – Nottambuli” di Hopper. Colori scuri, visi inespressivi e il profondo vuoto che separa da tutti
I colori scuri delle sue tele sono carichi di mestizia e malinconia, aleggia e incombe sulle persone dipinte una profonda angoscia che si traduce in necessità di introspezione. In “Nighthawks – Nottambuli” di Hopper non c’è dialogo, il cameriere è l’unico a cercare un contatto, un punto d’incontro, uno scambio con gli altri. Mentre l’atteggiamento della donna, avvolta nel nulla assoluto, rievoca molto Degas in “L’assenzio”, con i volti inespressivi e lontani dalla realtà. Hopper rende la solitudine e l’angoscia giocando con la luce e ricreando sempre un particolare effetto teatrale. Siamo negli anni del cinema e della fotografia e certamente l’arte non poteva non prendere in considerazione questi elementi. In effetti i personaggi sembrano proprio i protagonisti di un film, dal gangster alla vamp.
Il bar diventa l’unico luogo di consolazione per chi non può provare il valore sommo del sonno. Opere del genere rintracciano certamente cinematografie alla “Taxi driver”. Le scene di Hopper sono caratterizzate da linee orizzontali che definiscono la scena e la profondità del luogo di azione, come in teatro, dove è evidente il confine tra palco e platea. La marcatura delle linee del bar sono cosi evidenti da porsi in netto contrasto con la strada buia e deserta; il bancone è l’altro muro divisore tra chi cerca dialogo e chi vive ancora nel proprio mondo interno. Più che l’umanità, il vero soggetto di quest’opera è l’alienazione e il profondo senso di solitudine.