
Volano i giorni rapidi
del caro viver mio:
e giunta in sul pendìo
precipita l’età.
Le belle oimè! che al fingere
han lingua così presta,
sol mi ripeton questa
ingrata verità!
Con quelle occhiate mutole,
con quel contegno avaro,
mi dicono assai chiaro:
“Noi non siam più per te”.
E fuggono e folleggiano
tra gioventù vivace;
e rendonvi loquace
l’occhio, la mano e il piè.
Che far? Degg’io di lacrime
bagnar per questo il ciglio?
Ah no, miglior consiglio
è di godere ancor.
Se già di mirti teneri
colsi mia parte in Gnido
lasciamo che a quel lido
vada con altri Amor.
Volgan le spalle candide
Volgano a me le belle
ogni piacer con elle
non se ne parte al fin
a Bacco, all’Amicizia
sacro i venturi giorni.
Cadano i mirti; e s’orni
d’ellera il misto crin.
Che fai su questa cètera
corda che amor sonasti?
Male al tenor contrasti
del novo mio piacer.
Or di cantar dilettami
tra’miei giocondi amici,
auguri a lor felici
versando dal bicchier.
Fugge la instabil Venere
con la stagion de’fiori:
ma tu Lièo ristori
quando il dicembre uscì.
Amor con l’età fervida
convien che si dilegue;
ma l’Amistà ne segue
fino all’estremo dì.
Le belle ch’or s’involano
schife da noi lontano,
verranci allor pian piano
lor brindisi ad offrir.
E noi compagni amabili
che far con esse allora?
Seco un bicchiere ancora
bevere e poi morir.