
“L’iris selvatico” è una raccolta poetica, pubblicata per la prima volta nel 1992, della poetessa premio Nobel, Louise Glück, con la quale ottiene ancor prima il Premio Pulitzer. I versi stringono un perfetto connubio con la stagione estiva, che ha certamente il suo posto privilegiato in tutta la raccolta. Lo stile di Glück è caratterizzato da versi brevi, spezzati, che si caricano però di un denso significato. Proprio questo è il gioco da maestra che la poetessa propone. Tuttavia, l’aspetto scabro e succinto del singolo verso e, in generale, degli interi componimenti è solo apparenza.
La lettura de “L’iris selvatico” si può assestare su più livelli, sintomo indiscutibile della scrittura di un certo peso. A primo impatto, si possono apprezzare il sentimento di tenerezza e la placidità dei paesaggi estivi. Tuttavia, più si procede con la lettura, più si avverte una specie di languore. Il turbamento e l’ambientazione calda e accogliente potrebbero creare uno stridore. Nondimeno, ciò non avviene. Ed è proprio questa la vera poesia nei versi di Louise Glück. Il paragone con un’altra grande poetessa americana, Emily Dickinson, è ricorrente. Viene subito in mente il legame intimo con la natura, ma ancor più comuni alle due sono i temi malinconici e il dialogo con il divino.
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La lettura cristiana de “L’iris selvatico”
A ben vedere, il rapporto tra la natura e l’elemento spirituale è un luogo poetico ricorrente. In Glück, però, assume un contenuto ben più particolare: Dio ha sia la caratteristica di quello cristiano sia i contorni di un’idea spirituale indefinita. La cristianità, però, ha sicuramente un posto di primo piano. Ne “L’iris selvatico” ricorrono, a intervalli irregolari, più poesie con gli stessi titoli – “Mattutino” e “Vespro” – che richiamano le preghiere cristiane. Uno dei Vespri ha un’aggiunta, che la poetessa definisce “Parusia”, “presenza”. Nella poesia, si parla di assenza e tentativi di riconquistare l’ “Amore della mia vita”, ma il titolo è un completo richiamo alla cristianità. Glück non chiarisce chi sta parlando a chi, ed è giusto sia così: è poesia, dopotutto. Il senso risiede proprio in questa laconicità.
Allo stesso modo, il Dio cristiano può fondersi – o lasciare spazio, a seconda delle letture – ad una spiritualità diversa. I fiori e le piante prendono la parola e assumono il punto di vista sulla poetessa e sul mondo, la famiglia, intorno a lei. Il dialogo tra l’elemento naturale e l’autrice è confidenziale, le danno del “tu”, e ciò si soppianta al tradizionale “io lirico”.
Sentimenti:/ oh, quelli ce l’ho; mi/ governano. Ho/ un signore in cielo/ chiamato sole, e mi apro/ per lui, mostrandogli/ il fuoco del mio cuore, fuoco/ come la sua presenza. – “Il papavero rosso” di Louise Glück
Caducità ed eternità nella poesia di Louise Glück
Sono queste le parole del papavero rosso, protagonista dell’omonima poesia. Il componimento parla di gloria ma anche di disfatta, e questo accostamento particolare riassume la poetica di Glück, caratterizzata da contrasti. Inquietudine e tenerezza, languore e accoglienza. Si privilegia il senso della vista, l’immediato effetto dei colori nella rappresentazione di un paesaggio, come nella poesia “Cielo e terra”. Nella medesima poesia, in un unico verso, isolato in un’unica musicale strofa, Glück afferma «la vita non finirà mai più». La caducità dei fiori, che caratterizza alcuni versi, lascia qui lo spazio all’ipotesi di una vita infinita, vale a dire ultraterrena.
Dove una finisce, comincia l’altro./ In alto, una fascia di blu; sotto,/ una fascia di verde e oro, verde e rosa scuro. – “Cielo e terra” di Louise Glück
Il traduttore dell’edizione italiana de “L’iris selvatico”, Massimo Bacigalupo, ha definito il Dio di Glück “Grande Giardiniere”, secco e distante talvolta, dietro al quale si cela lo sguardo protagonista dei fiori. Quest’unione tra la natura rigogliosa del New England e la divinità è ben presente nella poesia d’apertura, che dà il nome alla raccolta: l’esperienza esposta in versi, ma con una chiarezza quasi prosaica, è quella di un risveglio dall’oltretomba. Si potrebbe quasi dire che l’intera raccolta – gli incontri con Dio, il dialogo con la natura, i giardini edenici – non sia altro che l’intera traversata nell’aldilà.
L'iris selvatico

“L’iris selvatico” è una raccolta poetica, pubblicata per la prima volta nel 1992, della poetessa premio Nobel, Louise Glück, con la quale ottiene ancor prima il Premio Pulitzer. I versi stringono un perfetto connubio con la stagione estiva, che ha certamente il suo posto privilegiato in tutta la raccolta. Lo stile di Glück è caratterizzato da versi brevi, spezzati, che si caricano però di un denso significato. Proprio questo è il gioco da maestra che la poetessa propone. Tuttavia, l’aspetto scabro e succinto del singolo verso e, in generale, degli interi componimenti è solo apparenza.
URL: https://www.ilsaggiatore.com/libro/liris-selvatico
Autore: Louise Glück
Autore: Camilla Elleboro
ISBN: 9788842829683
Formato: https://schema.org/Paperback
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