“Quinto libello di pezzi tesotici” di Giovanni Sollima è pace silente

"Quinto libello di pezzi tesotici" di Giovanni Sollima

“Quinto libello di pezzi tesotici” di Giovanni Sollima invita immediatamente ad impegnarsi nella comprensione del titolo. In seguito ai suoi studi biomedici, l’autore conia il termine “tesotici”, concepito dall’unione delle abbrevazioni “tes.os.”, indicanti il tessuto osseo. Il mistero e l’ermetismo linguistico caratterizzeranno tutto il suo percorso emotivo. Quando si inizia ad entrare nei meandri della poesia, il linguaggio diventa una vera e propria lingua da interpretare, bisognerà farlo entrando in punta di piedi e ascoltando con il cuore ciò che ci vuole raccontare. Diventa tutto più chiaro e trasparente quando – magari accompagnati dalle note di un dolce pianoforte – diventiamo protagonisti dei sentimenti narrati.

Con questa raccolta, Sollima ci apre le porte del suo cuore ma, una volta varcata la soglia, si avverte una realtà desiderosa di raccontarsi solo alle sue condizioni. Si nasconde sempre dietro il velo di parole che compongono le strofe ermetiche e irrisolte. La sicilianità e l’energia dell’Etna si riflettono nei suoi versi e negli occhi di chi legge. Ci si immerge in un percorso di analisi linguistica e introspettiva tra presente e passato.

“Quinto libello di pezzi tesotici” di Giovanni Sollima. Il movimento della coscienza

Inizialmente il tono delle parole dà voce ad un percorso doloroso nella poesia “Medicina”, dove si sentono ancora le «grida della vita». Man mano che ci si immerge nelle lettura, si ha l’occasione di assistere ad un’atmosfera più fresca. Dall’alto delle nuvole, dove si celano anche «paura e tormento», il poeta osserva la «similitudine dell’Essere», come se la vita che scorre davanti ai suoi occhi fosse fittizia, quasi l’imitazione della vita stessa.

Si parla di un mondo senza vincoli e di una libertà che possiede una “disciplina”. Il grido assume nuova dignità, umano e primordiale, per questo vero ed energico, ma destinato a perdersi nell’aria e ad essere compresso da un profondo silenzio. Riporta alla mente la disperazione de “L’urlo” di Munch disperdersi nell’aria.

Nostalgia e toni malinconici affiorano dai flashback sul passato, come in “Ritorni di memoria”, dove viene rievocato il candore della vita, ma senza avvicinarsi troppo, perchè rischia di diventare solo «carta stropicciata dalla sofferenza». La bellezza invece ha il compito di risollevare lo spirito, àncora di salvezza e immagine di speranza per se stesso e per l’essere umano in generale.

Le immagini ricorrenti

Le metafore utilizzate creano immagini vivide, in cui si crea un dialogo tra musica e libertà. Insieme creano una tavolozza di significati profondi e forze emotive bisognose di urlare giustizia. Innegabile» la devozione alla bellissima Catania e alla sua Sant’Agata, a cui sono attibuiti un «civile rispetto» e un’«etica bellezza». A lei la folla si rivolge come gancio di speranza e palliativo degli animi.

Nel silenzio che avvolge queste poesie si muove il pensiero lungo il viale di ricordi, ripensamenti e quiete, dove il dinamismo fisico si arresta e cede alla coscienza, allintrospezione psicologica e all’autoanalisi dell’essere. Seguendo un «narrabile profumo all’angolo dell’esserci» si riscopre la terra, luogo della costruzione di una vita, perché ogni esistenza lascia dietro di sé un racconto, e dentro il racconto è conservata una coscienza.

La ricchezza tematica è inserita in un linguaggio ricercato. Giudizi, scandalo, colpa, indifferenza, sono solo alcuni dei nodi di riflessioni. Immagini di naufragi, silenzi, sogni e l’infinito si intercambiano in un luogo poetico dove lo spazio è vissuto come “flusso” e il tempo come un'”ombra”. All’interno dello spazio così concepito, l’autore parla anche dell’Amore. Una dimensione in cui ogni respiro diventa vita ed energia per l’altro, forza emotiva, come nella breve ma intensa composizione “Il tuo respiro”. Le due anime si completano e diventano un’unica cosa, quando accade il miracolo del vero Amore e dell’Amore per sempre.

Lo stile

Leggendo “Quinto libello di pezzi tesotici” di Giovanni Sollima si ha l’ impressione di aver capito, ma l’autore fa in modo che rimanga sempre un desiderio di curiosità e mistero irrisolto. La lettura è sorretta da una tecnica propria, che evita molto spesso l’uso dell’articolo, rendendo più fluida la lettura. Il verso è breve e a volte spezzato, il linguaggio generalmente ermetico ed elegante. Dall’inizio alla fine lascia libero il flusso della sua penna e lo scorrere irrefrenabile delle sue parole. Quest’ultime nascono come da sorgente in continuo movimento, sfogando la sua voce interiore senza timore.

C’è un finale, un momento in cui rimane la consapevolezza profonda di un cuore che comprende l’inutilità della corsa per accorciare lo spazio, rincorrere il tempo, preoccuparsi dei giudizi, dell’indifferenza. Rimane la necessità di «nutrirsi di calma» e di rimanere abbracciati al respiro dell’Amore, unica grande bellezza. Questo è il finale di chi guarda col cuore.

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