Rifkin’s Festival di Woody Allen. Citazioni nella dimensione dei sogni

“Rifkin’s Festival” di Woody Allen. Una lettera d’amore al cinema del passato

“Rifkin’s Festival” di Woody Allen è una commedia che omaggia il cinema attraverso sogni e pensieri del protagonista Mort Rifkin (Wallace Shawn). La pellicola si presenta nelle caratteristiche tecniche tipiche degli altri lungometraggi del regista, ma si modifica per citare e riprodurre numerosi vecchi film.  

«Beh, in realtà non so da dove cominciare. A un tratto, ho dovuto smettere di lavorare a un romanzo che stavo scrivendo per accompagnare mia moglie a San Sebastián per il Festival del cinema. Beh, Sue ci doveva andare, per lei era lavoro. Rappresentava parecchi clienti che ci andavano, era il loro ufficio stampa. Ecco la parte ironica era che, anni fa quando ancora insegnavo cinema, l’idea di andare a un qualsiasi festival sarebbe stata molto eccitante per me. Ma i festival cinematografici non sono più come una volta e il cinema non è più quello che insegnavo. Io insegnavo che il cinema è arte! I grandi maestri europei. Ci andai soltanto perché non mi scrollavo di dosso il sospetto che lei avesse una cotta per quel bel regista di stronzate di cui era l’ufficio stampa.» – Mort 

Il parallelismo tra Mort e Gil. L’autocitazione con “Midnight in Paris”

Il lungometraggio presenta un aspect ratio di 1:2,00 a cui si alterna il cosiddetto Academy Ratio, ossia il formato 1:1,37. Nel primo caso si ha la narrazione principale che segue Mort durante il festival del cinema spagnolo. Qui, la fotografia di Vittorio Storaro è caratterizzata da vari colori vivaci e rischiarati spesso da una luce gialla. Nel secondo caso, le scene perdono la loro vivacità e arrivano al bianco e nero. Con queste immagini vengono seguite le produzioni mentali del protagonista che, influenzato dalla sua passione per il cinema europeo, ricrea la sua realtà sulle sequenze cinematografiche degli anni ‘40, ‘50 e ‘60.  

«So solo che io e mia moglie ci siamo separati e la mia vita è diventata vuota.» – Mort 
«La tua vita non è vuota, è insignificante, non confondere le due cose. Non ha significato per tutti quanti, ma non per questo dev’essere vuota. Sei un essere umano, la puoi rendere piena.» – La Morte 
«Come?» – Mort 
«Con lavoro, famiglia, amore… Le solite cazzate ma, direi, piuttosto efficaci. Perché anche se non fai gol, tentare ti fa bene comunque.» – La Morte  

Mort Rifkin ricorda Gil Pender (Owen Wilson), il protagonista di “Midnight in Paris”. Hanno infatti delle caratteristiche in comune. Entrambi sognano di diventare grandi scrittori, accompagnano la propria moglie in un’altra città e hanno un cambiamento nel proprio rapporto di coppia. Ma l’elemento importante è proprio il viaggio che compiono. Mort va a San Sebastian e Gil a Parigi. Proprio durante il loro peregrinare succede qualcosa di insolito. Mentre Gil viaggia nel tempo fisicamente e incontra i suoi idoli letterari, Mort viaggia oniricamente riproducendo nei suoi sogni i film che ha sempre amato.  

L’omaggio al cinema da Welles a Fellini, dalla Nouvelle Vague a Bergman

In “Rifkin’s Festival” si susseguono diversi riferimenti cinematografici. Oltre alle pellicole che vengono soltanto citate come “La vita è meravigliosa”, “A qualcuno piace caldo”, “Il deserto rosso”, “Il ginocchio di Claire” e “Kagemusha – L’ombra del guerriero”, ci sono alcune che vengono rielaborate. La prima è “Quarto Potere” di Orson Welles, il primo sogno di Mort che vede i suoi genitori chiacchierare mentre lui gioca con uno slittino su cui è presente il nome “Rose Budnick”.  Viene poi citato Federico Fellini con “8½”: Mort passeggia tra uomini, donne, preti e suore proprio come Marcello Mastroianni nell’opera originale. Si arriva alla Nouvelle Vague, sia con “Jules et Jim” di Truffaut che con “Fino all’ultimo respiro” di Godard. E si torna al cinema francese con “Un uomo, una donna” di Claude Lelouch 

«Congratulazioni per il tuo nuovo film, sembra che piaccia a tutti.» – Mort
«Sì, ma in questa epoca in effetti qualunque film che parli della realtà i critici l’acclamano come arte.» – Philippe 

Con “L’angelo sterminatore” viene citato Luis Buñuel che era già presente in “Midnight in Paris” (interpretato da Adrien de Van), dove Gil suggerisce al regista una storia in cui gli invitati non riescono ad andare via. E infine, ci sono ben tre riferimenti alle pellicole di Ingmar Bergman. “Il posto delle fragole” e “Il settimo sigillo” del 1957, “Persona” del 1966. Le sequenze più interessanti che riportano a Bergman sono proprio quelle che riguardano “Persona” e “Il settimo sigillo”. Attraverso la prima pellicola, vengono mostrate Sue (Gina Gershon) e Jo (Elena Anaya) che parlano, una posta di profilo e l’altra di fronte, in una scena di particolare intensità. Alla fine c’è proprio “Il settimo sigillo” dove, in uno scambio di battute piuttosto divertente, La Morte suggerisce al protagonista come vivere in salute per posticipare il loro incontro.   

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