
Il tempo dissolve e ricompone ogni cosa in un ciclico e inesauribile processo creativo. Ecco il principio fondamentale che sottende “Solve et coagula” di Alessandra Cardone, la mostra fotografica esposta al MANN. Una riflessione sullo scorrere del tempo e sull’evoluzione delle tecniche fotografiche che, partendo dal cospicuo archivio fotografico del museo, valorizza la memoria documentale della ricerca archeologica e dona nuova immagine ai grandi capolavori dell’arte antica.
“Solve et coagula” di Alessandra Cardone. Il Tempo si fa pittore e fotografo
Alessandra Cardone, artista e fotografa napoletana, lavorando a stretto contatto con il materiale d’archivio del “Laboratorio fotografico della Direzione Regionale Musei della Campania” ha conosciuto la vastità della documentazione sulle collezioni del polo museale. Le stereoscopie di metà 800 e le albumine, come le antiche stampe ai sali d’argento e i negativi su lastre di vetro e cellulosa, hanno coinvolto l’artista in un viaggio a ritroso nella storia dell’arte e della fotografia, accendendo la sua curiosità. Ogni singola testimonianza scoperta l’ha spinta sempre più in direzione di una precisa ricerca grafica, la quale si è trasformata poi in un complesso progetto artistico.
«Sono stata subito interessata ed affascinata dall’osservazione dei segni che le sedimentazioni temporali (polvere, graffi, impronte, ecc.) avevano provocato su ogni singola diapositiva. Mi sono accorta che lentamente, ma in maniera inesorabile, il tempo aveva lasciato numerose e sorprendenti testimonianze del suo passaggio creando un’immagine sull’immagine.» – Alessandra Cardone
Il “Tempo pittore” che arricchisce ogni dipinto dei propri caratteristici attributi grafici, come ad esempio la craquelure che attesta l’antichità di un’opera conferendogli un valore aggiunto, agisce indisturbato anche sui materiali fotografici. Questi segni del tempo, secondo Alessandra Cardone, non devono essere nascosti o cancellati, ma valorizzati in quanto investono ogni supporto fotografico di un valore artistico che oltrepassa quello di puro documento storico.
Da qui l’idea di affrancare il materiale d’archivio dalla sua consueta funzione di studio e riadattarlo a nuove forme di fruizione. Fuori dalle scatole dove solitamente sono conservate, le antiche diapositive fanno il loro trionfale ingresso nelle sale di uno dei musei più importanti di Napoli, diventando il fulcro di una mostra.
Resti. Come un’archeologia della fotografia
In un proficuo dialogo tra passato analogico e presente digitale la mostra si struttura in tre fondamentali momenti che, distinguendosi in tre autonome serie fotografiche, raccontano il personale punto dell’artista e il suo approccio con la documentazione fotografica e l’archeologia. “Resti. Come un’archeologia della fotografia” presenta una teoria di 15 sculture del MANN. Scansionando e ingrandendo alcune diapositive dei più amati marmi della collezione del museo, Alessandra ha ricavato immagini di un fascino inatteso.
La bellissima “Afrodite di Capua” che, colpita da un’intensa e calda luce emerge da uno sfondo scuro, è contornata dalle concentriche linee di alcune impronte digitali, lasciate in passato da chissà quale studioso o dipendente del museo. La pelle liscia dell’ “Afrodite tipo Dresda-Capitolino” è coperta di ondulate striature -procurate dalla cattiva manipolazione della diapositiva- che nella loro particolarissima conformazione fanno simpaticamente pensare alle concitate pennellate del futurismo o di alcuni pittori post-impressionisti come Van Gogh. La “Callipigia”, meravigliosa nonostante i colori virati dall’ossidazione, tra la banda laterale con i fori della pellicola lasciati a vista e i puntini e i graffi bianchi che risaltano sul rosso dello sfondo, sembra quasi fotografata con uno dei filtri Instagram tanto in voga.
Collezione d’Archivio
“Collezione d’Archivio” è un photocollage delle diapositive relative alle diverse collezioni del museo. Dalla statuaria fino alla numismatica, passando per i mosaici, gli affreschi e le gemme preziose, le piccole immagini, affiancate una all’altra, propongono una visione d’insieme che elogia la ricchezza del museo. Il collage, osservabile sia da un’enorme stampa che da un tavolo luminoso, oltre a fornire una visione simultanea del materiale d’archivio, in una formula che si discosta molto dalla consueta procedura di consultazione e ricerca, incoraggia l’osservazione di ogni singola diapositiva. La curiosità dello spettatore infatti viene appagata dalla documentazione scritta che correda le diapositive e svela interessanti informazioni sulle modalità di classificazione e inventariazione adottate del museo.
“Hic et nunc” è una serie di 6 photocollage con cui l’artista regala la propria interpretazione di alcuni grandi capolavori dell’archeologia classica. Giocando con i dettagli che caratterizzano le sculture rendendole uniche e sovrapponendo immagini che valorizzano le forme e le proporzioni della statuaria antica, Alessandra ha creato fotografie inedite. L’interesse non è solo per l’eleganza della resa, ma anche per il particolare cortocircuito temporale che rappresentano. È una distanza millenaria, infatti, quella che intercorre tra l’oggetto rappresentato nello scatto e la tecnologia fotografica contemporanea che ne ha permesso la realizzazione.
“Solve et coagula” di Alessandra Cardone rappresenta solo una tappa di un progetto dalle potenzialità di ricerca sterminate che potrebbe portare alla conoscenza e alla valorizzazione degli archivi fotografici di molti altri musei.