‘Rigoletto’ di Giuseppe Verdi, simbolo dell’amore paterno

Rigoletto di Giuseppe Verdi
Philippe Chaperon – Rigoletto

L’11 novembre 1851, al teatro “La Fenice” di Venezia, va in scena “Rigoletto” di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, melodramma in musica tratto dal dramma storico “Le Roy s’amuse” di Victor Hugo.

Nell’opera, dapprima non accolta benevolmente a Parigi né dal pubblico né dalla critica, sono descritte tutte le dissolutezze della corte francese. Per rappresentarla Verdi ha dovuto valicare i non pochi ostacoli posti dalla censura, contraria alla figura del monarca smoderato che veniva presentata. Si giunge dunque al compromesso di far svolgere la storia presso la corte di Mantova e di sostituire il re Francesco I, con il Duca di Mantova.

Per motivi di censura anche il titolo è stato modificato. Inizialmente Verdi suggerisce “La Maledizione”, riferendosi a quella lanciata da Monterone. La decisione finale cade poi sul nome del protagonista, che da “Triboletto” – traduzione dell’originale di Triboulet – divenne “Rigoletto”,  dal francese rigoler, che significa scherzare. La particolarità di questo intenso dramma di passione, amore filiale e vendetta, è la centralità attribuita per la prima volta ad un semplice buffone di corte, un emarginato sociale, appartenete alla plebaglia. Nel “Rigoletto” di Giuseppe Verdi il protagonista è un personaggio che si distacca completamente dalle figure storiche e mitologiche trattate in precedenza.

‘Rigoletto’ di Giuseppe Verdi

Durante una festa presso il palazzo ducale di Mantova, il Duca, con l’abitudine di confondersi tra il popolo, confida all’amico Borsa di voler sedurre una ragazza che spesso vede uscire dalla chiesa, Gilda. Borsa però sottolinea la bellezza delle altre dame presenti e il Duca, dopo aver rimarcato il suo essere libertino, inizia a corteggiare sfacciatamente la contessa di Ceprano. Così facendo provoca l’ira del marito, che per di più viene schernito dal buffone di corte, Rigoletto. Intanto Marullo confida agli altri ospiti che Rigoletto, nonostante il suo essere deforme, nasconde un’amante.

I cortigiani sapendo ciò, decidono di vendicarsi delle continue derisioni del buffone rapendo quella che credono essere la sua amata, ma che in realtà è la figlia Gilda. D’un tratto irrompe a palazzo anche il Conte di Monterone, vecchio nemico del Duca, che lo accusa di avergli sedotto la figlia. Rigoletto, con il suo solito modo di fare, irride anche lui che scaglia un’atroce maledizione. Ancora intimorito dalle parole del conte sulla strada di casa, Rigoletto è avvicinato da un sicario, Sparafucile, che propone i suoi servigi, ma l’uomo lo allontana e continua il suo cammino.

Storia di un buffone emarginato

Giunto a casa ritrova la figlia, ignara del lavoro da buffone del padre, e raccomanda alla domestica Giovanna di vigilare costantemente su di lei. Vane sono le sue premure poiché il Duca, introdottosi in casa, seduce la giovine spacciandosi per lo studente squattrinato Gualtier Maldè. Presto però è costretto a scappare per la presenza di qualcuno nelle vicinanze. Gilda rimasta sola confessa di essersi innamorata (“Gualtier Maldé… Caro nome…”). Intanto i cortigiani procedono con il piano di vendetta e con una scusa coinvolgono nel rapimento lo stesso Rigoletto. Il buffone dopo essersi reso conto del misfatto, si dispera ripensando alla maledizione (“Ah, la maledizione”).

Tornato nella sua residenza, il Duca si rallegra del rapimento della fanciulla, sapendo che si tratta di Gilda. Entra Rigoletto, in cerca della figlia. Quando apprende che è in camera con il Duca, impreca contro tutti i presenti e chiarisce che non è la sua amante, bensì sua figlia. I nobili e i cortigiani restano di stucco alla notizia, ma impediscono ugualmente al buffone di raggiungerla. Intanto Rigoletto medita di realizzare la maledizione, incaricando Sparafucile di uccidere il Duca.

«Ah, la maledizione!»

Desideroso di mostrare la vera natura del nobile, Rigoletto conduce la figlia presso la locanda di Sparafucile dove il Conte, come pianificato, è stato adescato dalla sorella del sicario, Maddalena. La ragazza scopre così la verità sul Conte, un vile che usa le donne a proprio piacimento (“La donna è mobile”) e già tra le braccia di Maddalena. – Verdi, consapevole che l’aria del Duca “La donna è mobile” era estremamente orecchiabile e che sarebbe diventata un successo popolare, escluse l’orchestra dalle prove, facendo provare il tenore separatamente.- Il premuroso padre convince dunque la figlia a partire per Verona travestita da uomo per la propria incolumità.

Intanto un temporale si avvicina e Gilda, già in abiti maschili, presa da un raptus d’amore torna alla locanda e scorge Maddalena supplicare il fratello di non uccidere il conte, di cui si è fortemente invaghita. Il sicario non vuole cambiare idea, ma alla fine cede ad un compromesso: aspetterà sino a mezzanotte, dopodiché ucciderà il primo uomo che passa. La giovane ascoltando codeste parole decide di immolarsi, e fingendosi un mendicante bussa alla porta della locanda. Viene così pugnalata dal sicario. A mezzanotte giunge Rigoletto a riscuotere il corpo del duca, Sparafucile gli consegna il sacco.

Il buffone con grande soddisfazione si accinge a buttare il corpo nel fiume, quando da lontano scorge la voce del Duca. Raggelato si chiede chi ci sia allora nel sacco. Trova la figlia, Gilda, in fin di vita, gli chiede perdono per il suo estremo atto d’amore e muore tra le sue braccia. Il “Rigoletto” di Verdi termina con un’amara verità: la maledizione di Monterone si è avverata, e il buffone grida «Ah, la maledizione!»

 

Autore: Martina Sinfarosa

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