«Essere? Essere è niente. Essere è farsi». Sono queste le parole che meglio riassumono “Come tu mi vuoi” di Luigi Pirandello, che non è di certo tra le opere più note del Grande Siciliano, ma meriterebbe molta più attenzione di quanto finora non le sia stata riservata.
Perché “Come tu mi vuoi” non è una famosa opera teatrale di Luigi Pirandello?
Forse perché la trama non è delle più lineari, o forse perché il tema scelto dall’autore scuote tutti fin nell’intimità, capace di turbare anche lo spettatore più distaccato: ma “Come tu mi vuoi” continua ancor oggi a non vantare un gran numero di recite, a differenza di quanto accade per altre celeberrime creazioni pirandelliane.
Si tratta innanzitutto dell’unico dramma ambientato non integralmente in Italia che Pirandello abbia mai scritto, e l’unico composto sulla scia di un fatto realmente accaduto nel 1926 in Piemonte: la vicenda Bruneri-Canella, a tutti meglio nota come “Il caso dello smemorato di Collegno“.
La magia del teatro si rivela in tutto il suo splendore, perché sul palco Pirandello, partendo da un avvenimento di cronaca che resterebbe di per sé solo inchiostro, riesce a scuotere le coscienze di quanti si fermano ad ammirare la sua opera. Quando si riaccendono le luci, non si può evitare di chiedersi «ciò che rappresento per gli altri, è davvero ciò che sono? O forse posso illudere chiunque di essere ciò che non sono?».
La pièce si compone di tre atti, che Pirandello completa nel 1929: anno famigerato a livello planetario tanto per la crisi economica quanto per l’ascesa dei dittatori. Milano ne ospita la prima rappresentazione assoluta nel 1930, allestita presso il prestigioso Teatro dei Filodrammatici.
I temi presenti in “Come tu mi vuoi” di Pirandello
Ricorrono i temi più tipici del tratto pirandelliano: la ricerca della verità, mai univoca e sempre inafferrabile dai suoi personaggi. Lo spettatore non capisce chi sia la stessa Ignota, che diventa Lucia solo quando lei lo desidera e lascia che gli altri lo credano.
Scatta così l’immedesimazione e l’inevitabile riflessione sulla capacità di ciascuno di potersi rappresentare nella società in modo diverso da come è intimamente nella propria coscienza. La riflessione diventa ancora più profonda nel domandarsi se ne valga davvero la pena e se ciò che si smussa del proprio carattere possa essere realmente ripagato dall’amore degli altri.
La risposta di Pirandello si impone chiara, come nel Berretto a sonagli: «dica la verità, signora, e tutti la prenderanno per pazza, ma almeno sarà libera». Una verità che per il grande drammaturgo siciliano non può appartenere al regno del compromesso, ma che tuttavia può rendersi scudo malleabile all’occorrenza, docile alla volontà di cui saprà usarla per farsi beffe dei manipolatori.
Il significato dell’opera teatrale tra essere e apparire
Un’opera di non facile lettura e di non semplice interpretazione, frutto di esperienze realmente vissute da Pirandello, che aveva conosciuto più volte la Germania durante i suoi viaggi. Riporta nel suo dramma il contrasto tra la metropoli tedesca del primo dopoguerra, dinamica e volottuosa, e la provinciale arretratezza dell’Italia settentrionale.
Tuttavia le differenze ambientali tra i due contesti sociali sembrano appianarsi sotto la luce cinica di Pirandello. Se nel primo ambiente Lucia è trattata alla stregua di un mero oggetto sessuale, privo di sentimenti, ma libero di vivere a proprio piacimento; nel secondo la donna è in apparenza protetta dalle convenzioni sociali, ma in sostanza usata per altrui secondi fini di puro opportunismo.
Tra le due opzioni, l’Ignota pirandelliana sceglie di tornare a Berlino dove, nonostante la totale assenza di gratificazione personale o di amore ricambiato, almeno le persone che la circondano sono trasparenti per quello che sono in realtà: prive di alti ideali, ma almeno non ipocrite.
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Come vuoi tu o come sono io? Il peso della Verità
Dunque, se Pirandello chiedesse alla Verità “come sei fatta?”, la signora Verità non potrebbe che rispondergli “come tu mi vuoi”. L’autore propone, insomma, di usare la finzione come strumento di ritorsione contro le prevaricazioni di chi vuole cambiare gli altri. La verità, immutabile nel proprio animo, può essere la più grande difesa in un mondo troppo meschino per la meravigliosa grandezza di esseri umani senzienti, fragili e anelanti ad amare ed essere amati. Se all’inizio questo essere “Come tu mi vuoi” sembra un gioco crudele, in conclusione può svelarsi come una mossa vincente per strizzare l’occhio alle avversità della vita e custodire comunque intatta la luce della verità nel proprio cuore.
La stessa Ignota, in prima battuta, sembra essere un “corpo senza nome”, preda degli eventi, bisognosa che qualcuno le dia senso – perché nessuno diventa qualcuno se non attraverso i sentimenti e le valutazioni degli altri -. Eppure quando cala il sipario proprio lei, che non a caso si chiama Lucia come la luce della verità, sembra essere l’unica ad uscire vittoriosa dai contrasti psicologici che intanto si sono sviluppati sul palcoscenico.
Perciò “essere è divenire”, alienarsi per donarsi agli altri che in cambio formano la nostra propria unica personalità. Ma a quale prezzo? Per Luigi Pirandello la vita è un compromesso e l’incomunicabilità regna sovrana: solo imparando i trucchi del mestiere possiamo vivere ritagliandoci uno spazio di libertà. Che poi il prezzo per poter attraversare indenni le brutture della società sia la Verità, non deve creare troppo dolore, perché il dolore è la più incomunicabile delle eperienze umane e non avrà mai prezzo. Questo sembra dirci Pirandello, e noi lo ringraziamo per la verità che ci regala.
Il Monologo dell’Ignota da “Come tu mi vuoi” di Pirandello
La protagonista è chiamata l’Ignota dall’autore nelle sue carte, ma il pubblico la conosce da subito come Lucia: nome che richiama la purezza, la limpidezza e la verità. Una verità che in questo caso rimarrà velata agli spettatori fino all’ultima battuta. O forse per sempre.
In questa scena l’Ignota, avendo scoperto di essere Lucia e del suo passato dimenticato come sposa di Bruno, torna da lui. Scopre però che non è per amore che Bruno la cercava, ma per tornaconto personale. Forse questo è l’unico momento in cui l’Ignota, ora Lucia, è veramente se stessa. A parlare al pubblico e al Bruno è il suo vero io.
«Perché è inutile, inutile, inutile: debbono aver sempre ragione i fatti! terra terra!
Tu sai bene che ignoravo tutto, ma non importa! Ti voglio dir questo soltanto. Sono stata qua con te quattro mesi.
Sono venuta qua; mi sono data tutta a te, tutta; t’ho detto: «Sono qua, sono tua; in me non c’è nulla, più nulla di mio: fammi tu, fammi tu, come tu mi vuoi! M’hai aspettata per dieci anni? Fai conto che non sia stato nulla!
Eccomi di nuovo a te; ma non per me più, non per tutto ciò che quella può aver passato nella sua vita; no, no; nessun ricordo più, dei suoi, nessuno: dammi tu i tuoi, i tuoi, tutti quelli che tu hai serbati di lei come fu allora per te! Ora ridiventeranno vivi in me, vivi di tutta quella tua vita, di quel tuo amore, di tutte le prime gioje che ti diede!» E quante volte nont’ho domandato “così?… così?” beandomi della goija che in te rinasceva dal mio copro che la sentiva come te! Sì!, Io, Cia! Io sono Cia! Io sola! Io! Io!
Non quella (indica il ritratto) che fu, e come -forse non lo seppe nemmeno lei stessa, allora- oggi, così, domani come i casi della vita la facevano… Essere? Essere è niente! Essere è farsi. E io mi sono fatta quella!
Ma non hai compreso nulla, tu»
Le attrici che hanno interpretato L’Ignota
Un testo complesso, dunque, e un lavoro difficile per molte attrici chiamate a impersonare l’Ignota, che tuttora considerano il ruolo de L’Ignota come una consacrazione teatrale personale. Fu la leggendaria Marta Abba a dare vita per prima alla protagonista dell’opera e a divenire negli anni la principale partner artistica di Luigi Pirandello proprio in questa pièce. Consigliò il Maestro nei dettagli che avrebbero potuto migliorare la resa scenica e curò direttamente le pubblicazioni del dramma. La parte dell’Ignota sembrò presto molto adatta alle caratteristiche della “divina” Greta Garbo, che resta tuttora indimenticata nel relativo adattamento cinematografico del 1932, nel film “Come tu mi vuoi” (“As you desire me”) di George Fitzmaurice.
“Come tu mi vuoi” di Pirandello. Trama e valzer delle identità
Al centro della vicenda c’è l’enigmatica figura di una donna, l’Ignota, che ricalca i tratti tipici dell’ideale allora contemporaneo di fémme fatale. Questa affascinante, brillante e misteriosa donna vive nella Berlino hitleriana conducendo una vita dissoluta e mondana, ospite di due sedicenti artisti che sono padre e figlia. L’Ignota vive in casa loro nella duplice veste di amante del padrone di casa, lo scrittore Carl Salter, e di compagna di giochi erotici di sua figlia, la giovanissima Mop.
Una notte, tornando a casa come spesso le capitava seguita da una ciurma di equivoci e avvinazzati accompagnatori, l’Ignota scopre tra questi un tale Boffi, che le rivela di conoscerla: lei in realtà è Lucia, moglie di un suo caro amico italiano, il friulano Bruno Pieri, che disperato attende in Italia il ritorno di sua moglie scomparsa dopo i bombardamenti.
All’Ignota viene dunque offerto di tornare in Italia da suo marito, presso quell’abitazione sotto le cui macerie tutti la temevano dispersa. Così l’Ignota, che adesso si chiama Lucia, lascia Berlino per tornare in Italia, in apparenza felice di poter donarsi completamente a suo marito Bruno Pieri.
Abitando nella nobile magione dei Pieri, dove Lucia ritrova anche sua sorella Ines e la loro balia, la protagonista scopre che Bruno ha voluto ritrovarla per motivi molto lontani dall’ideale romantico che lei credeva essersi materializzato nella sua vita. Solo con la ricomparsa di sua moglie, infatti, Bruno avrebbe potuto ritornare in pieno possesso di quella casa che, con la presunta morte di Lucia, risultava passata in eredità a Ines.
L’attimo in cui cade il velo dell’apparenza tutto il mondo di Lucia si sgretola, trascinando con sé passato presente e futuro della donna.Ciò che credeva fosse un amore sincero e profondo, si rivela solo un “intrigo sporco d’interessi”. Sdegnata, tradita e offesa, Lucia escogita un atteggiamento ambiguo mirato a gettare scompiglio nelle menti dei suoi familiari, portandoli a dubitare che lei sia davvero la Lucia che tutti credevano morta.
Il terzo atto alla ricerca della verità
Quando sia gli attori che gli spettatori sono alla ricerca della verità e i dialoghi (ma anche i pensieri) si fanno sempre più serrati e violenti, giunge in casa Pieri l’ex amante berlinese di Lucia. Salter si presenta accompagnato da un medico e da una donna in stato di evidente demenza, sostenendo che quella sia la vera moglie di Pieri, la vera Lucia, che scampando alle bombe sarebbe stata accolta in una clinica per malati mentali fino ad allora.
L’Ignota, affranta, delusa e indignata dal progressivo frantumarsi dell’immagine pura e candida che si era fatta di Bruno Pieri, coglie l’occasione dell’arrivo della demente per insinuare ancora più a fondo il dubbio su chi essa sia realmente, sostenendo le insinuazioni di Salter e incanalando la propria rabbia in un sottile gioco di amare rivalse psicologiche.
A nulla valgono le accorate parole del monologo dell’Ignota rivolto al marito, quando lo supplica «Sono venuta qua, mi sono data tutta a te, tutta; t’ho detto Sono qua, sono tua; in me non c’è nulla, più nulla di mio: fammi tu, fammi tu, come tu mi vuoi!». Il dramma si chiude con Lucia che lascia Casa Pieri, Bruno e il Friuli per tornare a Berlino con Salter, senza comunque mai svelare la sua vera identità.
Intrigante e avvincente la storia scabrosa e semioscura di Pirandello. Questa sera vado al Quiruno per vedere la trasposizione con la regia di Lavia e l’interpretazione della figlia.